di Peppe Rinaldi
La Commissione consiliare “Controllo e garanzia”, presidente Marcello Murolo e segretaria Simonetta Perrella, ha concluso il suo primo viaggio nei meandri dello scandalo del secolo, anzi del Secolo, così evidenziamo una storia che meriterebbe l’attenzione della Cnn per come si è sviluppata e per come appare gestita tuttora. Parliamo della grande sottrazione di danaro pubblico, qui raccontata nel dettaglio nel corso degli ultimi mesi, che ha sinora determinato la defenestrazione del principale protagonista, l’ex dirigente degli affari economici Francesco Sorrentino, accusato e licenziato in un batter d’occhio dopo che lo scandalo è emerso sul finire di novembre 2024. E’ il principale indagato della procura di Nocera, questo appare ovvio.
Dice – la Commissione – che ce ne saranno altri di viaggi, di approfondimenti, di ispezioni per capire come sia stato possibile far sparire 2,5 milioni di euro (si parla ancora di «soli» due milioni, ma fa poca differenza). Ecco, appunto, com’è stato possibile? La Commissione, in verità, un lavoro minimo nella decenza l’ha svolto, si vede che un certo sforzo è stato compiuto, forse in alcuni passaggi c’è un po’ troppo «mestiere», nel senso che ci si guarda bene dall’esprimere con chiarezza e determinazione ciò che è sotto gli occhi di tutti. Vale a dire che non siamo in presenza di un’inaspettata rogna che poteva capitare ovunque ma di un’ inclinazione verso una vera e propria deboscia amministrativa. Si parla di “disordine amministrativo” nella lunga e dettagliata relazione consegnata agli organi interessati e a tutti i consiglieri comunali, ma l’espressione usata appare quasi un delicato eufemismo, una buona maniera, uno scampolo di educazione istituzionale, a tratti comprensibile, a tratti meno. In verità, a volte appare anche un po’ furbesca la cosa ma – come si dice – ci può stare. Ciò che non ci può più stare, invece, è la disinvoltura apparente che sembrano mantenere i vertici della baracca e, in un certo senso, gli organi di controllo territoriali. Cosa ci sia da appurare ancora a quasi sei mesi dallo scoppio dello scandalo è materia che si potrà chiarire solo tra qualche altro po’ di tempo. C’è un’indagine in corso, gli indagati sarebbero in tutto cinque ma della cosa non si ha piena contezza, come non è da escludere che qualcuno piuttosto in alto ne venga risucchiato. Il che non sarebbe neppure tanto anomalo tenuto conto di come vanno avanti certe inchieste giudiziarie.
Tutto già scritto
Tornando alla relazione della Commissione va detto che ai nostri cinque lettori potrebbe anche non interessare il contenuto perché, in sostanza, è la riproposizione di quanto raccontato qui nel corso del tempo, soltanto che è riferito tutto in gergo burocratico. Si dice che i mandati furtivi siano stati oltre cento; si descrivono, all’ingrosso, le procedure del caso; si parla degli Iban ad capocchiam su cui confluivano i soldi; si parla del sistema Halley e dell’altro (Idoc) che farebbero acqua da tutte le parti, basti dire che – ma questo la Commissione non lo rileva – che nel modulo della Halley era possibile mettere qualunque numero tanto il software non era programmato perché riconoscesse lo speculare documento dell’ordine di pagamento, in parole povere, a dispetto di quanto detto anche in questa relazione commissariale, un mandato non può auto-generarsi, quindi serve sempre qualcuno che predisponga le cose per «bene»; si parla, ancora, di un misterioso dipendente della Halley senza farne il nome (sarebbe Nicola Paciello, il lavoratore assunto dalla Halley e non dal Comune, anche se sembrava il contrario) come se si trattasse di un dettaglio minore e, invece, da quel che si comincia a delineare anche sul piano investigativo, potrebbe essere proprio lì un pezzo importante della faccenda; si scrive, ancora, che la segretaria comunale, Monica Siani, abbia relazionato sul punto, così come l’altro papavero amministrativo, il dottor Ricciardi, e che tutti e due abbiano ricostruito l’iter maligno dal punto di vista possibile in base al rispettivo rango amministrativo, entrambi sembrano aver lasciato intendere che eventuali colpe siano da ascrivere agli “ispettori comunali”, cioè i dipendenti subordinati a funzionari e dirigenti. Ma dove la cosa assume un tratto abbastanza surreale è la parte che riguarda il Collegio dei revisori del conto, rappresentato dai dottori Toriello, Di Mella e Sarno. Ebbene, qui c’è da tenersi forte, non essendo chiaro come mai la Commissione sia stata così vellutata nei confronti di quest’organo, sul quale, peraltro, potrebbero addensarsi nubi gonfie d’acqua nera vista la centralità giuridica, politica ed istituzionale dell’organo stesso. Dunque, i revisori sono stati ascoltati dalla Controllo e Garanzia, alla quale hanno riferito cose «stravaganti», almeno dal nostro punto di vista. Ad esempio: che sui circa 4 mila mandati di pagamento che ogni tre mesi il Comune di Cava emette, essi ne controllavano al massimo 3 o 4, in pratica neppure l’1%, il che insuffla nei polmoni degli scettici ogni sospetto possibile, quantomeno su un così duro lavoro svolto a servizio della collettività. Ma non finisce qui e ci si domanda, a cascata, in base a quale criterio i professionisti nominati dalla politica nel Collegio per controllare i conti pubblici scegliessero i mandati da controllare. Lo facevano così, è scritto nella relazione: cioè si procedeva con una pesca a strascico azionata da un altro software (ma visto come vanno le cose con l’informatica a Cava sarebbe consigliabile qualche verifica anche su quest’altra piattaforma), che pure ne selezionava la stessa quantità, praticamente niente; oppure venivano consegnavati ai commissari brevi manu (testuale) da qualcuno dell’Ufficio finanziario (diretto dal Sorrentino, coadiuvato da Paciello) che faceva trovare ai revisori i documenti su una scrivania in una stanza dedicata sì al Collegio ma nella disponibilità di chiunque. Immaginiamo la scena: “Ecco, quelli sono i mandati da controllare, accomodatevi pure”, il caso di scuola del controllore che chiede al controllato cosa controllare. Gli stessi revisori, auditi in Commissione, si sarebbero lamentati della lentezza con la quale gli uffici cavesi rispondevano alle loro richieste ma si tratta pur sempre di cose riferite dopo il gran baccano e non prima. La conclusione che la Commissione, però, sembra aver azzeccato in toto è questa: Sorrentino non può aver fatto tutto da solo. Chi l’avrebbe mai detto?





