di Salvatore Memoli
Per una volta voglio stare dalla parte di De Luca. Non capisco sempre i suoi toni sarcastici, spesso sono fuori luogo, come è avvenuto più volte negli ultimi tempi. Intuisco che gli riesce bene il motteggio anche al limite di un’esagerazione che non permette di comprendere correttamente contenuti, tempi ed obiettivi del suo dire. Sicuramente questo modo di esprimersi gli evita la durezza e la scontrosità diretta del suo linguaggio ordinario che, se usato, sarebbe sicuramente più sferzante, accidioso e tagliente dell’umorismo a basso costo che ha imparato ad usare. Comunque se parla è perché si rende necessario intervenire, leggere i fatti, contestarli e riportare l’attenzione esatta sull’argomento oggetto di attenzione. Nel caso di Patriciello sono sicuro che a lui non interessa niente di Pippo Baudo, men che mai se il don si dedica nel tempo libero alle cose profane, agli approfondimenti costituzionali, alle amicizie politiche. Nella vicenda che ha suscitato tanta attenzione mediatica, De Luca è stato l’unico politico che ha espresso una valutazione di merito sull’argomento del Premierato, in discussione a Montecitorio. Pare proprio che per guardare il dito gli altri non si siano resi conto che la riunione politica voluta da Fratelli d’Italia sia uno step importante che avvicina ad una decisione sulla grande svolta sul cambio della forma di Governo in Italia. Non ha parlato la Schlein, non si è sentito un commento di Conte, men che mai di un rivolo torbido ed intrecciato di oppositori di sinistra, contro tutto e tutti ed ora contro De Luca che, può piacere o no, è l’unico che ha detto la sua contro il Premierato. Lo ha fatto con la sceneggiatura spettacolo contro i costituzionalisti Zanicchi, Pupo ed altri, in cui è caduto don Maurizio. Don Patriciello è e resta un simbolo contro la camorra, la stessa contro cui combatte De Luca che conosce bene il problema. È chiaro che un prete può andare dove vuole, scegliere gli amici che vuole e votare chi vuole! Ma se argomenta la sua difesa dicendo di essere andato a Montecitorio per invito del Commissario governativo di Caivano ( di nomina del Governo Meloni) è lecito pensare che il Commissario faccia il promotore delle manifestazioni di Fratelli d’Italia e che don Patriciello sia un affiliato di quella gente. Voglia o non voglia, un simbolo della lotta alla camorra si ritrova ad indossare una casacca ( anche meritoria) di una parte politica. Il don è il solo che minaccia l’integrità del suo ruolo e della sua testimonianza, perchè la lotta alla camorra è di tutti ( destra e sinistra) e se si strizza innocentemente l’occhio ad una parte politica, l’unitá del messaggio anticamorra è compromessa da sola. La verità è che certi sacerdoti fanno cose più grandi di loro stessi quando la loro missione religiosa assume ruoli di altro valore sociale. I primi a proteggerli dovrebbe essere la Chiesa invitandoli a fare esperienza in altre realtà pastorali, perchè non può un uomo portare la croce di una lotta sanguinaria da solo e per tutta la vita. Perseverare è stancante e richiede rigenerazione continua, perchè è umano sentire la solitudine. È per questo che la politica può lottare contro la camorra, un prete deve considerare che la sua missione include la conversione dei peccatori, sempre! Per questo non può mai essere un prete l’uomo contro, il simbolo di una lotta frontale, un prete deve lottare contro il peccato ma mai non contro il peccatore! Lo Stato invece lotta con le sue leggi anche contro le persone. Le individua, le restringe e le condanna alle pene previste! Ecco perchè è retorica per me dire che De luca ha indebolito Don Patriciello. Il prete si indebolisce da solo quando dimentica che è uomo di tutti e quando non sa astenersi dal farsi coinvolgere nell’agone politico che è tipico delle vicende dei partiti. Ora capisco che molti avversari di De Luca anche di area di sinistra non vogliano associarsi a lui nella condanna dell’accaduto, ma spero sappiano riconoscere che la posta in gioco è politica, contro il Premeriato e non contro un simbolo dell’anticamorra che resta importante ma a cui va ricordato che certe testimonianze dovrebbero ispirarsi alla dimensione e al ruolo del Capo dello Stato che resta sempre al di sopra e al di fuori delle faziosità, per rendere credibile la sua missione. Don Patriciello è stato testimonial di una proposta modificativa della politica italiana. Il Premierato è bello e seducente perchè rafforza il potere di uno, lo rende anche più efficiente ma a scapito degli altri. Se c’è una garanzia che tutela anche quelli come don Patriciello si chiama democrazia, partecipazione, concorso popolare. Non ho capacità divinatorie ma quelli che amano un uomo forte al comando ricordano certe associazioni umane in cui uno decide e gli altri eseguono. Ora perfino nella Chiesa, il Papa si circonda di un Governo di cardinali per avere una visione di governo più rispondente alle attese delle assemblee. Prima di cambiare, bisogna riflettere tutti insieme, non soltanto quelli che credono di avere un’idea nuova, con relativi sostenitori e claque.La democrazia é partecipazione, non investitura né primogenitura. Don Patriciello appartiene ai testimoni quelli che generano purtroppo anche i martiri. Il martirio non é necessario e tutti coloro che sono sinceramente democratici lottano perché egli possa evitare il martirio ed essere garantito di lottare ed esserci a nome di tutti. De Luca ci sta ricordando questo!