Giuseppe Verdi: la voce del mondo - Le Cronache
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Giuseppe Verdi: la voce del mondo

Giuseppe Verdi: la voce del mondo

Questa sera, alle ore 21, serata d’apertura dell’Arena estiva a getto sul mare di Varna, affidata all’orchestra e al coro del Teatro dell’Opera, diretti da Jacopo Sipari di Pescasseroli con le stelle della lirica, Donata D’Annunzio Lombardi, Amadi Lagha e Carlos Almaguer

Di Olga Chieffi

In “Controcorrente” di Isaiah Berlin leggiamo un saggio dedicato all’ “Ingenuità di Verdi”, in cui ricorda la distinzione che Schiller fece fra “poesia ingenua” e “poesia sentimentale”: artista “ingenuo” è colui che ha un profondo, diretto rapporto con i sentimenti primari, “sentimentale” è quello che soffre l’alienazione fra sé e il mondo, fra sé e le forme espressive, e cerca riassumerne il senso, pur sempre posseduto da un sentimento di crisi. Daniela Dimova, sovrintendente dell’Opera di Varna ha affidato la serata inaugurale della splendida arena estiva sul mare con 2400 posti ove si svolgeranno ben tre mesi di programmazione tra il Varna Summer International Theatre Festival, l’ Opera Summer Theatre, ad uno speciale gala monotematico, dedicato interamente a Giuseppe Verdi. Stars fell on Varna, per far il verso ad un celebre standard della swing era, questa sera, alle ore 21, a cominciare dal soprano Donata D’Annunzio Lombardi la quale ci ha rivelato le ragioni estetiche delle sue scelte per questa prestigiosa serata “Ho inteso evocare la caducità desolante  di Violetta in “Addio del passato” dell’ultimo atto de’ La Traviata , per testimoniare  l’immensa comprensione di Verdi nell’ esprimere la solitudine  femminile, “La Vergine degli Angeli” come raro momento elegiaco dove la fede , fa da corolla di sospensione, alle tumultuose disgrazie e vicende della Forza  del Destino, infine le due bellissime pagine di Aida : “Ritorna  vincitor” e “Pur ti rivedo” nel duetto con Radames, per celebrare il contraltare di un vigore inutile dei due amanti , che trova il suo vero filo rosso, nell’impossibilità  di essere felici su questa terra, come quel santo romanticismo verdiano impone”. Riprendendo la “divisione” schilleriana, restiamo convinti che l’idea ha forza persuasiva e la proiezione inventiva verdiana ci sembra molto più complessa nell’affrontare lo scrivere musica su di un sostrato di parole con una sensibilità e un occhio indubbiamente critico, per cui “sentimentale” ovvero quel modo d’avere rapporto con se stessi oltre che con il mondo. Su questa linea si pone anche colui che sarà alla testa dell’Orchestra e del coro dell’Opera di Varna, Jacopo Sipari di Pescasseroli, docente in forza al Conservatorio “G.Martucci” di Salerno “La musica di Verdi è nel sentire di tutti noi. Pensi al melodramma italiano e ti balena in testa colui del quale il grande critico musicale Bruno Barilli scriveva “Verdi ignora le parafrasi, s’intromette furiosamente, taglia i nodi con la roncola, e fa scorrere lacrime e sangue esilaranti, piomba sul pubblico, lo mette tutto in un sacco, se lo carica sulle spalle e lo porta a gran passi entro i rossi, vulcanici domini della sua arte”, per questo insieme alla Daniela Dimova siamo addivenuti a schizzare questo portrait verdiano, per la grande platea di Varna, poiché sono convinto che la sua enorme popolarità odierna, tra gli ascoltatori più raffinati, come tra i più semplici, sia dovuta al fatto che egli espresse nella maniera più diretta stati di coscienza permanenti, come Omero, Shakespeare, Ibsen, Tolstoj”. Al fianco del raffinato soprano Donata D’annunzio Lombardi ci sarà il tenore Amadi Lagha, che sortirà nei panni di Radames con “Celeste Aida”. Lui sarà il tenore eroico giovanile, per l’aria per tenore più difficile di Verdi, poichè dovrà essere in grado di sopportare suoni acuti di tromba e tenere il passo con il calore dei fiati, regalando coi passaggi amorosi il legato e il velluto del pianissimo. Sarà ancora Radames per la scena in riva al Nilo del III atto, nel quale ascolteremo ancora la D’Annunzio Lombardi e con lei il baritono Carlos Almaguer quale Amonasro, Evghenii Stanimirov darà invece voce a Ramfis e Mihaela Berova ad Amneris. Un vero e proprio scontro tra due sistemi, Etiopi ed Egizi, le tortuose inchieste e i tentativi di sotterfugio, da una parte, la calorosa veemenza di stampo tradizionale dall’altra, con la protagonista che rappresenta un caso a