Dopo le polemiche e la notizia che il governo approva le modalità di esecuzione dell’Inno Nazionale, alla vigilia della “Giornata dell’unità Nazionale, della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera”, abbiamo raggiunto il Maestro, già Direttore delle Bande musicali della Guardia di Finanza e dell’Esercito Italiano
Di Olga Chieffi
È di questi giorni la notizia, riportata da tutta la stampa, che “Il Governo approva le modalità di esecuzione dell’Inno Nazionale”. Non si può non vedere in questa cosa una relazione con l’imminente “Giornata dell’unità Nazionale, della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera”, che sarà celebrata domani. Per far chiarezza sull’argomento abbiamo raggiunto il Maestro Fulvio Creux, già Direttore delle Bande della Guardia di Finanza e dell’Esercito Italiano, figura che compare, con la sua Trascrizione ed esecuzione dell’Inno Nazionale, sul sito ufficiale del Quirinale, alla voce “I simboli della Repubblica”.
Cominciamo proprio da una domanda apparentemente banale, ma che servirà a chiarire da molte cose: siamo soliti chiamare il nostro inno nazionale “Inno di Mameli”, nella Legge e nell’attuale documento governativo al lavoro è stato attribuito un titolo diverso: qual è il titolo vero del nostro Inno Nazionale?
“Il vero titolo, apposto da Novaro e non da Mameli è: Il Canto degli italiani – Inno nazionale.
Attenzione, per Inno Nazionale si intende “dedicato alla (auspicata) Nazione”, non come lo intendiamo noi oggi. Dunque, Mameli è l’autore del testo, mentre la musica è di Michele Novaro. È la musica di Novaro che ha reso celebre e permesso di divulgare la Poesia di Mameli che, ricordiamo, era una Poesia e non era pensata per divenire un “Inno”.
Il solito appellativo che gli si attribuisce, in altre parole Inno di Mameli, è sbagliato?
“Non si può dire che sia sbagliato, ma “fuorviante” certamente lo è! Fuorviante perché ha portato a pensare che l’autore fosse Mameli, mentre egli non era che l’autore del (pur importantissimo) testo.
Cosa penserebbero i lettori se chiedessi loro “Vi piace il Va pensiero di Temistocle Solera?” Per prima cosa penserebbero: “Ma cosa dice costui? Il Va’ pensiero è di Verdi!”.
Maestro, come nasce il nostro inno?
“Le idee risorgimentali, in linea primaria il desiderio che l’Italia fosse una dalle Alpi alla Sicilia, sono state affiancate da una grandissima produzione letteraria e musicale, che sovente si sposava in canti popolari, in romanze da camera, sfociando talvolta nella forma di spettacolo per eccellenza, l’opera lirica. Dal 1831 era Inno ufficiale del Regno di Sardegna la Marcia Reale di Giuseppe Gabetti, che avrà le funzioni di Inno ufficiale italiano fino al 1946. Verso la metà dell’800 si contavano a decine gli Inni “Nazionali” (ripeto, che avevano per finalità quella di essere dedicati al concetto di “Nazione”) scritti da vari autori: l’Inno è una forma letteraria, musicale o musical- letteraria che può essere dedicato alla squadra del cuore, ad un Santo, a tante cose diverse, ma che non necessariamente sarà “ufficializzato”. Il testo poetico di Mameli nasce nel 1847, senza altra pretesa che quella di diffondere un messaggio comunemente sentito all’epoca attraverso la forma d’arte a lui cara: la poesia; è però solo dall’incontro con la musica (scritta sempre nel ‘47 a Torino) del Novaro che “Il Canto degli Italiani” balza in testa alla “hit parade” e si diffonde in ogni dove, dai salotti ai campi di battaglia, diventando il simbolo stesso della volontà di avere una Italia libera ed unita. La sua fortuna continua inalterata nel tempo senza che il sorgere di altre musiche con finalità simili (per esempio il “Suona la tromba”, Inno musicato da Giuseppe Verdi su testo di Mameli, su specifico invito di Mazzini, che voleva farne il futuro inno Nazionale) ne scalfisca minimamente la fama e la funzione aggregante. Per esempio, nel 1862 Verdi musicò l’Inno delle Nazioni, dove inserì gli Inni Nazionali inglese (Dio salvi la Regina), francese (La Marsigliese) ed italiano: quale musica scelse per rappresentare l’Italia? La Marcia Reale di Gabetti (che era l’Inno ufficiale)? No signori! Il suo “Va’ pensiero” o il suo Inno “Suona la tromba”? Nemmeno! Scelse invece l’Inno di Mameli, a testimonianza che questo era la vera espressione del sentire del popolo italiano! Altro esempio: quando alla fine del secondo conflitto mondiale Radio Bari annunciò la liberazione dell’Italia risuonarono le note di Novaro. Nel 1946, con la proclamazione della Repubblica, l’un provvedimento governativo adottò in via provvisoria l’Inno di Mameli “Inno della Repubblica Italiana”.
