di Andrea Pellegrino
Alla Soprintendenza di Salerno, dopo la pronuncia del Consiglio di Stato, non dormiranno certo sonni tranquilli. Sulla vicenda Crescent, un funzionario (Giovanni Villani) e due ex soprintendenti (Affanni e Zampino) si sono già beccati un avviso di garanzia, proprio per il mancato esercizio del potere di annullamento. Insomma, praticamente, sull’ormai noto silenzio – assenso della Soprintendenza sulla costruzione della mezza luna di Bofill. Ora la sentenza del Consiglio di Stato parla chiaro: l’annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche comporta che le amministrazioni statali e locali dovranno, attraverso i propri organi competenti, adottare nuove determinazioni dotate di una motivazione che rispetti i requisiti indicati nella sentenza di Palazzo Spada. Nel merito: gli annullamenti operano ex tunc, ovvero “da allora”, questo significa che tutti gli atti che avevano come presupposto le autorizzazioni dichiarate illegittime sono travolti dal loro annullamento. La palla passa inesorabilmente alla Soprintendenza. Ma a chi affidare l’ingrato compito? Fino ad oggi ad occuparsi delle “pratiche Salerno” è stato Villani (su indicazione dell’attuale soprintendente Miccio) ma in questo caso l’architetto (indagato per la vicenda Crescent) non potrebbe svolgere alcun ruolo. Di regola, a questo punto, spetterebbe al coordinatore del settore paesaggio, ossia a Fausto Martino, (tra l’altro ex assessore all’urbanistica del Comune di Salerno). Ma la scelta dovrebbe essere solo di Gennaro Miccio che potrebbe rimettere tutto al Ministero, bypassando anche la Direzione regionale che già aveva espresso la sua valutazione negativa sul Crescent. Ma di sicuro la Soprintendenza dovrà comunque esprimersi. A questo punto, anche secondo le indicazioni del Consiglio di Stato, tralasciando la procedura da seguire nello specifico, resta il fatto che dovrà svolgere un apprezzamento tecnico, volto ad accertare se le opere da eseguire (in questo caso già eseguite) siano compatibili con le peculiarità paesistiche tutelate dal vincolo. La soprintendenza dovrebbe dunque accertare che la realizzazione delle opere in questione non è tale da introdurre elementi negativi nel paesaggio tutelato, né da alterarne l’immagine, né da impedirne o condizionarne la pubblica fruizione. Insomma non proprio una passeggiata, no?