Commercianti salernitani aderiscono alla class action della Confederazione Imprese - Le Cronache
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Commercianti salernitani aderiscono alla class action della Confederazione Imprese

Commercianti salernitani  aderiscono alla class action della Confederazione Imprese

di Monica De Santis

sosimpreseeprofessioni@gmail.com è questo l’indirizzo mail dove fino al prossimo 15 aprile commercianti e piccoli imprenditori potranno scrivere per aderire alla class action messa in atto dalla Confederazione Imprese e Professioni. Un’azione legale nei confronti dello Stato, che ad oggi ha visto già l’adesione di migliaia di piccoli imprenditori. Di questi molti sono del Veneto, della Puglia, dell’Emilia Romagna.  Oltre 250 i commercianti salernitani che hanno scelto di aderire… “Ma il numero è in continua crescita” spiega il dottor Mauro Pantano, presidente della Confederazione Imprese e professioni. “La nostra class action ha uno scopo ben preciso, ovvero fare causa alla Stato non per i mancati incassi ma per i costi fissi maturati durante questi mesi di emergenza. Le attività commerciali sono state chiuse in nome di una pandemia che ad oggi non ha avuto una risoluzione, al contrario ad oggi siamo in condizioni peggiori rispetto a prima ed è dimostrato che il virus non circolava nelle attività commerciali. Pertanto tu Stato, proprio come si fa per gli espropri devi risarcire queste chiusure”. La Confederazione Imprese e Professioni per sostenere tutti i commercianti che vorranno aderire alla class action mette in oltre in campo anche il patrocinio gratuito… “Un gesto doveroso, per consentire anche a coloro che non hanno la disponibilità economica di sostenere le spese legali di poter comunque aderire. Tutti coloro che vogliono far parte di questo gruppo non devono far altro che inviarci una mail con i loro dati anagrafici e con il loro contatti telefonici. Saranno richiamati da noi e spiegheremo che tipo di documentazione ci serve e come si procederà”. Questa class action conferma ciò che in tanti stanno dicendo da tempo, ovvero che i decreti ristoro e in particolar modo l’ultimo a firma del Governo Draghi non sono sufficienti per aiutare le categorie commerciali costrette alla chiusura? “Esattamente. Questi decreti ristori sono stati inutili e non hanno dato nessun aiuto alle imprese, noi come Confederazione Imprese e Professioni, avevamo chiesto un anno bianco. Ovvero un anno senza il pagamento di nessuna tassa, nessuna imposta, nessun tipo di contributo o f24. Questo era il vero aiuto che lo Stato doveva dare alle imprese”. Il decreto ristori di Draghi è comunque quello più contestato di tutti. Sono tanti i piccoli imprenditori che si lamentano perchè non riescono ad accedervi. Cosa è successo? “Partiamo dal presupposto che il budget che è stato stanziato per l’ultimo decreto era di 32 miliardi di euro. E questo budget era stato stanziato da Conte per i Ristori 5. Ora i ristori dati da Conte erano rivolti solo a determinati codici Ateco, quindi non a tutte le partite IVA, ed erano i possessori di questi Codici Ateco che si dovevano dividere questa cifra. Ora cosa è successo, il nuovo Governo, si è trovato il budget già stabilito però ha pensato di aprire la ripartizione a tutte le partite IVA compreso le libere professioni. Quindi una cosa è ripartire la cifra per 20 Codici Ateco è una cosa è la ripartizione per tutti i codici Ateco. Questo è il primo errore. Poi però Draghi ha dato anche un altro parametro. Ha chiesto ai commercianti di prendere tutti gli incassi, ovvero gli scontrini fiscali o le fatture che avete fatto nel 2019 e nel 2020 e fate la differenza. Se questa non supera il 30% l’esercente non ha diritto al sostegno. Mi spiego meglio se nel 2019 ho incassato 100 mila euro e nel 2020 ho incassato 