di Andrea Verderame
Rinnovata l’ordinanza comunale che mette al bando le coltivazione di fave e piselli in gran parte del territorio battipagliese e fissa, altresì, stringenti obblighi e prescrizioni in materia di vendita di questi legumi.
Il divieto assoluto di coltivazione, già introdotto anni orsono, si estende lungo via Clarizia, via Don Giovanni Minzoni, via lonio, via Campania, via Sardegna, via Monte Rosa, l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, via Roberto Il Guiscardo, viale della Pace, via Don L. Sturzo, Strada ferrata, via Ferrovia, via Rosario e via Capone. Oltre a queste, rientrano nell’obbligo di astenersi dal realizzare questo tipo di coltura anche i rioni Taverna delle Rose e Belvedere, compresa la zona di Serroni basso.
Non solo, il divieto è esteso anche a qualsiasi area che non disti almeno 300 metri in linea d’aria da qualsiasi struttura pubblica come, ad esempio, scuole, edifici pubblici compresi i cimiteri, impianti sportivi, uffici postali e luoghi di culto. Eventuali colture site nella zona di divieto dovranno essere eliminate immediatamente e comunque entro cinque giorni dalla data di affissione del provvedimento.
Ma gli effetti dell’ordinanza non si esauriscono qui bensì determinano la prescrizione di indicare con cartelli ben visibili qualsiasi attività di trattamento di fave e piselli e che dovrà essere esposto da chi ne opera la coltivazione in zone non soggette a divieto o da attività che espongono oppure commerciano tali legumi, i quali, in ogni caso, dovranno essere preconfezionati in contenitori chiusi. Una vera e propria messa al bando, quindi, considerata la notevole estensione della superfice di territorio sul quale ha effetto l’ordinanza.
Una misura forte che trova il proprio fondamento nella necessità di salvaguardare quanti nel comune presentano una predisposizione genetica al deficit dell’enzima glucosio-6-fosfato deidrogenasi, condizione comunemente conosciuta come “favismo”.
Tale deficienza espone chi ne è soggetto a gravi crisi emolitiche qualora esposti ad alcuni agenti ossidanti come particolari farmaci o, per l’appunto, fave e piselli «…ovvero anche alla sola percezione dell’odore delle medesime o all’inalazione del loro polline durante il periodo dell’inflorescenza…», a quanto si legge fra le motivazione dell’ordinanza. Provvedimento che affianca il Comune capofila della Piana del Sele ad una serie di altre città dello stivale che nel tempo hanno adottato misure pressoché identiche a garanzia della salute dei propri cittadini.
Garanzia certamente molto estesa in considerazione del fatto che, stando ai pareri più recenti sull’argomento, l’ingestione di piselli e fagiolini, o l’inalazione di loro pollini, non possono essere considerati fattore scatenanti di crisi emolitiche riconducibili al favismo; inoltre, le sostanze presenti nelle fave causa di tali crisi, in particolare vicina e convicina, non sono presenti nei fiori e non sono volatili.
Infine, l’inalazione di polline nei campi di fave in fiore può provocare malessere nei soggetti affetti da deficit di G6PD, ma non ci sono prove sufficienti a correlare tali inalazioni con lo scate






