Nel clima teso calato sul Movimento 5 Stelle dopo le Europee, c’è anche un altro fattore, imposto dallo statuto, che agita il partito: più della metà dei 5S che siedono oggi in Parlamento rischia di dover lasciare quelle aule a fine legislatura, portando con sè l’ennesimo rinnovo della classe dirigente. ‘Colpa’ del limite dei due mandati che oggi colpirebbe 46 degli attuali 78 parlamentari. Il tema, su cui Beppe Grillo è da sempre irremovibile, sarebbe stato al centro del pranzo romano tra il co-fondatore del M5s e Giuseppe Conte. Ma al momento non sembra registrare sviluppi sostanziali, se non il traguardo dell’assemblea costituente annunciata per l’autunno. Di certo, conti alla mano, sono destinati all’addio 13 senatori (su 27) e 33 deputati (su 51). Tra loro volti noti come Chiara Appendino, che in realtà è al primo mandato a Montecitorio ma alle spalle ha 5 anni da sindaca di Torino che comunque valgono nel conteggio. O Stefano Patuanelli, oggi alla guida dei senatori 5S e per due volte ministro nel governo Conte II e poi con Mario Draghi. A Palazzo Madama si avvierebbero al trasloco anche Alessandra Maiorino, oggi numero due del gruppo, la segretaria Gabriella Di Girolamo e la tesoriera Elisa Pirro, oltre all’attuale vicepresidente del Senato, Mariolina Castellone. Ridimensionati pure i vertici del gruppo alla Camera: via l’attuale capogruppo Francesco Silvestri e i due vice Vittoria Baldino e Agostino Santillo. Un ricambio profondo che, se alcuni, invocano per rispettare il “principio fondativo” del Movimento stesso, altri leggono come un rischio di una proposta politica troppo “leggera” – di “perfetti sconosciuti” per dirla con i detrattori della regola – che l’elettorato non premierebbe. Le regole finora seguite dal popolo del Vaffaday – dalle consultazioni on line al principio dell”uno vale uno’ – suonano infatti a molti come anacronistiche o, peggio, non più efficaci. E la ‘gabbia’ del limite al terzo mandato sale di diritto sul banco degli imputati. Due anni fa, alle Politiche del 2022 che hanno portato al governo Giorgia Meloni e gli alleati di centrodestra, c’è già stato di fatto un pesante ‘repulisti’ che travolse, come uno tsunami il cerchio magico dei 5S, azzerandolo. Via i ministri (da Toninelli a Bonafede e D’Incà), via la linea di comando (Paola Taverna, Vito Crimi e Laura Castelli). Via i fedelissimi. E via chi, come Luigi Di Maio, ha tentato l’avventura in solitaria fondando ‘Impegno civico’ evitando la tagliola del tetto ai mandati, ma non risultando eletto. Nel 2022 anche Roberto Fico, dopo un giro da ‘soldato semplice’ alla Camera e un altro da presidente, chiuse gli scatoloni a Montecitorio restando però nel comitato di garanzia dei 5 Stelle. Per lui all’orizzonte – secondo rumors insistenti di Palazzo – ci sarebbe la corsa a sindaco della sua Napoli (o a governatore della Campania). Ma anche qui, con il tetto ai mandati, nulla si potrà muovere. Altra big bloccata dallo statuto, è Virginia Raggi, oggi nell’Assemblea capitolina ma esclusa dalle candidature delle ultime Europee. L’ex sindaca – simbolo assieme a Chiara Appendino della dilagante vittoria del 2016 – è rimasta un po’ ai margini della politica nazionale dei 5 Stelle. Ma oggi è stata vista entrare all’hotel Forum, che tradizionalmente ospita Grillo a Roma, aprendo molti interrogativi soprattutto tra gli addetti ai lavori.
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