Niente da fare per Enrico Coscioni e il suo staff. Il Gip ha confermato l’interdizione dalla professione per 12 mesi. Con lui i cardiochirurghi Gerardo Del Negro (nove mesi) e Francesco Pirozzi (sei mesi), e l’anestesista Pietro Toigo (nove mesi). Revocata la misura invece per Aniello Puca, chirurgo vascolare. Garza dimenticata durante l’intervento conclusosi con la morte del paziente: dopo gli interrogatori di garanzia il gip conferma le interdizioni dall’esercizio della professione per quasi tutta l’equipe di cardiochirurgia di Enrico Coscioni. Unico a vedersi revocata la misura è stato il chirurgo vascolare Aniello Puca. Il 22 aprile intanto si discuterà l’appello della procura e della difesa degli indagati. La vicenda era quella della morte di Umberto Maddolo, 62 anni di Capaccio. Coscioni e il suo staff avevano effettuato la sostituzione valvolare aortica con bioprotesi e rivascolarizzazione coronarica eseguito sul paziente il 20 dicembre 2021 nel reparto di cardiochirurgia. Maddolo è poi deceduto e, secondo quanto ricostruito dalle indagini eseguite dai Carabinieri del Nas, è emerso che un lembo di garza era stato abbandonato nel corpo del paziente.Secondo l’ipotesi accusatoria, sul piano pre-operatorio, in violazione delle linee guida di settore, non sarebbe stato convocato il cosiddetto “Heart Team” che avrebbe dovuto prevedere le complicanze insite nell’intervento poi eseguito e orientare il trattamento verso una procedura di cardiologia interventistica piuttosto che verso un intervento cardiochirurgico. Sotto il profilo strettamente operatorio, viene contestato l’inatteso riscontro da parte dell’equipe medica di un’estesa calcificazione dell’aorta ascendente, che avrebbe dovuto suggerire, secondo le linee guida, di sospendere l’intervento, laddove, secondo l’ordinanza, Coscioni e l’equipe completarono l’intervento, ignorando o sottovalutando i rischi connessi alla necessità di manipolare significativamente un cuore provato da un infarto recente e già gravato da una significativa disfunzione. Infine l’ordinanza cautelare ha evidenziato che, concluso l’intervento di sostituzione valvolare aortica, dopo la chiusura del miocardio, era stato dimenticato dall’equipe un lembo di garza di 8 centimetri omettendo di rimuoverlo dal ventricolo sinistro così lasciandolo migrare alla ripartenza dell’attività cardiaca e, dunque, alla ripresa del flusso ematico nell’aorta e, senza soluzione di continuità, nella biforcazione aorto-iliaca dove è stato trovato durante l’autopsia. Gli accertamenti necessari per un immediato rinvenimento del lembo di garza smarrito non solo non sarebbero stati compiuti, ma sarebbero stati sostituiti da accertamenti inefficaci e gravemente stressanti per il paziente, con licenziamento dello stesso dalla sala operatoria nonostante il mancato colposo rinvenimento ed estrazione del lembo di garza e con collocamento in sala di rianimazione. Anche quanto alla fase post operatoria, è stato individuato un ulteriore profilo di colpa per negligenza costituito dall’abbandono del lembo di garza e dall’autorizzazione all’uscita del paziente, nonostante potessero essere svolti ulteriori e più efficaci esami, senza compiere tali ulteriori accertamenti necessari al rinvenimento della garza e senza una corretta gestione delle consegne ai colleghi della rianimazione ai quali non sarebbe stato rappresentato l’evento verificato in sala operatoria, non consentendo un’adeguata valutazione sulle condizioni del paziente e impedendo di fatto qualsiasi intervento. L’ordinanza cautelare ha evidenziato l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico di Coscioni anche in relazione al delitto di falso ideologico aggravato, ricavati dalle dichiarazioni dei colleghi e dalla mancanza di alcuna traccia nella documentazione sanitaria redatta a cura del primario dell’effettiva scansione temporale verificatasi in sala operatoria dalle ore 16, epoca del mancato colposo rinvenimento della garzina, alle ore 24 circa quando il paziente è stato licenziato in rianimazione La difesa di Enrico Coscioni, difeso dagli avvocati Agostino De Caro e Gaetano Pastore, aveva affermato che dopo l’intervento oggetto del procedimento penale erano stati eseguiti circa 800 interventi senza alcun problema. Per questo, secondo la difesa non sarebbero sussistite le esigenze cautelari per la reiterazione del reato alla base dell’interdizione emessa dalla magistratura. Lo stesso Coscioni, nell’interrogatorio si era difeso. Ieri il provvedimento confermato dai magistrati. Per Coscioni non sarebbe l’unica cattiva notizia. Pare che il rettore Loia, che aveva garantito l’assegnazione della cattedra all’università, abbia ritirato la disponibilità, in attesa probabilmente dell’esito finale dell’inchiesta.
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