Francesco “Nanno” Canessa e i suoi equivoci stravaganti - Le Cronache
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Francesco “Nanno” Canessa e i suoi equivoci stravaganti

Francesco “Nanno” Canessa e i suoi equivoci stravaganti

Salotto letterario con concerto, stasera alle ore 19, a Villa Di Donato, ospiti della domina Patrizia De Mennato, per presentare l’ultimo lavoro del critico musicale “Peccati di vecchiaia (pagine sparse in epoca di Pandemia)”, in libreria per le edizioni Guida

Di Olga Chieffi

“E questa sera… veglia di gala” a Villa Di Donato, ospiti della padrona di casa Patrizia De Mennato, per la presentazione delle pagine sparse, scritte da eremita in pandemia di Francesco “Nanno” Canessa, “Peccati di vecchiaia” in libreria per le edizioni Guida. Se nella sua introduzione Francesco Canessa, cita il prologo di Pagliacci, evolvendo in una stoccata al mare noir in cui si dibatte la produzione letteraria odierna, salvando da questo tzunami di commissari e ispettori di Polizia, la sua raffinatissima silloge, noi ci siam permessi di citare Tosca per il Salone letterario e musicale, organizzato per la presentazione di questa nuova opera che segue il volume su Enrico Caruso, dal quale, per le celebrazioni di questo centenario, si sta attingendo d’intorno, tra fogli e tant’altro, a piene mani. Peccati di vecchiaia rimanda ai Péchés de vieillesse rossiniani, divisi in 12 capitoli proprio come l’opera di Gioachino Rossini, un silenzio quella della pandemia  in apparenza assordante, superato brillantemente dalla pagina scritta che sicuramente ha aiutato l’autore a sopportare la  necessaria “reclusione”. Pagine da camera, ritmate, che si contrappuntano in un incantamento rievocativo, gusto dell’intreccio, emozione elegiaca e quell’ironia conquistata attraverso la costruzione del suo monumentale bagaglio culturale e ancor di più di affetti, trasmesso ai figli, alla sua schiatta di musicisti e teatranti, poiché si sa che Riccardo, Brunello e Susanna, il palcoscenico l’hanno sposato per intero. Saranno loro, infatti ad animare la serata, unitamente al pianista, Maurizio Iaccarino, che aprirà gli interventi musicali col timbro percussivo del pianoforte principale, un pianismo non romantico, di ascendenza clavicembalistica, che trionfa nell’asciuttezza del Prélude religieux della Petite Messe solennelle Una interpretazione trasversale delle melodie di Gioachino Rossini, la offrirà Brunello Canessa, che stramberà, con la sua chitarra, verso il pop. Riccardo Canessa regista, leggerà il V peccato che rivelerà un Francesco Canessa a tavola a Vicenza con Niccolò Carosio, a mangiare l’odiato baccalà, amatissimo invece dalla Signora Italia, tradimento che scoprì in diretta seguendo per radio la partita Lanerossi-Vicenza Napoli, preparandosi ad eseguire la grande intemerata al ritorno di Nanno.  Si andrà avanti in musica con  “Une caresse à ma femme” (da “Péchés de vieillesse”), eseguita da Maurizio Iaccarino, e ancora una lettura dal peccato capitale il Docu-Teatro in sei quadri “Come nacque Napoli Milionaria”  che inquadrerà il Portiere Don Peppino, trasformatosi poi nel Don Raffaele di Questi fantasmi. Smiagoleranno, invece, insieme Riccardo e Susanna Canessa per regalare al pubblico il duetto dei gatti, per quindi cedere la scena a Carlo Lepore che eleverà nelle vesti di Don Magnifico la versione napoletana dei “Miei rampolli femminini”.  Naturalmente, i due episodi sono solo un piccolo assaggio di ciò che è il godibilissimo volume, in cui tra le “avventure” di Francesco Canessa che ha vissuto a pieno il secolo breve e ricorda il primo amore citando una commedia di Giovanni Mosca, procedendo poi con ciò che è avvenuto nel mondo della cultura e della musica dopo il 24 febbraio dello scorso anno, in cui le colpe di Putin si sono riversate sullo “Czar” Gergiev, al quale dopo la prima della Dama di Picche è stato “defenestrato” dal podio o l’annullamento del corso su Dostoevskij da quegli “idioti” della Bicocca, passando per tutto il dolore del mondo dello Stabat Mater di Pergolesi, sino al Wagner a spasso per Napoli, storie di teatro, storie di famiglia, per quanti hanno ancora voglia di ascoltare, quel dire nobile di colui che ha l’inarrivabile piacere di continuare a raccontare, nel magma che ci sta ingoiando.