di Erika Noschese
C’è anche Salerno tra le quattro città europee che, seppur in via sperimentale, stanno portando avanti il progetto Renventing Cities, il programma internazionale coordinato dal network C40 Cities per il riutilizzo dei beni comuni, lasciati in stato di abbandono. A puntare l’attenzione sul “caso Salerno” il Sole 24 Ore secondo cui il capoluogo rientra tra le quattro città europee, insieme a Rijeka (Croazia), Västra Götaland (Svezia) e Amsterdam (Olanda), dove università ed enti locali stanno elaborando insieme alle comunità di riferimento azioni concrete per il riuso funzionale e sostenibile del patrimonio. In particolare, a Salerno da un anno circa è stato attivato un laboratorio di consultazione e co-progettazione a cui partecipano sia associazioni – che già operano nell’ambito della rigenerazione urbana – sia imprese, banche, Mibact e Soprintendenza, il Comune e il Demanio. Quest’ultimo, infatti, sarebbe proprietario della maggior parte dei beni abbandonati e che, di fatto, sono parte integrante del progetto. L’obiettivo, al momento, è quello di elaborare un Piano di Azione per il riuso del patrimonio da proporre all’amministrazione comunale sul modello di altre città europee: Parigi, Amsterdam, Rotterdam, Glasgow, Amburgo, Marsiglia, Lisbona. Tra le proposte avanzate all’amministrazione comunale di Salerno – sulla base della regolamentazione dell’affidamento e del riutilizzo del patrimonio abbandonato, secondo la logica della sussidiarietà orizzontale – il modello Bologna basato sul “baratto amministrativo”, ovvero un istituto di partecipazione in cui i privati perseguono interessi pubblici. Il baratto amministrativo, introdotto con il Decreto Sblocca Italia (2014), rappresenta di fatto uno scambio concreto di servizi tra il Comune e i cittadini, che si mettono a servizio del territorio per la sua tutela e valorizzazione attraverso attività di decoro urbano o iniziative culturali in cambio dell’affidamento dell’area o di un’agevolazione fiscale, se indicate dalla previsione di spesa annuale. «L’obiettivo macro di tutto il progetto Clic è proprio quello di elaborare strumenti a supporto dei processi decisionali degli investitori pubblici e privati che spesso non considerano utilizzabile questa porzione di immobili, ma anche a supporto delle imprese e delle startup creative che, invece, trovano nei siti del patrimonio culturale un importante fattore di localizzazione delle proprie attività», ha spiegato il professore Luigi Fusco Girard, coordinatore scientifico di Clic. Il Comune di Salerno, dal canto suo, ha stanziato – per l’anno 2020 – 23 milioni di euro dalle risorse del Por Fesr Campania 2014/2020 (Programma Integrato Città Sostenibile) per la ristrutturazione di una parte dei 49 beni culturali abbandonati, e mappati dal progetto Clic, che saranno destinati alla vendita o alla locazione di nuove attività commerciali o culturali, gestite sia dal pubblico che dai privati. In sintesi, infatti, Clic ha l’obiettivo di definire gli strumenti utili a favorire la rigenerazione del patrimonio nella prospettiva dell’economia circolare che, come spiega la coordinatrice del progetto Antonia Gravagnuolo, offre un punto di vista tutto nuovo nell’ambito della gestione culturale.