Una sirena a Sicilì - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Una sirena a Sicilì

Una sirena a Sicilì

Una sirena a Sicilì

Grande successo per la serata bandistica alla sua ventesima edizione che ha salutato sul podio la splendida direttrice Susanna Pescetti

 

Di OLGA CHIEFFI

Con la luce dorata di fine agosto, ritorna la serata bandistica nella raccolta piazza di Sicilì, quasi un anfiteatro naturale con il palco elevato sotto il centenario noce dai frondosi rami illuminati, a far da cassa armonica naturale. Un appuntamento attesissimo dai bandofili della zona, nonché dagli accesissimi critici di questo genere ai quali andrebbe sempre dedicata la marcia “A voi brontoloni!”, di Ernesto Abbate da intendere un po’ come il numero del Carnevale degli animali di Camille Saint-Saens, “Gli animali dalle lunghe orecchie”, dedicato agli sferzanti recensori musicali, fortemente voluto ed organizzato dal sindaco Cono D’Elia, di concerto con l’attivissimo Giannino Romanelli, e il “presentatore” Giuseppe Cangiano, il quale quest’anno ha miracolosamente citato il viaggio di Lenin in Italia nel 1908 con la sua breve vacanza a Napoli e Capri sposandolo con “Il dono” di Vladimir Nabokov in cui si legge come il rivoluzionario russo singhiozzasse sulle pagine di Traviata. La giornata è iniziata con l’arrivo del Gran Concerto bandistico “Città di Conversano Giuseppe Piantoni”, con il suo direttore artistico Enzo Blaco, che ha proposto un allegro matinée composto di celebri marciabili, sicuramente le pagine più adatte a questa formazione, “Cuore Abruzzese”, “Vette d’Abruzzo”, “Annina”, “Maggiolata”, “Armonie della foresta”, “Afrodite” e “Visciano in festa”. Affollata ed eterogenea platea la piazza per la serata, che ha salutato sul palco una ammaliante sirena, Susanna Pescetti, docente di pianoforte principale al Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia, da sempre ammiratissima direttrice d’orchestra. Sguardo magnetico, gesto chiaro e comunicativo, ama scendere dai tacchi quando dirige, non usa la pedana, ma una striscia di tappeto persiano per “sentire” fisicamente le vibrazioni della formazione che dirige, un gesto questo che vede diverse imitatrici e titolatissime “sbacchettanti”, che non posseggono né il carisma musicale, tanto meno il physique du role che vanta la bella Susanna. Esordio, dopo la marcia sinfonica di prammatica, con un omaggio a Giuseppe Verdi, affidato all’esecuzione delle ouverture de’ I Vespri Siciliani e del Nabucco, per finire con il celebrato galop del Guglielmo Tell di Gioacchino Rossini, sulle cui note la banda e il pubblico si sono lasciati trasportare da quella concentrazione d’energia che è in queste partiture e che le fece esplodere come una bomba ad alto potenziale nei nostri teatri risorgimentali. Poi, una fantasia sulla Traviata. La Pescetti ha l’istinto e la razionalità dei giusti tempi, sia in senso strettamente musicale, sia sotto il profilo drammatico sia, infine, nel rapporto con la tradizione; la sua tendenza alla sobria o concitata serratezza si accompagna alla rara capacità di dar aria al canto, nel rallentare e impellere in ciò che è accompagnamento solo di nome. Ed ecco Cavalleria Rusticana, con i diversi movimenti dei temi contrastanti, i modi arcaici evocativi delle melodie, i temperamenti offerti dallo scivolio cromatico, ricchi di intenzione i colori chiari della natura, rispecchianti quelli della fatalità amorosa e gli oscuri pugni delle percussioni e dei bassi che muovono il sangue, sino al breve intermezzo che si espande rinforzando ondeggiando, come il vento e gli stessi sentimenti umani, fluttuando per i loro ciechi labirinti. C’era la luna a Sicilì e con un piccolo cambiamento di programma è diventata celtica con “Casta diva”, sublime com’è, è tesa lì, al principio dell’opera, come un trabocchetto al flicornino protagonista, il quale vi si avanza come un acrobata sulla fune, tra la sospesa attenzione dell’uditorio, pronto a condannare ogni pecca d’intonazione e indecisione nei fiati e nel fraseggio, come giustamente ha fatto applaudendo calorosamente Antonio Cicerone. Susanna Pescetti è Carmen. Il suo stile è perfetto per queste pagine, con la sua straordinaria duttilità e nella capacità di adattarsi e di esaltare, nello stesso tempo, ogni situazione drammatica, suscitando da sempre punte di autentico e giustificato entusiasmo. Il finale sfarzoso con le trombe egiziane di Aida e le luci abbaglianti di Turandot hanno concluso la splendida serata: seduti a tavola con le prelibatezze enogastronomiche del luogo e i maestri il racconto del sogno del sindaco di organizzare una tre giorni, con la banda in testa!