sé. Espressiva , sensibile e commovente, eroina e vittima. Amadi Lagha si trasformerà nel Duca di Mantova primo ed unico ruolo tenorile totalmente negativo del teatro verdiano: frivolo ed egoista, egli è preda di tutte le passioni più effimere che soddisfa con prontezza, abituato all’esercizio dispotico del potere. Smanioso pupazzetto sempre uguale a sé stesso, capace solo di affermare il suo credo libertino cantando la celebre romanza «La donna è mobile”. Lagha sarà anche Manrico. E Manrico, il Trovatore chi è? E’ nell’ uscita del “Di quella pira” in cui Jacopo Sipari avrà da tenere in pugno tutta l’orchestra nel corso dei ritornelli. Il Trovatore è di chi incolla Verdi al corpo egemone del Romanticismo italiano, un romanticismo anche ingenuo, ma che viveva di verità imprevedibilmente chiarite e di tanta cecità, poichè qui sembra che il solfeggio mangi se stesso e il tempo divori il tempo. L’orchestra avrà la sua vetrina nella sinfonia de’ “La forza del destino”, una visione policentrica affermata e riassunta dopo la sigla del tema fatale, lamentoso, tenero e feroce, in cui poi la fantasia del musicista dà un giro, mescola insieme le maledizioni, gli squarci lirici e fidenti, parafrasi di battaglie , cerimonie, rabbiosi assalti, unitamente al ricordo e al rimpianto affidati all’ancia del clarinetto. Si cita abitualmente D’Annunzio, che anche per il “Ballo in maschera” seppe coniare uno slogan di richiamo “il più melodrammatico dei melodrammi”. Primitivismo e preziosismo, sensualità gusto del macabro, splendore e rovina, evanescenze, voluttà sanguinaria, frivolezze e tensione tragica in una “tinta fisica”, sensoriale, ritroveremo in ““Volta la terrea fronte alle stelle … ogni cura si doni al diletto”, con Valerii Gheorghiev  Riccardo, Ivo Yordanov, Renato, Irina Zhekova, Oscar, Evghenii Stanimirov, Samuel, Geo Ciobanov  Tom e il coro. E se la D’Annunzio Lombardi sarà la Violetta del III atto, Ilina Mihaylova sarà quella del primo atto, “E’ strano! E’ strano!, col suo dipanare le fulgide agilità di “Sempre libera degg’io”, trionfo della Violetta belcantista, ma anche della sua eclissi, con quel duplice stupendo profilo di spensieratezza e sofferenza. Coro e solisti ancora protagonisti per il finale del I atto del Nabucco, Viva Nabucco! Tremin gl’insani, Mio furor. Folle vibranti di questo “Popol di Giuda”, che grida, che impreca, che trepida per la propria sorte, che interpella i propri capi, Zaccaria e Ismaele, e dialoga con loro in una specie di gran comizio musicale. Ancora un finale dell’atto primo, stavolta dal Macbeth. La migliore carta che Giuseppe Verdi gioca qui è quella di escogitare un piano strutturale, tale da dar forza alla sua inventiva, ancora frenata dalla violenza tribunizia degli anni di galera, per indirizzarla ad un uso di ben diversa portata. In parole semplici, la “trivialità” viene usata non più a fini esclamativi, ma quale risorsa strutturale, il che permette di fare di un lessico tuttora embrionale, il perno di una situazione drammaturgica. Valerii Gheorghiev eleverà Oh tu che in seno agli angeli, Don Alvaro che, sotto la falsa identità del capitano dei granatieri Don Federico Herreros, sta meditando sulla sua vita. L’uomo, che vorrebbe morire, racconta in un arioso (Della natal sua terra) rivolgendosi all’anima di Leonora che ritiene morta affinché possa venire in suo soccorso. Non mancherà il perfetto quartetto del Rigoletto “Bella Figlia dell’Amore” che si snoda intorno alla melodia principale del tenore, che deve essere molto esposto, vero bersaglio delle mire di Rigoletto, che mormora nell’ombra, mentre le due donne restano invece soggiogate dal fascino del duca: Maddalena frascheggia, Gilda prende il motivo di lei e lo paragona ai palpiti, ai trasporti del tenore, senza poterlo dominare perché frenata e interrotta dalla volontà del padre. Ancora dal Macbeth di Verdi, la cavatina della Lady “Nel dì della vittoria” esprime la gioia della donna per la possibile ascesa al trono che si sta concretizzando. Due pagine dall’Attila con Linka Stoyanova  che sarà Odabella, per la cavatina “Da te questo or m’è concesso” e la stretta del Finale “Oh, miei prodi! un solo giorno”. Finale con il “Va pensiero” il più famoso coro del melodramma italiano, col suo salto musicale di ottava su “ali”, come a spiccare idealmente il volo verso una libertà agognata, e l’augurale brindisi della Traviata con champagne dal finissimo perlage.