Il 19,1% delle abitazioni della Campania è situato in aree ad elevata criticità idrogeologica: si tratta di 451.132 residenze, il 15,7% del patrimonio residenziale complessivo italiano. La popolazione campana residente in aree a rischio idrogeologico, ammonta a 409.941 nuclei familiari, per un totale di 1.097.646 abitanti: il 19% dei residenti in Campania.
I dati emergono dall’elaborazione effettuata dal Centro Studi ANCE Salerno sulla base del report del Centro Studi nazionale ANCE diffuso nei giorni scorsi, che ha analizzato i flussi statistici Cresme, Istat, Ministero dell’Ambiente.
Se si prendono in considerazione gli edifici in valori assoluti, si tratta di 166.243 strutture edilizie. In questo caso gli edifici a rischio in Campania incidono per il 15% sul totale nazionale. Dal punto di vista della superficie territoriale 2.598 km2 del territorio campano ricadono in aree ad elevata criticità idrogeologica.
La problematica investe 504 Comuni della Campania, che equivalgono al 91,5% del totale. In termini di incidenza percentuale sul totale dei Comuni italiani l’indicatore si attesta al 7,6%.
Le regioni Obiettivo Convergenza
Se si analizzano gli indicatori statistici relativi al patrimonio residenziale nelle aree ad elevata criticità idrogeologica (2013) nelle quattro Regioni Obiettivo Convergenza (Campania, Calabria, Puglia, Sicilia), facendo riferimento alle abitazioni si raggiunge il 23,3% delle unità abitative a rischio presenti in Italia. I numeri, però, rispetto alla Campania sono molto più contenuti in Puglia (94.664 abitazioni pari al 4,6% del totale regionale); Calabria (94.361 abitazioni pari al 7,8% del totale regionale); Sicilia (29.442 abitazioni pari all’1,1% del totale regionale). Complessivamente le abitazioni a rischio nelle Regioni Obiettivo Convergenza sono 669.599. Dal punto di vista percentuale la Puglia incide per il 3,3% sul totale Italia, come la Calabria; la Sicilia per l’1%. Per quanto concerne le famiglie residenti ammontano a 566.422: 409.941 in Campania; 71.497 in Puglia (4,5% sul totale); 62.548 in Calabria (7,8%); 22.436 in Sicilia (1,1%). Complessivamente le famiglie residenti nella Convergenza sono il 23,1% del totale nazionale (2.453.218, 9,5%).
Se si quantifica la popolazione residente in aree ad elevata criticità idrogeologica nelle regioni della Convergenza, si arriva a 1.487.119 abitanti. Dietro la Campania (1.097.646) si ritrovano: Puglia (181.508, 4,5% sul totale dei residenti); Calabria (153.164, 7,8%); Sicilia (54.801, 1,1%). I Comuni all’interno delle regioni della Convergenza che – almeno per una “porzione” del territorio di propria competenza – rientrano nelle aree a rischio sono 1.388 ed incidono per il 20,9% sul totale dei Comuni italiani. Dietro la Campania (504 Comuni) si posizionano: Calabria (409), Sicilia (275), Puglia (200). Se si tiene conto della superficie territoriale considerata a rischio, dietro la Campania seguono: Puglia, 1.372 km2; Calabria 1.157 km2; Sicilia 830 km2 per un totale complessivo (inclusa la Campania) di 5.957 km2. Totale che incide per il 20,2% sul dato complessivo nazionale.
«Bisogna accelerare la spesa dei fondi strutturali e rimuovere il patto di stabilità interno: due priorità ineludibili per affrontare un quadro emergenziale allarmante – dichiara il presidente di ANCE Salerno, Antonio Lombardi – Siamo di fronte ad una situazione emergenziale che non ha bisogno di ulteriori approfondimenti. I numeri parlano chiaro. Anche in questo caso la priorità resta l’accelerazione della spesa ed in particolare il rapido utilizzo a livello delle singole Regioni del fondo di 1,6 miliardi di euro disponibili e già autorizzati in termini di cassa con la Legge di Stabilità».
«Ma solo questo intervento – continua ancora il presidente Lombardi – non può bastare. Occorre individuare subito nuove risorse per abbattere il rischio idrogeologico. Vanno spesi celermente i fondi europei e bisogna attivare il Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020. Non si può più perdere tempo: è indispensabile escludere gli investimenti per la prevenzione dal Patto di Stabilità interno degli Enti Territoriali. Le priorità che l’Ance segnala da tempo sono ben chiare: tempestivo l’utilizzo dei fondi da parte degli enti finanziati; appalti entro 60 giorni per i progetti prioritari, ed attribuzione dei fondi ad un altro soggetto attuatore in caso di inadempienza; gare trasparenti e veloci. Da parte delle imprese occorre lavorare per rendere più ampio ed operativo il tessuto delle aziende specializzate. In tempi di perdurante crisi del comparto delle costruzioni proprio la qualità ed il know tecnico/professionale sono in grado di fare la differenza».