Stamane, nell’Aula Cilento dell’Unisa, alle ore 10,30 ultimo appuntamento del cartellone Tradizione e contemporaneità, affidato a Giuseppe Cacciatore
Oggi, alle 10.30, nell’Aula Cilento dell’università di Salerno si terrà il terzo e ultimo appuntamento del progetto “Tradizione e contemporaneità. Letture filosofiche”, organizzato dal Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale dell’Università di Salerno e dalla Società Filosofica Italiana. Giuseppe Cacciatore, presidente della SFI di Salerno e docente emerito dell’università Federico II di Napoli, dopo l’introduzione di MariaGiovanna Riitano del Dispac, Rosalba Normando per il Caot e Armando Bisogno presidente del Corso di Studi dell’Ateneo salernitano, leggerà e commenterà alcuni brani dei Manoscritti economico-filosofici del 1844 di Karl Marx, soffermandosi in particolare sulla centralità della categoria di lavoro. Vi parteciperanno studenti provenienti dai licei del territorio, ai quali sarà anche data l’opportunità di effettuare una simulazione del test di ingresso al corso di studi in Filosofia del Dispac, unitamente ai docenti Lucia Cafaro, Elena Magaldi, Beatrice Sica, Camillo Testa (Liceo Da Procida, Salerno), Katia Grisi (Liceo Da Vinci, Salerno), Nello De Bellis (Liceo De Sanctis, Salerno), Rosa Annunziata, Giovanna Troisi (Liceo Regina Margherita, Salerno), Guido Cantillo, Rosa Noce, Donatella Perrotti, Giovanni Battista Rimentano (Liceo Severi, Salerno), Mariagrazia Crapis (Liceo Tasso, Salerno), Maria Concetta Di Giaimo (Liceo Gatto, Agropoli), Giuseppe D’Antonio (Liceo Genoino, Cava de’ Tirreni) Lucia Naddeo (IIS Galdi, Cava de’ Tirreni), Ugo Concilio (Liceo Mangino, Pagani). Il confronto di Marx con la filosofia hegeliana, attraverso la mediazione della sinistra hegeliana e di Ludwig Feuerbach (cui Marx dedica le Tesi poi pubblicate postume da Friedrich Engels), conosce una tappa importante nei Manoscritti economico-filosofici, composti nel 1844 e poi pubblicati solo nel 1932. Già da qui – sono del resto gli anni in cui inizia il sodalizio con Engels, con cui Marx scriverà a breve la Sacra Famiglia, sarcastica critica delle idee di Bruno Bauer – possiamo individuare la genesi e la formazione di quelle che saranno le idee e gli strumenti metodologici fondamentali de Il Capitale. In particolare, è il concetto di “alienazione” e la sua applicazione al mondo del lavoro che permette a Marx di innovare profondamente la filosofia post-hegeliana, contrapponendosi all’impostazione del predecessore e “smascherando” alcuni falsi concetti dell’ideologia borghese. L’analisi di Marx parte appunto dal concetto che, nel lessico di Hegel, indicava il fondamentale passaggio dialettico per cui lo Spirito si oggettivizza nella realtà. Se già in Feuerbach “alienazione” conosce un significativo mutamento semantico (identificando il processo per cui l’uomo proietta su Dio qualità sue proprie), qui la rottura – o meglio, il capovolgimento – del processo tesi-antitesi-sintesi della Filosofia dello Spirito è ancor più netta. Ponendo al centro la figura nuova – sia dal punto di vista sociale che economico-produttivo – dell’operaio, Marx afferma che “alienazione” non è (solo) un concetto filosofico, ma “un fatto economico, attuale”; da essa dipende concretamente la sorte vitale di chi lavora, le sue stesse possibilità di esistenza e sopravvivenza. Da qui, cambiano completamente i rapporti tra lavoratori, merce, e “messa in valore” del mondo. In primo luogo, bisogna dire che una lettura dei Manoscritti non può che riportarci all’attualità del concetto marxiano di alienazione. L’alienazione concerne l’insieme della produzione capitalistica. Nella società del mercato, lo scambio dei prodotti richiede, di fatto, l’eguagliamento dei diversi lavori dei produttori. Ma il lavoro umano eguale o astratto, che è presupposto e risultato dello scambio, implica che la forza lavorativa umana sia considerata e calcolata a prescindere dagli individui reali. In tal modo, la forza lavorativa viene trasformata in un’entità a sé, diviene cioè valore delle merci, qualcosa d’indipendente dai produttori e che li fronteggia e li domina. L’alienazione culmina, per Marx, nel lavoro salariato, cioè nello scambio tra capitale e lavoro, dove il capitale, che è un prodotto del lavoro, appare assoggettare e soggiogare a sé ciò da cui deriva e il lavoratore diventa una semplice appendice di ciò che esso stesso ha prodotto. Al tempo di Marx non esisteva ancora l’attuale lavoro flessibile e precario, la valorizzazione capitalistica non si era ancora estesa mediante la manipolazione pubblicitaria dell’intero “mondo della vita” (Husserl), la famiglia e la sessualità non erano ancora state “liberalizzate”, ciononostante il raggio sociale del concetto di alienazione da lui disegnato nei Manoscritti resta sempre attuale. In secondo luogo, resta il fatto incontrovertibile che nei Manoscritti c’è la “prova provata” che il ventiseienne Marx si considerava e si “autocertificava” come “comunista”, un dato filologico incontestabile, su cui concordano tutte indistintamente le scuole “marxiste”.