Perché in via provvisoria?
“Si, in via provvisoria, per la fretta di decidere; è stato sancito ufficialmente solo con la Legge 181 del 4 dicembre 2017, oggi integrata per gli aspetti applicativi di cui si è detto in apertura.
Purtroppo, sia la legge che l’attuale documento contendono ancora delle inesattezze, ma sono chiare in due cose: il titolo dell’Inno è “Il canto degli italiani” e l’esecuzione deve essere quella dello spartito originale (conservato Museo del Risorgimento di Genova ed anche a Torino); cosa questa, che molte Bande Militari continuano a non fare.
Lei è un fautore del nostro Inno o ne preferirebbe un altro?
“Avevo scritto già una trentina di anni fa un articolo in merito, che oggi sarebbe più attuale ed informato di quanto si scrive oggi. Preciso qui che a me che l’Inno sia quello di Mameli – Novaro o un altro non me ne viene in tasca niente. Semplicemente mi da enorme fastidio sentire tutte le scempiaggini che si dicono in materia, sia parlando del testo che della musica. Del resto se si parla dell’Inno in televisione il primo ed unico requisito per poterne parlare è “non saperne nulla”; abbiamo sentito il parere di Arbore, di Pippo Baudo e di tanti altri esperti simili (peccato che manchi ancora – o forse mi è sfuggito? – quello della Clerici!), ma di nessuno che sappia veramente di cosa si sta parlando.
È recente l’affermazione di una cantautrice a XFactor per cui “non sarebbe inclusivo”. Cosa ne pensa?
“Penso che non sia il caso di risponderle, perché: non ha alcuna competenza per parlare e, soprattutto, perché non c’è motivo che sia dato risalto al suo nome e al suo pensiero”.
Eppure, quando ne parla partecipa con grande convinzione…
“Certo, parlandone si giunge ad un potenziale approfondimento di tutta quest’epoca, sia sotto il profilo storico che sotto quello musicale e la cosa obbliga a vedere le cose in una diversa ottica, più veritiera”.
Quindi Inno di Mameli (o meglio Canto degli Italiani) si o no?
“Inno di Mameli sì. Questo perché “Il Canto degli Italiani” è una pagina, intesa nella sua globalità di testo/musica, nata da autori italiani in un’epoca nella quale si lottava per fare l’Italia: il testo parla, in un linguaggio poetico in uso all’epoca, degli ideali di allora e della nostra storia; la musica è scritta nello stile melodrammatico dell’800 ed è simile una vera e propria “cabaletta” operistica.
Quante nazioni possono dire altrettanto del loro inno? La melodia dell’Inno Tedesco, per esempio, non è tedesca ma è presa dall’Inno Imperiale austriaco; la musica dell’Inno Inglese era, prima, quella del Regno di Prussia, della Svizzera ed è a tutt’oggi quella del Liechtenstein; gli olandesi cantano a tutt’oggi “Il Re di Spagna onoro e servo”: solo noi italiani diciamo certe amenità”.
Sovente si ha l’impressione che l’Inno di Mameli sia fortemente banale, una “marcetta”
“Non posso negarlo, ma banale è qualsiasi musica, se la si esegue in maniera banale; è la cattiva esecuzione che lo trasforma così. Ascoltate cosa si suona in giro: le bande di paese troppo sovente suonano l’Inno come se fossero alla sagra del carciofo, quelle militari lo trasformano un in baccano di tamburi e gran casse, durante le cerimonie militari, o lo suonano, con tutto il peso che la routine comporta, come una pratica burocratica svolta malvolentieri. Le orchestre suonano magari più giuste le note, ma nient’altro di più: bisogna liberarsi il più in fretta possibile di questa noia”.
Dunque, cosa consiglia?
“Se si vuole eseguire bene “il Canto degli Italiani” bisogna prima di tutto trattarlo con dignità pari a quella di qualsiasi altra pagina di musica; la cosa non sarà comunque così facile, perché nel tempo si sono prese troppe cattive abitudini. Il nostro Inno è forse l’unico al mondo che ripete due volte le stesse parole: vi siete mai chiesti il perché? Il nostro è l’unico Inno al mondo nel quale agiscono due personaggi, l’enunciatore del messaggio (Fratelli d’Italia) ed il popolo che risponde; anzi è l’unico inno al mondo che rappresenta quasi, per così dire, una scena teatrale. Dopo l’introduzione, che deve essere squillante ed energica, abbiamo un personaggio importante che parla; non parlerà veloce, ma con calma e convinzione. Il popolo risponderà dapprima pianissimo e concitato, per poi prorompere nella crescente partecipazione ed entusiasmo finale, fino all’esclamazione conclusiva: Si! Esclamazione che, sia escluso ogni dubbio, deve essere fatta!





