De Gasperi "il costruttore" dell'Italia nel libro di Antonio Polito - Le Cronache Ultimora
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De Gasperi “il costruttore” dell’Italia nel libro di Antonio Polito

De Gasperi “il costruttore” dell’Italia nel libro di Antonio Polito

di Antonio Manzo

“De Gasperi aveva ragione”, si udì tra la folla stipata quel giorno del giugno 1974 all’ingresso della sede storica della Dc a Roma, palazzo Cenci Bolognetti. Per rendersi conto del “mito” di De Gasperi fra i democristiani e non solo tra questi è sufficiente aver ascoltato l’esclamazione nostalgica uscita dalle labbra e dal cuore da chi ebbe il piacere di ascoltarla all’indomani della sconfitta del referendum sul divorzio. Era un affermazione emozionale, insuscettibile di ogni riscontro, ma pur sempre significativa della enorme fiducia riscossa da quest’ ”uomo solo” che ricostruì’ l’Italia e che male avrebbe tollerato il nuovo storico steccato per il rapporto con la Chiesa e il mondo cattolico per l’affermazione degli italiani che rivendicarono con il voto un diritto civile. Si era nel 1974, ad appena venti anni dalla scomparsa del leader della Dc, e l’invocazione del popolo democristiano sarebbe stata una lezione di De Gasperi ai politici del tempo che sarebbero poi divenute, su altri temi, cinque domande ai politici di oggi come costringe a fare Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera, con il suo bel libro significativamente intitolato “Il costruttore”. Serve, il libro, e Polito lo riscontra fisicamente nelle presentazioni con comprensibili toni divulgativi che ai millennials diventa facile far capire cosa è stato e, soprattutto, cosa ha fatto nella storia del Novecento quello che potrebbe diventare il primo Santo politico del nuovo Millennio in occasione del Giubileo del 2015. Lo spiega Antonio Polito nella bella e utile introduzione al libro su De Gasperi che si ritrovò a governare il Paese tra le macerie, lo vide crescere nel suo “miracolo” economico e da autentico riformista democratico nell’ Italia del dopoguerra lo ricostrui con aignificative riforme (a oartire dalla riforma agraria e l’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno). Antonio Polito comincia subito, icasticamente, a prendere il filo metaforico della storia a settant’anni dalla morte che si celebra domani, lunedì 19 agosto. Scrive Polito: <È un leader che non ebbe bisogno di definirsi “riformista” per diventare il più grande riformatore nella storia della Repubblica. Ho perciò pensato che ai ragazzi dell’Italia di oggi valesse la pena di raccontare, e ai più adulti di ricordare, un uomo di governo così diverso dai muscolari e bulleschi personaggi che siamo abituati a vedere ogni giorno in Tv. I politici contemporanei vogliono tutti rottamare, asfaltare, usare la ruspa, imbracciare il lanciafiamme>. Scritto con il distacco del politologo acuto, cresciuto laddove i fatti politici bisogna capirli prim’ancora di spiegarli, Antonio Polito non si lascia deviare dai pregiudizi ideologici di uomo cresciuto con i valori della sinistra e nello stesso tempo. con l’adesione postuma e ragionata, di chi da De Gasperi, dalla sua fede cristiana, dalla sua cultura e dalla sua passione politica è attratto. Più di quanto non abbiano fatto i politici che pure hanno assecondato riuscite opere storiografiche, da Pietro Scoppola a Paolo Pombeni, da Piero Craveri a Gabriele De Rosa , l’autore del libro è riuscito meritoriamente a rileggere la storia di De Gasperi liberando, da cronista, i fatti compiuti dal riformista democratico a lezioni utili ai politici di oggi. E’ proprio l’incipit del libro di Antonio Polito a suggerire il ricordo di un altro protagonista parallelo del Novecento. La storia non nasconde mai le circostanze provocatorie. E, sapientemente, Antonio Polito le raccoglie. Padre Pio applaudì De Gasperi dopo la vittoria elettorale anticomunista del 18 aprile ‘48 e lo avversò nella circostanza e travagliata lungimiranza storica della riforma agraria ma il 3 febbraio di otto anni De Gasperi e Padre Pio, mai incontratisi in vita, si