La legislazione emergenziale ha previsto la possibilita’, da parte della sanita’ privata, di ‘vendere’ alla sanita’ pubblica prestazioni pro-covid per fronteggiare l’eventuale necessita’ di svuotare i reparti di terapia intensiva e sub intensiva pubblici per alleggerire la pressione dei malati covid. Tutto doveva avvenire nell’ambito di specifiche condizioni contrattuali che presupponevano l’uso dai budget tradizionali anche per l’acquisto di queste prestazioni che avrebbero consentito di poter creare veri e propri reparti pro-covid privati. Per la magistratura contabile, in Campania sarebbe stata interpretata “in modo strumentale” la normativa primaria andando a individuare, cosi’, la possibilita’ di remunerare i privati anche solo per la disponibilita’ dei posti. E’ cio’ che si apprende in relazione all’inchiesta della Corte dei Conti sul presunto danno erariale prodotto dall’accordo tra Regione e Aiop. La segnalazione di danno parte proprio dal caso Benevento, dove a fronte dell’utilizzo di tre posti letto, la sanita’ pubblica ha erogato ben tre milioni e 300mila euro: in quell’occasione il collegio dei revisori dell’Asl si e’ trovata sulla scrivania fatture emesse in attuazione dei rapporti convenzionali (non covid) a fronte di sole tre prestazioni rese. Successivamente, pero’, alcune Asl, responsabilmente, hanno iniziato – dopo la segnalazione del caso sannita – a non liquidare determinate fatture, cioe’ quelle presentate in assenza delle prestazioni.
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