Eboli, la delibera del disonore - Le Cronache Provincia
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Eboli, la delibera del disonore

Eboli, la delibera del disonore

di Peppe Rinaldi

 

 

La città di Eboli stasera è chiamata a prendersi una seria responsabilità attraverso la propria legittima rappresentanza, il consiglio comunale. Dovrà decidere, cioè, se cedere alla vergogna e al disonore oppure mantenere la schiena dritta e, pur tra mille difficoltà, segnare un punto originale e credibile sulla strada della verità dei fatti e della Storia. Sta per essere approvata – e speriamo sinceramente di no – una “delibera sulla pace” da inviare a vari organismi nazionali e internazionali (ambasciate, Quirinale, Anci, etc.) affinché si giunga al “Cessate il fuoco” nella Striscia di Gaza. Nobile tensione, nobilissimo auspicio: non c’è, però, una ragione che sia una ad agganciarsi alla realtà, pessima, delle cose, anche se «alla massa» si presenta il quadro contrario e ribaltato.

 

  • Il percorso

 

Sono necessarie alcune premesse per capire come si sia arrivati fin qui.

Il 17 dicembre del 2023 nella piazza centrale ci furono le prove tecniche di trasmissione di un recital che sta ottenendo un certo successo in larga parte del mondo occidentale, o di quel che ne resta tenuto conto dell’impressionante numero degli «odiatori di sé», della propria storia e civiltà.

Un nugolo di “pacifisti” proiettò quel giorno la pellicola del «genocidio» compiuto da Israele in danno degli arabi di Gaza, i palestinesi del sud, coloro cioè che furono lasciati liberi di scegliere il proprio destino sin dal 2005, a tacer di tutto il resto precedente. Sappiamo com’è andata, chiunque sia in buona fede lo sa, tranne certi “pacifisti” molto tifosi, tra l’altro, di una inciprignita rappresentante italiana all’Onu delegata al tema il cui antisemitismo sembra quasi scritto in volto. Ne seguì un interessante confronto/scontro tra chi scrive e alcuni dei protagonisti della kermesse filo-araba, il cui innegabile e qui riconosciuto merito è l’aver sollevato il problema nella valle di lacrime del dibattito attuale, non solo locale.

Vi partecipò anche una rappresentanza politica ed istituzionale, tra cui il primo cittadino Mario Conte, circostanza qui molto criticata per l’adesione simbolica di un’intera città al vero e proprio delirio razzista che, marciando sotto le mentite spoglie della “pace”, ha reso nuovamente l’Europa un posto pericoloso per gli ebrei e vanificato decenni di Giorni della Memoria e cose del genere. La speranza era che si fosse trattato di un non banale incidente di percorso e che il primo cittadino, resosi conto dello schizofrenico labirinto ideologico in cui era stato trascinato, vi ponesse in qualche modo rimedio. Invece no. Le cose sono peggiorate.

 

 

  • Il sabato “pacifista” come Monaco ‘38

 

