«Se Salerno avesse il porto, Napoli sarebbe morta». Questo è quanto recita un antico detto, in tempi lontanissimi, quando per la città di San Matteo avere un’infrastruttura portuale tutta sua era a dir poco un lusso. Poi è successo che negli anni quell’infrastruttura è nata davvero, fino a crescere e a far invidia a quella di Napoli, che per converso è regredita, fino a chiederne l’accorpamento. E’ proprio dinanzi a questa prospettiva, dal 21 gennaio scorso divenuta decreto legge, che ieri mattina i lavoratori sono scesi in piazza, armati di bandiere e animo ribelle. Erano infatti da poco passate le 10, quando due enormi tir hanno fatto capolino in via Roma, a due passi dalla Villa Comunale. Sui loro teloni un’enorme scritta: “Giù le mani dal porto di Salerno”. A dare manforte ai lavoratori anche le sigle sindacali di categoria, tra cui la Fit Cisl. «Quello che vogliamo sottolineare non è tanto il diniego assoluto all’accorpamento, quanto il metodo con cui esso avviene. La fusione ci preoccupa, sì, ma relativamente se si garantiscono i livelli occupazionali, che spero non verranno intaccati dalla riforma sul mercato del lavoro», spiega Ezio Monetta, segretario generale. «Questo presidio è stato indetto per dar sfogo alle nostre perplessità sulla spending review», gli fa eco Vincenzo Sabbetta, delegato della stessa sigla sindacale. «Le autorità portuali godono di una propria autonomia: qual è il senso di tale revisione della spesa? Tutti gli altri porti d’Italia (Liguria, Puglia e Sicilia) sono riusciti a mantenere due distinti enti gestori. Noi, invece, siamo stati defraudati subendo la riduzione a un’unica autorità. Eppure – spiega Sabbetta – la realtà salernitana ha fatto grandi cose, tanto che negli anni le commesse sono culminate in quasi 100 assunzioni. Per tutta risposta, però, Delrio ha deciso per noi in una sola notte. Ed è così che ci siamo addormentati autonomi e ci siamo risvegliati accorpati». Presente anche una delegazione della Cst (Salerno container terminal). «Il nostro lavoro sta andando in fumo a causa della politica», spiega Ciro Bracciante, che in merito ha le idee chiare. «Non demordiamo e, anzi, faremo sentire il fiato sul collo a chi di dovere, dimostrando come tale accorpamento sia solo il risultato dello scellerato sperperamento dei fondi dell’Ue, la cui assenza ora si ripercuote su noi lavoratori. La colpa è di chi ora siede alla poltrona della Regione proprio grazie ai salernitani, ai quali però adesso volta le spalle». Seppur non presente al sit-in, anche il presidente del Sct e del Gruppo Gallozzi Spa Agostino Gallozzi dice la sua sul tema l’accorpamento. «La manifestazione di ieri mattina in piazza Amendola è un forte segnale di coesione sociale. Significa che la città e la provincia stanno rispondendo al nostro accorato appello. Significa che la nostra battaglia è giusta perché di pone l’obiettivo di tutelare gli interessi della comunità salernitana nella sua interezza. E’ stato finalmente percepito che il porto di Salerno è un valore aggiunto importante: l’unica reale porta di accesso al mondo per le merci prodotte dalle nostre imprese».
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