di Luca Gaeta
In occasione dell’Opera il Rigoletto che andrà in scena a Salerno presso il teatro Ghirelli a partire dal 15 settembre, abbiamo incontrato il maestro Franco Vassallo, interprete del ruolo principale, una riflessione sul suo impegnativo ruolo, attraverso le tappe della sua carriera che lo hanno portato a calarsi nei panni del buffone gobbo Come si è avvicinato al mondo della musica e dell’opera in particolare? “Ho avuto la fortuna di ascoltare sin da giovanissimo il repertorio lirico, perché pur non essendo i miei genitori musicisti amavano profondamente questo genere e possedevano una notevole discografia. Poi all’età di 13 anni, in un villaggio vacanze in Toscana, cantai in modo estemporaneo qualcosa proprio tratto da Rigoletto ed un baritono che era presente anche egli in questo villaggio mi ascoltò e mi suggerì di studiare seriamente canto. Fui fortunato in quanto era un amico personale di Rolando Panerai, che mi prese a studiare con lui”. Quando ha debuttato e in che contesto? “Dopo un periodo di apprendistato, che ho svolto in vari teatri di tradizione, che per fortuna all’epoca davano la possibilità ai giovani di potersi avvicinare a questo lavoro in modo graduale, ho cantato molta musica sacra. Fra cui ricordo una Passione di Cristo di Lorenzo Perosi eseguita nel Santuario di Caravaggio in occasione dei 30 anni dalla scomparsa del compositore. Poi la vittoria al concorso AsLiCo di Milano, e poi il debutto in due importanti teatri italiani Venezia e Verona, rispettivamente con Il barbiere di Siviglia e il ruolo di Ford da Il Falstaff”. Dal 15 settembre interpreterà Rigoletto presso il Teatro Ghirelli di Salerno. Ci parla di come si è avvicinato a questo ruolo e quando l’ha debuttato? “Mi sono avvicinato per la prima volta a Rigoletto nel 1998 in un edizione semiscenica che si realizzò presso il Palazzo dei congressi di Lugano. In quel momento la mia voce non era ancora pienamente adatta a questo ruolo, ma con il mio maestro decidemmo insieme di studiarla e di approfondire ogni aspetto musicale legato a questo ruolo, trattandosi anche di una realizzazione dell’opera in forma semiscenica. Da allora la tenni nel “cassetto” per una decina d’anni per poi affrontarla nuovamente nel 2008 presso il teatro di Atene”. Predilige i ruoli drammatici oppure quelli legati al teatro buffo? “Entrambi! Figaro e Rigoletto sono forse le due icone più tipiche dell’archetipo baritonale, rappresentanti ideali delle due facce – commedia e tragedia – della stessa medaglia, cioè il teatro d’opera”. A suo parere quali sono gli aspetti più esaltanti di questa professione e a quali lei è particolarmente legato? “Sicuramente i momenti più intensi nel ricordo sono quelli legati agli esordi, quando si muovevano i primi passi e si scopriva un affascinante mondo nuovo. Ricordo che emozione quando ho cantato il mio primo Figaro alla Fenice di Venezia, o il mio primo Sharpless all’Arena di Verona! Oggi quei momenti si provano quando si debutta in un nuovo ruolo”. Può darci qualche indicazione su Rigoletto che si appresta a realizzare presso il teatro Ghirelli? “Sarà una messa in scena classica, nel pieno rispetto della partitura. Lavorare con il maestro Oren rappresenta sempre un momento di arricchimento personale. Lo spazio dove andremo a realizzare quest’opera è stato riadattato a causa della pandemia, ma l’estrema professionalità da parte di tutti i tecnici e di tutte le maestranze di questo teatro, che ho già avuto la possibilità di conoscere in altre occasioni, fa sì che lo spettacolo non risenta di nulla”. Quali saranno i suoi prossimi impegni? “Ai primi di ottobre sarò al Bellini di Catania per un concerto omaggio dedicato al maestro Giuseppe Sinopoli, a vent’anni dalla sua scomparsa, con un programma su Bellini e Wagner. Poi una Tosca al Petruzzelli di Bari. Poi, l’anno prossimo torno nuovamente in Campania, perché canterò Aida al San Carlo. Quindi, un ritorno al “bel canto” con l’opera i Puritani al teatro dell’Opera di Roma”.