di Luca Gaeta
In occasione de Il Trovatore, penultimo titolo per la Stagione Lirica 2019, presso il Teatro Municipale Giuseppe Verdi di Salerno, abbiamo incontrato il mezzosoprano lituano Violeta Urmana, interprete del personaggio di Azucena.
L.G. Quando ha debuttato il personaggio di Azucena?
V.U. Ho debuttato il ruolo di Azucena al Deutsche Oper di Berlino nel 1996.
L.G. Quali sono i tratti che caratterizzano la “sua” Azucena?
V.U. Canto Azucena da diversi anni e sostanzialmente quello che pensavo di questo personaggio all’inizio è rimasto tale. Lei è una vittima della storia, della vicenda. Non si può collocare questo personaggio nella demarcazione rigida di buono o cattivo. Da bambina assiste all’esecuzione della madre che la esorta, prima di morire, alla vendetta. Una vendetta che la logora, la confonde, suscitandole visioni, alternate da stati di coscienza. Lei è consapevole del fatto che Manrico, il Trovatore, non è suo figlio, ma in realtà il bambino che avrebbe dovuto gettare nel fuoco per vendicare sua madre. Nonostante ciò la sua morte le provoca un tale disorientamento, fra il desiderio di esaudire la madre e l’amore che nutriva per questo figlio adottivo, portandola in fine alla pazzia.
L.G. Ha cantato nel 2000, anno verdiano, Il Trovatore alla Scala di Milano, in occasione dell’inaugurazione della Stagione. Ci parla di questa esperienza?
V.U. Per ogni cantante d’opera la prima alla Scala rappresenta da sempre un’esperienza carica di emozioni, legate alla storia ed alla tradizione di questo evento. Cantavo uno fra i più celebri e complessi personaggi scritti da Verdi per mezzosoprano, nell’anno verdiano e dopo un lungo periodo di assenza di questo titolo alla Scala, quindi è intuibile l’emozione e la totale gioia che provavo. Quell’edizione destò diversi pareri da parte del pubblico, per via di alcune scelte del Maestro Riccardo Muti. Scelte che avevano l’intento di riportare la partitura verdiana alla sua origine, depurandola da tutta una serie di consuetudini accumulatesi nel corso del tempo.
L.G. Il suo repertorio è costituito anche da ruoli sopranili. Come gestisce questo tipo di vocalità?
V.U. Nella prima parte della mia carriera ho cantato ruoli dalla vocalità fra soprano e mezzosoprano. In seguito ho deciso di dedicarmi esclusivamente ai ruoli da soprano, cantando Verdi, Puccini, Mascagni ma soprattutto Wagner. Attualmente ho ripreso esclusivamente il repertorio da mezzo, inserendo ruoli che prevedono una tessitura più bassa, come Ulrica da Un Ballo in maschera o Clitennestra dall’Elektra di Strauss. Cantare Azucena per me adesso è ottimale e la mia voce risponde in modo del tutto naturale.
L.G. Da quando è cominciato il sodalizio artistico con il Maestro Daniel Oren?
V.U. Con il Maestro Oren ho debuttato a Firenze nel 2007 con Amelia di Un Ballo in maschera. Quello che apprezzo particolarmente in lui è la grandissima competenza e l’energia che mette in ogni singola nota. Un’energia capace di farti entrare pianamente nel personaggio, aiutando il cantate ad esprimersi appieno, rendendo la musica estremamente aderente al palcoscenico.
L.G. Da spettatrice frequenta l’Opera?
V.U. Si, lo faccio con piacere. E lo farei molto più spesso se son fosse per i tanti impegni di studio e lavoro, nonché il timore di espormi all’aria condizionata o ai diversi sbalzi di temperatura dei teatri.
L.G. Cosa consiglierebbe ad un giovane cantante?
V.U. Il nostro mestiere abbisogna di una condizione essenziale legata alla voce. Ad un giovane che voglia intraprendere questo tipo di carriera, consiglierei sicuramente lo studio vocale e della musica, in primis, ma di non trascurare mai una formazione artistica ad ampio raggio, di essere soprattutto un artista.
L.G. Quali saranno i suoi prossimi impegni?
V.U. Prossimamente ho un concerto a Valencia, poi nuovamente Trovatore a Genova. Un’ opera di Prokof’ev “Matrimonio al convento”, a Berlino, per tornare alla Scala, ancora con Il Trovatore. Poi due importanti debutti: ad Amburgo con Clitennestra nell’Elektra di Strauss e Urlica de’ “Un Ballo in maschera” di Verdi alla Scala.