Attentato di Firenze, non fu camorra - Le Cronache Giudiziaria

Firenze/Nocera Inferiore. Tre condanne confermate senza aggravante mafioso. Si è chiuso il processo bis a Firenze per i mandanti dell’attentato del febbraio 2021 al ristorante di Firenze “Pizza, cozze e babà“, di proprietà dei fratelli Cuomo di fronte alla stazione Leopolda. L’agguato era consistito nel far esplodere il bandone dell’esercizio commerciale, a scopo intimidatorio. La deflagrazione si verificò intorno alle quattro del mattino del 23 febbraio di tre anni fa. I giudici fiorentini di secondo grado hanno condannato, confermando le pene dell’abbreviato davanti al gup toscano Mario Tortora, 31 anni, Luigi Vicidomini, 39, e Marco Iannone, 40 anni. Tutti originari di Nocera Inferiore e tutti accusati per la Dda fiorentina oltre che di danneggiamento, detenzione e porto illeciti di esplosivi, dell’aggravante di aver agevolato il clan mafioso di quelli di Piedimonte. A Tortora e Vicidomini il gip aveva inflitto quattro anni. Tre a Iannone. Le indagini delle Sezioni Investigative del Servizio Centrale Operativo (Sisco) e della squadra mobile di Firenze avevano portato la procura distrettuale antimafia ad identificare in Sabato Marinello e Luigi D’Auria (condannati anche loro) gli esecutori materiali del “botto“. I tre (assistiti dagli avvocati Gregorio Sorrento e Giovanni Annunziata) giudicati ieri sarebbero stati invece i mandanti. In particolare, Vicidomini avrebbe finanziato la spedizione fiorentina dei due esecutori con Tortora che avrebbe procacciato l’esplosivo necessario. L’esplosione, avevano ricostruito ancora le indagini, doveva servire a colpire i fratelli Luiigi e il Ras Michele Cuomo, clan in conflitto con quelli di Piedimonte che era emigrato a Firenze per avviare nuovi business e trovare nuove risorse per cercare di recuperare lo svantaggio con i rivali. Ma l’arrivo dei Cuomo non era sfuggito alle antenne dei servizi investigativi. E infatti, c’era già una telecamera puntata sull’ingresso di “Pizza, cozze e babà“, che oltre a riprendere i presunti traffici della famiglia (oggetto poi di un’altra operazione della Dda), inquadrò anche l’esplosione che danneggiò il bandone e l’ingresso del locale, inaugurato poche settimane prima. Ora la sentenza bis senza l’aggravante mafioso.