sarebbero incrociati, da morti, dopo l’unico viaggio della vita del francescano santo all’ingresso della Chiesa di San Paolo fuori le Mura. Le spoglie di Padre Pio furono lì trasferite, per volere di Papa Francesco per essere esposte poi nella basilica di San Pietro. La Chiesa di San Lorenzo fuori le Mura è laddove lo stesso Polito descrive il monumento a De Gasperi realizzato da Giacomo Manzù. Così, quel giorno di febbraio, si “ritrovarono” padre Pio, solo di passaggio a Roma, e De Gasperi lì sepolto. Antonio Polito da onesto cronista nato, prim’ancora che da pregevole politologo, inizia il suo racconto sulle cinque lezioni politiche agli antipolitici di oggi proprio partendo dal racconto del mausoleo costruito per Alcide De Gasperi. Il racconto di Polito racconta bene l’iniziativa sociale e politica di De Gasperi che presenta un carattere epico e allo stesso tempo intimo e personale che non ha uguali. La sua è una figura da ricordare per quello che ha fatto, ma anche per quello che ancora può rappresentare in una fase storica difficile di una Repubblica incerta tra passato e futuro che manca di eroi. Proprio per lottare contro la retorica della nostalgia o dell’invettiva, è bene recuperare il volto di personalità come De Gasperi, il cui fondamento politico non è chiuso in sé stesso ma rinvia a dimensioni spirituali, religiose e storiche più complesse. L’opinione pubblica non si rende conto, forse per cattiva educazione e per mancanza di senso storico, che è proprio in democrazia che c’è più bisogno di padri e di esempi a cui guardare. E quando ci rivolgiamo al nostro regime democratico e partitico siamo prigionieri della presunzione che la democrazia sia autosufficiente e garantita per definizione dal suo funzionamento. Con singolare preveggenza storica, quasi anticipasse il Concilio Vaticano II, De Gasperì affermò in Francia che «non abbiamo il diritto di disperare dell’uomo, né come individuo né come collettività, non abbiamo il diritto di disperare della storia, poiché Dio lavora non solo nelle coscienze individuali, ma anche nella vita dei popoli». Rileggere De Gasperi oggi è più possibile di ieri. Il tempo non è passato invano e l’Italia è cambiata davvero, anche se non come si poteva prevedere. Si è chiarita, ad esempio, la nostra distanza, incolmabile, dal suo progetto politico di allora, dalla formula di un centrismo in chiave anticomunista e filoatlantica; è maturata la consapevolezza dell’irripetibilità del suo soggetto politico, la Democrazia cristiana. Polito ci fa vedere e studiare la figura di De Gasperi in una luce nuova, liberi di porre quesiti diversi e di cercare ragioni storiche più complesse per capire la sua grandezza. Di una cosa si può tuttavia essere convinti: per De Gasperi, come per pochi altri grandi statisti europei, più che lo studio della storia poterono il peso della realtà e la necessità di cambiarla, recuperando il tempo perduto in decenni di conformismo di regime e di tragedie. È dunque a quest’ultima prospettiva – cambiare in meglio la realtà – che siamo chiamati a guardare, facendo della ricerca storica una condizione e non un fine. Serietà, rigore, laicità, concretezza scelta univoca pe la democrazia così come fece De Gasperi quando dopo avere frenato l’operazione Sturzo che, per volere della Chiesa avrebbe dovuto far diventare la Dc portabandiera di uno schieramento di destra per le elezioni amministrative di Roma. De Gasperi fu un anticomunista ma anche antifascista dopo essere stato perseguitato dal regime mussoliniano. Tanto da distinguere negli anni Cinquanta i monarchici dai missini da lui chiamata i “gambalati” per i gambali, e testimone Giulio Andreotti raccontò le reazione di De Gasperi: “Quando li vedo, penso ancora al passo dell’oca”. Achille Lauro, uno dei dirigenti del partito monarchico, nel periodo in cui discuteva con de Gasperi disse: “Ma in fondo dove sta questa bravura di De Gasperi? A settant’anni non ha una lira”. Una lezione politica nel campo stretto della moralità pubblica ancora attuale.

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