Con le ali di Peter Pan - Le Cronache Spettacolo e Cultura
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Con le ali di Peter Pan

Con le ali di Peter Pan

Di Olga Chieffi

Chi non ha immaginato almeno una volta, guardando fuori dalla finestra, di poter scorgere Peter Pan, Wendy, Gianni e Michele volare oltre la luna? Lo si potrà fare live da stamane sino all’11 dicembre alla Sala Pasolini, per chiudere la rassegna di Teatro immersivo, firmata da Alfredo Balsamo e realizzata dal Teatro Pubblico Campano con uno spettacolo dedicato all’infanzia, “Con le Ali di Peter”, firmato da I Teatrini e ispirato al celebre racconto di J. M. Barrie. In scena Adele Amato de Serpis, Alessandro Esposito, Monica Costigliola, Valentina Carbonara e Raffaele Parisi, guidati dalla visione poetica di Giovanna Facciolo, che riunirà i magici personaggi nati dalla mente di James Matthew Barrie che, con “Peter e Wendy”, nel 1911 ha creato un mito ancora oggi attualissimo capace di toccare tante sfere della nostra società: da quella psicologica a quella filosofica, entrando nel mondo della letteratura e in quello della musica con Edoardo Bennato e il famosissimo album “Sono solo canzonette”, che ha consacrato Peter Pan e tutto il suo mondo nell’olimpo della musica italiana. La fiaba come racconto ha la capacità di ironizzare, di trasformare anche i personaggi più negativi in personaggi divertenti attraverso l’esasperazione dei difetti visti in chiave comica. Spugna e tutta la ciurma sono grotteschi nella loro cattiveria, comandati da un pirata egocentrico e narcisista ma a tratti quasi misericordioso. Giacomo Uncino ossessionato dal tempo, rappresentato dal Coccodrillo che un giorno divorò la sua mano insieme ad una sveglia e che inesorabile, con il suo ticchettio, ricorda al Capitano l’incombenza della vecchiaia. Non sono da meno i personaggi femminili: Wendy, Trilly e Giglio Tigrato eternamente innamorate del giovane Peter sono in realtà donne dalla forza incredibile capaci di sacrificare anche se stesse in virtù dei loro ideali. Peter Pan, il ragazzo che non voleva crescere mai, non cresce mai davvero ed è infatti sempre vivente che sia fiaba o realtà. Anticipatore, visionario, dalla verve incontenibile, irriguardoso, Bennato mise, con il suo solido Neapolitan Rock, le sue ballate e la bella melodia, alla berlina il potere e le sue manifestazioni. Grandi metafore, oggi ancora valide. Ma la favola resta tale e nelle favole, nelle canzonette c’è qualcosa che ci può educare a volare, a non negarci la possibilità di spazi utopici, di spinte verso l’alto, a orientarci verso l’isola che forse c’è, perché in fondo è il viaggio che fa crescere ciascuno di noi e la meta è solo un punto da cui ripartire, grazie a quella polvere magica che spargeranno gli attori. Con un linguaggio visivo, sensoriale e magico, la compagnia invita il pubblico a riscoprire il valore della fantasia e la potenza del gioco teatrale. Peter è un ragazzino sanguinario, egocentrico, del tutto incurante dei sentimenti altrui, dimentica affetti e persone, persino il loro nome. Salva Giglio Tigrato, Wendy e bambini perduti, ma lo fa non tanto perché spinto da altruismo, quanto piuttosto per vanagloria. Si potrebbe ritenere che ciò valga per lui perché non può dirsi una persona cresciuta, formata, risolta. Ma in realtà nessun bambino del romanzo si salva. Non c’è spazio per alcuna idealizzazione dell’infanzia: tutti i ragazzini che compaiono nella storia, compresi Wendy, John e Michael, sono egoisti, inclini alla crudeltà e alla violenza. Per usare le parole dell’autore, le stesse con cui si conclude il romanzo, sono allegri, innocenti e senza cuore. D’altro canto, gli adulti sono irrimediabilmente incapaci di volare e, chi lo ha fatto da piccolo/a, è pervaso da una tremenda nostalgia di non saperlo/poterlo fare più. E persino i sentimenti e i legami personali sono intrisi di ambiguità: Wendy, per esempio, è attratta dal fascino perverso di Uncino e, allo stesso tempo, è conquistata dalla spavalderia di Peter, ma entrambe le infatuazioni non sono sane e lei stessa ne è consapevole. Ma, cos’ha ancora da dire oggi Peter Pan? Come avrà fatto allora un romanzo come questo, che segue regole narrative poco ortodosse e dipinge personaggi tutt’altro che eroici a meritarsi di diventare un classico della letteratura e, per di più, per ragazzi? Forse è proprio questo infischiarsene dell’autore di tutte le buone norme che bisognerebbe rispettare per scrivere un “buon libro” per ragazzi che gli ha concesso di scriverne uno buono davvero e in grado di sopravvivere nel tempo. Un libro che, evitando di mitizzare tanto l’infanzia quanto l’età adulta, parla al cuore sia dell’una che dell’altra. Leggendo Peter Pan, adulti e bambini si riconoscono, si schierano e capiscono che la storia non vuole blandirli, bensì rappresentarli, “immergendoli” in una favola, come avverrà al Teatro Pasolini.