30mila euro ho avuto una perdita del 70% quindi posso accedere ai ristori. Ma se nel 2019 ho incassato 100mila euro e nel 2020 ho incassato 90mila euro quindi una perdita del 10% allora non devo avere nulla. Quindi la soglia del 30% è il primo sbarramento che bisognava superare. Sbarramento sbagliato, perchè con la fatturazione elettronica, in vigore in Italia, il Governo sapeva benissimo che il 30% è una soglia molto alta, soprattutto per la stragrande maggioranza delle piccole imprese, che sono poi quelle che non sono riuscite a rientrare nei sostegni. Ma non è tutto superato il primo sbarramento, vi è il secondo, ovvero: Facciamo finta che la differenza d’incasso fra il 2019 e il 2020 sia di 108mila euro, dividi per 12 mesi. quindi parliamo di una perdita mensile di 9mila euro, dividi questa cifra al 50% 4500 euro è la cifra che ti tocca come ristoro. Quindi una perdita di 100mila euro si va a prendere 4500 euro, che diviso per un anno di lavoro sono 375 euro al mese meno di chi percepisce il reddito di cittadinanza. Ecco cosa ha fatto Draghi”. Ma perchè tutto questo? “Perchè l’Italia non ha i soldi. Il nostro debito pubblico sta in mano ai cinesi, agli stranieri. Quindi manca la liquidità, altrimenti non si spiega come mai Stati come la Francia, la Germania, l’Inghilterra siano riusciti a dare a tutte le imprese il 70% anche l’80% dei mancati incassi senza fare tutti questi sbarramenti. Ecco perchè noi come Confederazione Imprese e Professioni abbiamo lanciato sin dal primo lockdown la proposta di non dare i ristori ma di annullare per un anno tutte le tasse e le imposte, nazionali, regionali e comunali. Questa è l’unica strada anche perchè dei soldi che arriveranno dal Recovery Plan si parla di ripartirli per il digitale, l’ambiente, ma ad oggi da quello che si è detto nessuno ha nominato mai le aziende” Questo vuol dire che non c’è nessun interesse nei confronti delle piccole imprese italiane? “Purtroppo la politica è lontana dal mondo delle partite IVA. Mi spiace dire che non capiscono nulla di questo mondo. C’è una spaccatura molto grande tra pubblico e privato. Diciamoci la verità chi va a votare il mondo delle partite iva rappresenta il 5% della popolazione votante in Italia, per tanto non ha un peso tale da poter interessare la politica. Ecco perchè sono così lontani dal nostro mondo, che non conoscono e non sanno neanche come funziona. Non sanno, ad esempio, che in città come Napoli, Salerno il 90% del tessuto imprenditoriale ovvero del PIL è fatto dai piccoli imprenditori, dalle piccole aziende a carattere familiare, dai piccoli studi professionali. La Campania è una delle poche regioni che si sostiene ancora grazie ai negozi di vicinato ma al politico questo non interessa. Se fosse interessato in uno stato di emergenza sanitaria, avrebbero attivato anche uno stato di emergenza economica con la sospensione dei pagamenti dell’Inps, dell’Iva dei F24. Invece per il governo sia Conte che Draghi tutto questo non ha mai avuto importanza. Hanno pensato solo a chiudere le attività e non le tasse, senza pensare che un commerciante come fa a pagarle se non ha incassi. I risparmi devono essere usati per pagare le tasse e le imposte oppure per comprare il cibo e mantenere le famiglie. A questo nessuno ha pensato. Nessuno ha pensato che i possessori di partita Iva non ha nessun tipo di ammortizzatore sociale, quindi il loro lavoro è la loro unica fonte di sostentamento”. Crede che il prossimo decreto ristori possa rimediare a qualcosa? “Dipende dallo spostamento di bilancio che deve essere approvato in Parlamento, ma comunque non credo. Non sono serviti i primi ristori, non serviranno neanche gli altri. L’unica cosa che in questo momento il Governo sta facendo è preparare il tesserino per il fallimento di centinaia e centinaia di piccole imprese”