di Andrea Pellegrino
Flop del piano rifiuti della Campania. Il Ministero dell’Ambiente ha, infatti, bocciato il piano approvato dalla giunta De Luca e recentemente licenziato anche dal Consiglio Regionale della Campania. La nota del Ministero dell’Ambiente è del 29 dicembre ed è invitata all’attenzione del Direttore generale del settore ambiente Michele Palmieri e del vicepresidente con delega all’ambiente Fulvio Bonavitacola. D alla relazione ministeriale emergerebbero vizi di legittimità. Al punto che si chiedono chiarimenti rispetto a quanto approvato dalla Regione Campania, prima di incappare in impugnative nelle sedi preposte. Insomma arriva una nuova mazzata per Vincenzo De Luca. Nonostante i continui slogan del governatore, da Roma arrivano ben altre notizie. E dopo la sanità, tocca, dunque, all’ambiente. Bocciata la raccolta differenziata ed il conseguente conferimento in discarica, che tra l’altro potrebbe provocare nuove sanzioni da parte della Comunità Europea che ha già pesantemente colpito la Regione Campania. Scarsa anche l’impiantistica – sempre secondo il Ministero dell’Ambiente – e preoccupante è il ricorso a conferimenti extraregionali. «Da una prima valutazione – si legge – parrebbero, dunque, emergere profili di illegittimità del piano regionale dio gestione dei rifiuti di recente approvato». In particolare: «Il piano approvato con delibera di giunta regionale del 6 dicembre scorso non prevede la realizzazione di nuove capacità di incenerimento e prevede un incremento di fabbisogno di discarica». Inoltre, «non c’è stato un incremento della raccolta differenziata. Nell’ultimo biennio si è per di più registrato un freno alla percentuale di raccolta differenziata che nel 2015 è cresciuta solo dell’0,9%. Si tratta di un dato in forte contrasto con le previsioni del Piano, secondo le quali si dovrebbe raggiungere il 65 per cento nel 2020». Dunque, a conti fatti, la percentuale in aumento annua dovrebbe essere di quasi 4 punti percentuali. Dunque, il Piano non sarebbe in linea con la normativa nazionale e con quella europea e metterebbe nuovamente a rischio l’Italia rispetto a sanzioni. «Le sentenze della Corte di giustizia europea che hanno condannato la Repubblica Italiana con riferimento alla gestione dei rifiuti nella Regione Campania fondano il loro presupposto sull’assenza di una adeguata rete di impianti nel territorio regionale tale da garantire il rispetto del principio dell’autosufficienza nel trattamento e nello smaltimento dei rifiuti urbani prodotti». Il Piano era stato fortemente contestato dall’ex assessore regionale all’ambiente Giovanni Romano e dall’ex governatore Stefano Caldoro. Sostanzialmente il ministero dell’Ambiente, secondo i due esponenti, avrebbe confermato tutte le loro preoccupazioni: «E’ del tutto evidente che le percentuali di raccolta differenziata sulle quali è stato dimensionato e redatto l’aggiornamento del Piano non sono raggiungibili e ciò comporterà una maggiore produzione di rifiuti indifferenziati e, di conseguenza, un fabbisogno impiantistico completamente diverso da quello ipotizzato nell’aggiornamento del Piano. In particolare, il fabbisogno di discariche (conseguenza diretta della scelta politica di non prevedere nel Piano la realizzazione dell’impianto di termovalorizzazione di Salerno già appaltato e considerato strategico dal Governo Nazionale) va ben oltre le 800.000 tonnellate previste nel periodo transitorio arrivando sostanzialmente a raddoppiarsi. Basti pensare che solo nel 2016 è previsto uno fabbisogno di discarica in Regione ed impianti di incenerimento fuori Regione pari a circa 500.000 tonnellate». Ancora dicono gli esponenti dell’ex giunta regionale: «Dal 2015 la raccolta differenziata dei rifiuti urbani è praticamente ferma e assolutamente non in linea con le previsioni (dati ISPRA) in controtendenza alla significativa crescita nel periodo 2010-2014». Inoltre, spiega Giovanni Romano: «Le risorse finanziarie complessive per attuare il Piano proposto ammonterebbero a circa un miliardo di euro a fronte del finanziamento accordato di 450.000.000 di euro. Un’ultima osservazione va fatta sui tempi di esecuzione di detto Piano che, stando a quanto è avvenuto in questi primi sei mesi, necessiterebbero di almeno 10 anni». Ora gli uffici regionali dovranno fornire, entro i termini stabiliti, le loro controdeduzioni, prima che il ministero provveda ad impugnare il piano nelle sede previste.