di Erika Noschese
«Due pesi e due misure». E’ l’accusa che Carmine De Chiaro – ex caposala dell’azienda ospedaliera universitaria Ruggi d’Aragona lancia ai vertici del nosocomio locale dopo una protesta che ha avuto inizio ieri mattina presso la direzione generale dell’azienda. Il sindacalista salernitano, tre anni fa, è stato coinvolto nella vicenda “furbetti del cartellino” al Ruggi ed è tra i sette dipendenti, su 15 indagati che – ancora prima che chiudessero le indagini – sono stati licenziati, sulla base delle motivazioni fornite dalla Procura della Repubblica. Successivamente, l’azienda ha deciso di sospendere i provvedimenti disciplinari dapprima fino al primo grado di giudizio e successivamente fino al terzo grado, «creando una discriminazione tra coloro che non avevano subito la chiusura delle indagini e coloro i quali che sono stati “privilegiati” dall’amministrazione», come ha dichiarato De Chiaro, secondo cui la normativa vigente impone di sospendere fino al terzo grado, in base alla gravità della situazione che vede coinvolti i protagonisti. Ma – secondo l’ex caposala – «l’azienda con noi ha fatto il contrario». Al momento solo per 70 persone coinvolte è stato aperto il provvedimento. Intanto, ieri mattina i 5 dipendenti licenziati si sono incatenati dinanzi la direzione generale del Ruggi per chiedere un incontro con il dg Giuseppe Longo che solo nel tardo pomeriggio si è messo in contatto telefonico con De Chiaro e i suoi colleghi, affermando di essere impossibilitato a raggiungerli a causa di problemi di salute. «A quel punto – per una questione di rispetto – abbiamo interrotto la protesta», ha poi aggiunto De Chiaro che insieme agli altri quattro licenziati ha iniziato uno sciopero della fame e della sete, chiedendo pari trattamento rispetto agli altri indagati perchè pare che i condannati siano ancora in servizio presso il nosocomio locale, a dispetto di chi, invece, non ha ancora visto l’inizio dell’iter giudiziario. Tra le altre cose, inoltre, un dipendente è stato condannato, patteggiando la pena, e l’azienda non avrebbe preso alcun provvedimento nei suoi confronti, in attesa della sentenza della Cassazione. «Dopo tre anni e mezzo abbiamo fatto solo due udienze del nostro processo», ha dichiarato recentemente l’ex caposala. I dissidenti inoltre, in questo lasso di tempo hanno continuato a produrre documentazioni per sostenere le proprie tesi. In particolare è stata presentata una serie di esposti dove si contesta quanto svolto dall’ex capo e presidente della commissione disciplinare Vincenzo Andriuolo. Più esposti sono stati presentati contro la nomina del consulente che doveva valutare le posizioni di 15 persone. Fatto illegittimo secondo i denuncianti perchè non solo sono state ignorate le risorse all’interno dell’azienda ma perchè la legge vieta incarichi a professori universitari. «Non discutiamo di torto o ragione ma il principio utilizzato dall’azienda perchè non si possono licenziare 7 persone su 15 per poi sospendere procedimenti che sono molto più gravi», ha aggiunto ancora De Chiaro. Intanto, il direttore generale del Ruggi, Giuseppe Longo ha chiesto altri 10 giorni di tempo, in presenza di questore e prefetto ma – sottolinea l’ex dipendente aziendale «altre forme di strumentalizzazione non le vogliamo».