di Salvatore Memoli
Se non mi assalisse il dubbio che l’espressione è abusata direi che abbiamo ancora bisogno di un Anno Zero. Senza nessuna forzatura politica, senza risentimenti e senza annullare la storia che continua ad invaderci con comportamenti contraddittori, ondivaghi ed inquietanti di un’umanità che ha perduto la bussola. Perché non credere che dobbiamo dire la nostra e sperare di essere capaci di riflessioni autentiche non compromesse da interessi o dalle mode di un pensare per schemi?
> Abbiamo bisogno di cambiare mentalità, di essere coraggiosi, di sporcarci le mani per salvare la vita di tutti. Fingiamo di non accorgercene che il mondo è alla deriva, che la morte raccoglie i suoi successi tra vittime deboli ed innocenti! La guerra non è mai un atto di litigiosità sopportabile, è strage quotidiana di chi non c’entra, di chi non ha deciso niente, di chi non può difendersi e non riesce a sottrarsi alle angherie decise da prepotenti. Da una e dall’altra parte. La guerra in Ucraina e Russia, in Palestina e Israele e tutte le guerre, focolai di ingiusto odio, hanno un comune denominatore: le armi! Le armi con cui si combattono i fronti che consumano il più pregevole prodotto delle industrie belliche. Le armi che servono a fare la fortuna di chi vive altrove, di chi s’ingrassa sulle disgrazie dell’umanità.
> Ognuno la racconta come vuole. Gli Stati, i partiti politici, le centrali di grandi economie e dell’informazione. La cosa più inaccettabile è il genocidio di popoli che sono sottoposti alla violenza di una guerra che non volevano e che a ogni costo gli impongono di accettare, capire, rafforzare, in nome di un futuro che, forse, non vedranno mai.
> Le disamine sono lunghe, difficili da spiegare e capire. Come si può raccontare il diritto palestinese a non essere privato del suo territorio e della sua storia? Come ricordare che Putin non voleva che la Nato si appostasse con le sue armi a ridosso del suo confine nazionale? Ci saranno sempre altre verità che confondono le idee e che racconteranno altre ragioni. Le guerre in Europa e nel Medio Oriente non hanno presupposti di ragionevolezza. Nessuna guerra ha una ragione da difendere che le permette di uccidere gli Indifesi. Perchè le guerre non se le combattono i politici? Dovrebbero scontrarsi tra di loro, impegnare le loro vite. Un pò come la disfida di Barletta, evitare gli eserciti, le armi e gli armamenti che sconfinano nel nucleare.
> Ma le guerre sono fatte da potenze economiche che rispondono a leggi di sopraffazione, di potenza militare e di risultati economici. In questa lotta c’entrano tutti, nessuno escluso. Che dire di un’Europa politica che non esiste, che non ha testa per far valere la sua autonomia ed indipendenza? Che dire di un’America Stati Uniti che combatte le guerre per procura sui suoli lontani? Su tutto s’infiltra la logica delle armi impegnate che sono di tutti e che non permettono di dare nemmeno al Vaticano la patente pacifista?
> Bisogna guardarci dentro alla storia ed alle economie dei belligeranti. Tutti proni alle richieste dell’ex comico a capo dell’Ucraina alla ricerca di armi. Sono tutti interessati a piazzare le armi che loro producono e che consentono fatturati industriali che accrescono il Pil. In testa gli Stati Uniti e poi nelle primissime posizioni la stessa Italia, quella che “ripudia la guerra”. Un’Italia che si colloca dal settimo al quarto posto con i suoi fatturati in Egitto, Quatar, Turchia, Turkmenistan e Kuwait e con le due aziende leader Lonardo ( al 13mo posto) tra le cento aziende produttrici di armi e servizi militari nel mondo e Fincantieri al 47mo posto.
> Gli USA restano il primo paese al mondo per spesa militare, seguito dalla Cina. L’Europa è terza, insidiata dalla sola Gran Bretagna. Con cifre molto lontane dalle capoliste c’è la Russia di Putin e molto dopo la stessa Ucraina.
> Il valore globale del mercato mondiale delle armi è prossimo ai 600 bilioni di dollari!
> Sono valori che parlano da soli e che condizionano la vita dei popoli.
> Per tornare ad un Anno Zero, cioè un anno che può anticipare la pace nel mondo occorre alzare la voce contro la corsa alle armi. Occorre rivalutare i bisogni della gente, ricostruire e sostenere uno stato sociale dal volto umano: sanità, servizi, pensioni, al posto di armi.
> Il Vaticano avrebbe potuto alzare la voce ed indicare la strada con un felice ecumenismo religioso contro la cultura della fabbrica delle armi. Ma il Vaticano soltanto da qualche anno ha dovuto dare delle precise istruzioni ai suoi organismi con precise posizioni: “No ad attività connesse a armi, porno e farmaci contraccettivi”! Il che la dice chiara su che cosa si faceva prima con le partecipazioni finanziarie con soldi della Chiesa nel mondo della morte!