di Olga Chieffi
Il confronto centrale del “Qui fu Napoli…Qui sarà Napoli” promossa dall’Associazione Consorzio “La Città Teatrale” di Salerno, verrà vissuto, in questo week-end, da artisti e pubblico sul palcoscenico del Teatro Ridotto di Salerno, alle ore 21, dove la Compagnia Dell’Arte, diretta da Antonello Ronga, metterà in scena, “Eduardo Artefice magico”. A quasi quarant’anni dalla morte, non sembra che la figura alta, allampanata, rugosa, comica, amara, severa, dolcissima si sia sbiadita. Non ha mai rischiato di finire nel dimenticatoio, destino affidato a molti che in vita sono definiti “grandi” e poi da morti svaniscono poco alla volta, e così anche le loro opere. La grandezza di Eduardo, così tanto celebrata in vita, ha continuato ad ingigantirsi. Non c’è stato anno senza che venissero riproposte con grande successo Filumena Marturano, Napoli Milionaria o Natale in casa Cupiello, e tante tante altre. Opere – potenti, universali, senza tempo, senza mai logorarsi – rimaste in piedi anche dopo di lui, a dimostrazione che oltre ad essere un grande attore, un interprete attento e minuzioso, Eduardo è stato un grande drammaturgo del Novecento, che merita un giusto posto di fianco a Cechov, Pirandello, Beckett, Williams. Il titolo “Eduardo, Artefice magico” apre il mondo di Sik-Sik o del grande balletto andato in scena al Teatro San Carlo firmato da Michele Nappa. Crediamo, invece, che questo titolo possa svelare la vera natura di Eduardo: i critici hanno sempre creduto che Eduardo fosse un neorealista, invece lui era un metafisico, un surreale, sempre interessato al paradosso della realtà. Prendeva in mano delle storie, portandole “pericolosamente” (uno dei suoi atti unici) alle estreme conseguenze. Basta pensare a “Sabato, domenica e lunedì”: è una vicenda surreale, sembra un fatto comune, poi, ci si accorge che si passa a livelli paradossali, impossibili, quindi, di colpo si ritorna al normale e ci si rende conto che si rovescia tutto. Eduardo è artefice magico, per il suo linguaggio teatrale, per l’uso del silenzio, il valore delle pause, i ritmi, l’invenzione di una lingua teatrale. Molti pensano che Eduardo parli in dialetto, invece ha reinventato una lingua, con nuove soluzioni lessicali, un vero e proprio linguaggio grammelot, come diceva del genio napoletano Dario Fo. Anche per questo, per essere stato il magnifico inventore di una lingua teatrale l’artefice magico diventerà sempre più importante, nel tempo, perché ci si renderà conto che quel suo teatro esprime immancabilmente una realtà profonda, con notevoli varianti nella rappresentazione dell’assurdo e dell’impossibile. La Compagnia dell’Arte porta in scena uno spettacolo in cui cinque anime sono legate da un unico destino: trovare la salvezza. Salvezza che forse solo le parole possono dare. “Il viaggio universale dei corpi, sempre più umanamente profughi, in questa società di anime di ogni tempo”. Un viaggio nell’universo “eduardiano” quello intessuto dal regista Antonello Ronga che, ancora una volta rielabora un testo facendolo proprio, dando vita, così, ad uno spettacolo unico nel suo genere. In scena saliranno Valentina Tortora, Mauro Collina, Teresa Di Florio, Fortuna Capasso e Vincenzo Triggiano, le sue parole prendono vita in forma nuova, ancorate al futuro, scardinate dalla tradizione, e proiettate, verso un teatro che ascolta le parole di tutti.