Gli scacchi ceramici dell’artista di Montecorvino Rovella sono ospiti da stasera sino al 17 febbraio del museo Madre di Napoli, nella personale “La scacchiera impossibile”
Di Olga Chieffi
Il gioco degli scacchi nel corso della storia è stato preso in esame sotto diversi punti di vista ed è stato analizzato sotto molteplici prospettive, la storia, la psicologia e la tecnica del gioco hanno avuto influenza sulle discipline più disparate. “L’eternità è un fanciullo che gioca, muovendo i pezzi sulla scacchiera: di un fanciullo è il regno.” (Eraclito frammento 123). Ordine, possibilità, necessità … arbitrio. Lo spazio cosmico si eleva a scacchiera, ogni singola esistenza si riduce ad una partita fra le tante. Lo spazio nella sua totalità è dato dalla somma di ogni spazio singolare. La scacchiera universale è l’apoteosi di tutte le partite giocabili. Il divenire è un gioco, un eterno gioco dove nulla permane se non il tutto stesso. Per Marcel Duchamp, capitano della nazionale francese di scacchi, i pezzi degli scacchi “sono l’alfabeto che plasma i pensieri, e questi pensieri esprimono la bellezza astrattamente C’è un fine mentale implicito quando si guarda l’ordine dei pezzi sulla scacchiera. La trasformazione dell’aspetto visivo in materia grigia è una cosa che avviene sempre negli scacchi e che dovrebbe avvenire nell’arte”. Ad accoppiare il binomio scacchi-arte, in un’estetica tutta personale su di una scacchiera impossibile è Raffaele Falcone, che sarà ospite del Madre da stasera sino al 17 febbraio, in un’esposizione a cura del figlio Valerio Falcone e Andrea Viliani, prima tappa delle celebrazioni dei 100 anni di attività della Fornace, che vedranno le opere ceramiche al centro di tre mostre in tre musei d’arte contemporanea italiani. Sono trentadue il pezzi degli scacchi, gli otto pedoni, le due torri i due cavalli, i due alfieri, la regina e il re nei due schieramenti, i bianchi e i neri, che Raffaele Falcone ha realizzato in ben nove anni di lavoro, sin dal 2011, in occasione delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, Falcone ha realizzato il primo elemento della sua scacchiera, presentato in occasione di Italia 150°, mostra collettiva presso le OGR-Officine Grandi Riparazioni di Torino dedicata alle produzioni originali di matrice artigianale e all’eccellenza italiana in questo settore produttivo e creativo, ove presentò il primo dei 32 scacchi un oggetto, a cui viene negata la destinazione funzionale proprio per far emergere le peculiarità estetiche e conoscitive intrinseche nella materia ceramica e nei suoi articolati processi di elaborazione manuale. Questa e le successive opere in maiolica de La Scacchiera Impossibile sono realizzate con la tecnica a “colombino”: benché permetta di modellare qualsiasi forma – anche e soprattutto, come in questo caso, la più imponente e complessa – essa necessita da parte dell’autore di un esercizio di precisione e dedizione, che ha origine dal trattamento stesso della lastra di argilla. I “colombini” sono i lunghi rotolini che vengono sovrapposti e attaccati uno sull’altro, operando dalla base fino a raggiungere le altezze e le fattezze desiderate, prima della cottura in forno a 970° o, come per alcuni degli elementi che compongono “La Scacchiera Impossibile”, prima della finitura con lustri metallici cotti a “a terzo fuoco”. La scacchiera prodotta da Raffaele Falcone per il museo Madre, che l’artista definisce, oltre che impossibile, anche insana, nasce come dalla “terra-madre”, con i suoi respiri, flussi e campi energetici, ponendosi in uno spazio-tempo fragile e sospeso tra la realtà e il simbolo: anche il ceramista, “come ogni scultore… può dare vita alla materia”, dichiara Falcone e, nel caso della ceramica, ciò avviene attraverso la trasformazione di un materiale particolarmente fragile e delicato. Definendo un operare che si può interpretare quale tentativo di resistenza al tempo, di riformulazione dello spazio, di ricreazione della materia naturale, e quale disseminazione di segni affascinanti che rappresentano la possibilità stessa di non limitarsi alla propria sola esperienza, ma di aprirsi e accogliere in essa le molteplici e mutevoli esistenze della materia viva e della conoscenza antropologica, che essa restituisce attraverso il “fatto a mano” dell’artista-ceramista. Il giocatore di scacchi determina la realtà della partita man mano, mossa dopo mossa. Prima della mossa la realtà della partita esiste solo in potenza, crea la partita nel momento stesso in cui la gioca è l’artista. Ma se si presenta a noi una scacchiera rigorosamente ordinata, senza che nessun pezzo sia stato mosso dal punto di partenza, ci sorge alla mente che su quella scacchiera esistono già scritte le partite giocabili proprio come una statua è già nel marmo che la contiene. Ma se la partita esiste già sulla scacchiera il giocatore la crea realmente oppure diventa vittima della scacchiera e fa il suo gioco? La scacchiera impossibile potrebbe usare il giocatore e i pezzi come mezzo per fondare la sua ragion d’essere e giocare con se stessa.