Il 23 marzo è infatti andata in scena una partecipata manifestazione “per la pace” organizzata sempre dalle stesse persone, più o meno, ma stavolta di maggior successo vista l’alta tensione sull’argomento potenziata da un bombardamento mediatico quasi tutto via social, il che già renderebbe l’idea del grado di elaborazione del problema. Infatti, in quell’apparentemente allegro e colorato sabato ebolitano, in realtà dal retrogusto macabro, giovani e giovanissimi organizzatori di un’associazione che rivendica apertamente la propria identità «comunista» senza, forse, rendersi conto di ciò che dice, la “XD390”, berciavano slogan da brivido esattamente come avveniva nelle birrerie di Monaco nel 1938: “Israele fascista, stato terrorista”, tra altre stupidaggini sull’«occupazione che dura da 75 anni» (sic!), era il coro scandito con disarmante nonchalance esattamente come i giovani tedeschi in quegli anni alimentavano il razzismo anti-ebraico diffondendo infamità di ogni tipo, sul genere del complotto giudaico e del sangue estratto ai bambini non ebrei, delle banche, dell’usura, dei soldi o del potere occulto e del naso adunco. Ora si chiama “genocidio” e bisogna “cessare il fuoco”: il nazismo, del resto, è stato pur sempre un partito “socialista”, una radice comune la si conserva, piaccia o meno. E quale migliore radice dell’odio anti-giudaico, oggi addirittura favorito dall’immagine capovolta di vittime e carnefici? Nessuna, anzi, oggi è ancora più forte questa tensione comune in quanto la rappresentazione classica della tragedia in corso in Medio Oriente è quella del «povero palestinese svantaggiato e oppresso dal colonialismo israeliano con la complicità degli imperialisti Usa», lì dove tutto viene confuso e mischiato con generiche, e in astratto condivisibili, richieste di pace dinanzi agli «oltre 30 mila morti di Gaza uccisi deliberatamente dagli israeliani…per scopi di pulizia etnica…il regime di apartheid…la carestia provocata…» e via col deliquio più che col delirio. Sia chiaro, il corteo era fatto tutto da brave persone, impegnate in politica e nella vita civile, quando prese singolarmente, ma pericolose per l’effetto-gregge soprattutto perché feconde di letture capovolte della realtà, quando non addirittura ignoranti degli elementi base. In tutto erano un centinaio di persone circa, comunità araba compresa, c’erano vecchi e scafati politici post e neo-comunisti, diversi pacifisti agé, pezzi del mondo ormai perduto di ciò che un tempo furono i boy-scout, l’amministrazione comunale, lo stesso sindaco e, soprattutto, c’era l’imbarazzante presenza di una parrocchia che, probabilmente, nel rincorrere le suggestioni mondane ne è rimasta intrappolata. Succede.

 

  • Dal surrealismo al dadaismo politico

 

Inutile rifare la cronaca di quel sabato, ispiratore e sostanza di questa delibera consiliare ricca di buone intenzioni e belle parole, non serve a niente, c’è poco da fare o scrivere per ragionare sull’argomento in certi contesti: basti dire che se il 17 dicembre fu una mattinata surreale, diremmo surrealista, con il 23 marzo siamo andati oltre, siamo entrati in pieno Dadaismo politico-culturale, dove tutto si capovolge e le cose valgono il proprio contrario, il chiaro significa scuro, l’azzurro è in realtà rosso, l’acqua non è bagnata. Perfino canzoni come “Bella ciao” venivano diffuse in lingua araba là dove si plaude agli sterminatori di ebrei, facendo rivoltare nella tomba quei partigiani che per combattere anche l’antisemitismo nazi-fascista nel nostro Paese (e quello comunista fuori dall’Italia) ci hanno lasciato la vita. Un guazzabuglio mai visto e che, purtroppo, ha infettato pure le menti di giovani e giovanissimi sui quali, però, due parole vanno spese, sperando che qualcuno tra i nostri cinque lettori mostri loro questo articolo dal momento che, a occhio e croce, oltre i social non vanno. Il cronista, mischiatosi nella folla dei “pacifisti”, ha parlato con diversi presenti: non sono cadute le braccia soltanto ma pure qualcos’altro che qui non si può scrivere. Quei ragazzi, il cui retroterra formativo è drammaticamente intuibile, non sapevano neppure dove fosse Israele, con chi confinasse, cosa sia successo prima durante e dopo il 7 ottobre; uno ci ha detto che gli «israeliani hanno invaso Gaza ai confini col Libano», spingendo la mente a quel film in cui Sordi al telefono diceva “Colonnello, gli americani si sono alleati coi tedeschi”, nessuno di loro ha minimamente fatto un plissé di fronte al girone infernale materializzatosi il 7 ottobre, sapevano solo “Free free Palestine” che, forse, immaginano essere la terra dei pellerossa: più che compatirli con uno sguardo d’affetto dovuto unicamente alla giovane età, non si può, sinceramente.

