di Carmine LANDI
BATTIPAGLIA. S’è tenuto ieri pomeriggio a Roma l’incontro che avrebbe dovuto decidere le sorti future della Btp Tecno, azienda distrutta dalla gestione dell’ex-patron, Gian Federico Vivado. Avrebbe, perché, di fatto, non è andata affatto così.
Di concreto, infatti, continua a non esserci nulla: non arrivano documenti ufficiali, né tantomeno carteggi che testimonino effettivamente un reale interessamento da parte della Q.S.E., al di là delle facili illazioni e delle poche speranze che i lavoratori serbano ancora.
Il dottor Libè, delegato italo-spagnolo, che rappresenta nella penisola italiana gli interessi di Qaser Saadel El Garradi, proprietario della Q.S.E., l’azienda libico-algerina legata alla multinazionale “Sonatrach” che pare intenzionata ad acquisire lo stabilimento di via Bosco II, ha incontrato all’interno del palazzone capitolino del Ministero dello Sviluppo Economico il funzionario ministeriale, Giampietro Càstano, e la vecchia proprietà.
Nell’ordine, dalla Q.S.E. hanno confermato l’impegno ad acquisire tutti gli asset e le strutture battipagliesi, la volontà di far ripartire l’attività industriale e di richiamare al lavoro tutti – anche se, nel corso dell’ultimo incontro con i delegati sindacali, si parlò di 60/70 uomini – i dipendenti della Btp Tecno, e l’onere di dare al Ministero piena evidenza circa ogni passaggio che verrà fatto per riuscire a perseguire i suddetti obiettivi.
Di fatto, però, non c’è ancora una data; non si capisce con quale tempistica i libici siano intenzionati a portare avanti la trattativa, né tantomeno in base a quali calcoli facciano previsioni simili, dal momento che non sono entrati affatto in contatto con la realtà della fabbrica battipagliese e non sono a conoscenza di quanto il tempo che impietosamente scorre stia sottraendo attività alla Btp Tecno.
Pare che il liquidatore dell’azienda, Giuseppe Toia, che vuole essere pagato, abbia detto di non voler avere più nulla a che fare coi lavoratori della Btp, e, coi fatti, sta dimostrando di essere tristemente determinato a portare avanti la propria scelta: in seguito alla stipula del contratto di solidarietà – che fu valido da settembre 2014 fino alla fine dello scorso anno – è arrivato in questi giorni il decreto ministeriale che accorda la solidarietà ai lavoratori.
L’erogazione del contributo, tuttavia, è prerogativa dell’Inps, che, però, non provvede al pagamento perché dall’azienda non sono ancora arrivati i dati anagrafici dei dipendenti; oltre agli statini, poi, non sono state portate avanti neppure le procedure per beneficiare degli ammortizzatori sociali.
Oltre al danno della smobilitazione, insomma, i poveri lavoratori della Btp si ritrovano costretti a subire anche la stizzosa beffa di chi non concede serenità neppure nelle ultime ore di vita di un’azienda che per anni è stata un vero e proprio colosso del meridione italiano.
Anche l’indotto, nel frattempo, continua ad essere brutalmente rosicchiato un po’ alla volta: un’altra decina di persone, infatti, sbaraccherà entro la fine del mese. Si tratta dei collaboratori della mensa, che la Compass Group – la grande azienda che gestiva il servizio all’interno dei capannoni di via Bosco II – non ha affatto dirottato su altri appalti, come invece si vociferava all’inizio: pare, infatti, che ai poveri impiegati della mensa sia già stata recapitata la lettera di licenziamento. Lo stesso discorso vale per gli operatori delle pulizie: la Btp, insomma, sta morendo, e, stando a quanto emerso dall’incontro di ieri a Roma, pare che gli acquirenti ne stiano semplicemente prolungando l’agonia.
I lavoratori restano in presidio permanente: alle 11 di stamattina, allora, Giancarlo De Leo, Sergio Galluzzo (Fim Cisl), Paola Trimarchi e Fiorenzo Veneri (entrambi Fiom Cgil) terranno un’assemblea sindacale dinanzi ai cancelli della Btp per informare tutti circa le ultime da Roma.