Antonio Manzo
Inchiesta “Dossier Abusivi”, da Perugia dove è stata sfrattata va avanti a Roma. Per cinque ore l’ex sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia Antonio Laudati ha parlato al procuratore aggiunto di Roma. Lui continua a parlare e a sostenere di “aver operato sempre correttamente ed in maniera legittima”. Il suo dirimpettaio nell’inchiesta, il tenente della Finanza Pasquale Striano continua a tacere senza spiegare ai nuovi inquirenti romani gli oltre quattromila accesi abusivi che avrebbe effettuato (per conto di chi). Nel caso di Pasquale Stiano è buio fitto. Almeno finora. Se Antonio Laudati avrebbe giustificato l’accesso legittimo su quattro casi identificati e passati alle procure antimafia per competenza, nulla si sa delle migliaia di intercettazioni fatte da Striano per conto di chi e finalizzate a che cosa. Sia per Laudati che per Striano il procuratore della Repubblica di Perugia Raffaele Cantone aveva chiesto anche la misura cautelare nei loro confronti, rigettata però dal giudice delle indagini preliminari prima del trasferimento dell’inchiesta, per competenza, alla procura di Roma. L’interrogatorio di cinque ore di Antonio Laudati è top secret, come ha detto ai cronisti il suo avvocato difensore, Andrea Castaldo docente di procedura penale all’università di Salerno. Per prima cosa l’ex magistrato Laudati avrebbe chiarito che un decreto legislativo del 2017 definiva i poteri della struttura della Direzione Nazionale Antimafia, un rafforzamento dei poteri della Dna che non trovò alcuna critica del legislatore. La Dna a quel tempo era diretta dal procuratore Franco Roberti, divenuto europarlamentare del Pd, e poi dal procuratore de Raho, trasmigrato dalla funzione giudiziaria a quella di deputato del Movimento Cinque Stelle e membro parlamentare della Commissione Antimafia. Laudati collaborò sia con l’uno che con l’altro vertice della Direzione Nazionale Antimafia guidando dal 2007 l’ufficio della banca dati centrale dove pervenivano le segnalazioni sospette delle operazioni finanziarie (cosiddette SOS) e quelle relative alla criminalità organizzata. Ed è proprio in questa struttura che Laudati e Striano operavano con tutti gli atti relativi alle indagini e i procedimenti pendenti o definiti dalle singole procure distrettuali. Ma Laudati avrebbe anche spiegato che, nonostante le nuove regole, nessun potenziamento dei meccanismi di controllo sulle modalità di accesso alla informazioni fu innescato dal legislatore tanto che il finanziere Striano non accedeva soltanto ai sistemi informatici della Direzione Nazionale Antimafia ma anche ad altre banche dati come Serpico (relative a dati anagrafici e dei redditi), Siva ( segnalazioni sospette della Banca d’Italia), Sdi (precedenti di polizia), oltre che a banche dati del Catasto, e Infocamere (le ultime due peraltro pubbliche). Gli inquirenti sostengono che attraverso questi accessi abusivi Striano avrebbe garantito informazioni riservate a tre giornalisti del quotidiano Domani. L’inchiesta partì dalla denuncia presentata dal ministro della Difesa Guido Crosetto ai carabinieri della Tutela Lavoro dopo che erano state pubblicate sul quotidiano Domani precise e dettagliate notizie sulla sua sfera patrimoniale. Sembrerebbe che l’attivismo informatico di Striano fosse collegato anche ai servizi segreti alle attività di intelligence italiane su territori stranieri: è di queste ore la notizia del potenziale intreccio con il Vaticano nel caso che ha portato a processo il cardinale Becciu.