La delibera che stasera i rappresentanti del popolo ebolitano dovranno votare è un bluff, un tentativo cerchiobottista di mischiare diavolo e acqua santa. L’atto offerto al voto dell’aula, che questo giornale ha visionato, è una sintesi di presupposti sbagliati eretti su falsità storiche e contemporanee, sebbene condito di molte belle intenzioni, verosimilmente sincere; cita Ong come Amnesty International e Emergency a supporto delle tesi del Cessate il fuoco, che è come chiedere a un ucraino cosa pensi della Russia, confonde la realtà dei fatti (cioè, chi ha voluto questa disgustosa guerra, come e perché) considera oro colato la statistica delle vittime fornita da un governo di squartatori di donne incinta, stupratori di massa e tagliagole di neonati; presuppone un racconto e una lettura della vicenda che neppure 80 anni fa era veritiero; cita di sguincio gli “ostaggi” israeliani e li equipara a “tutti i prigionieri” quasi si trattasse di un dettaglio e non della chiave di volta.

 

 

 

  • Cosa scrivere per salvare almeno l’onore

 

 

Basterebbero poche righe di preambolo perché tutto possa essere preso in considerazione, ad esempio: «Il Consiglio comunale di Eboli chiede che non vi sia alcun “Cessate il fuoco” se non ci sarà prima l’immediata consegna degli ostaggi sequestrati il 7 ottobre nell’ambito del più efferato e disumano massacro di innocenti compiuto per puro odio razziale negli ultimi 80 anni, realizzato non per questioni territoriali, peraltro mai rivendicate dai macellai palestinesi, i quali, essi sì, stanno causando diverse migliaia di morti tra i civili di Gaza di cui si fanno ignobilmente scudo nascondendosi negli ospedali, nelle scuole, nelle moschee, in linea con le sperimentate tecniche dell’islamismo e, soprattutto, contando sul riflesso condizionato dell’opinione pubblica internazionale flagellata da una narrazione opposta alla realtà. Il Consiglio comunale di Eboli sa che dire “Cessate il fuoco” significa solo una cosa: che Israele, nazione civile, democratica e sviluppata come l’Italia e l’intero Occidente lasci i propri cittadini in balia di un odio atavico, feroce, disumano che nulla ha a che vedere con dispute territoriali ma solo con il programma di pulizia etnica dell’area con la cancellazione della presenza israeliana ed ebraica. Il Consiglio comunale di Eboli sa, infatti, che il 7 ottobre non è avvenuta una carneficina al grido di “Due popoli due stati” ma a quello del “Uccidiamo quanti più ebrei è possibile” come tutti dimenticano di sottolineare, quasi fosse un’inezia: il che cambia l’intero scenario per chi voglia vedere e capire, perché uccidere 1500 israeliani è come aver ucciso 10mila francesi o 49mila statunitensi in una sola botta e con modalità compiaciute che neppure i nazisti riuscirono a praticare. Il Consiglio, altresì, si rammarica profondamente per le molte vite palestinesi innocenti, uccise dalla guerra provocata apposta dal governo di Gaza e chiede perciò che tutti gli stati, gli organismi internazionali, l’Onu, il Papa facciano pressione sul Qatar, sull’Iran, sullo Yemen, sul Libano, sulla Siria per bloccare il sostegno al governo di Hamas e della Jihad islamica e avvenga subito e senza alcuna condizione il rilascio di tutti gli ostaggi catturati il 7 ottobre, giorno in cui è stata dichiarata guerra ad uno stato legittimo commettendo i peggiori crimini contro l’umanità che la storia recente ricordi. Solo così il fuoco potrà ragionevolmente cessare». Insomma, la pace, come la giustizia, non ha senso senza verità.

Approvare quella delibera su indicazione dei “pacifisti” e dopo aver partecipato ad un paio di raduni echeggianti (a propria insaputa) le Schutz-staffel, significa legittimare gli orrori urlati, cantati, scritti e recitati il 17 dicembre e il 23 marzo in piazza pubblica come l’eloquente slogan “Palestina libera dal fiume al mare”, in pratica il nuovo “Juden raus”. Un grande personaggio della sinistra italiana del passato, Emilio Lussu, diceva: «Con queste parole le pistole sparano da sole».

Questi invece parlano di «pace» con tali premesse. Auguri alla città.