di Gennaro D’Amico
È dal primo marzo del 2017 che l’Italia ha istituito e riconosciuto il 21 marzo quale Giornata della Memoria e dell’Impegno nel ricordo delle vittime delle mafie. L’istituzione di questa giornata si deve principalmente all’incontro tra Saveria Antiochia, madre di Roberto, poliziotto agente di scorta di Ninni Cassarà ucciso nel 1985 e Don Luigi Ciotti. L’associazione Libera, istituita sin dal 1995, ha avuto un grande impatto sociale grazie all’egregio lavoro svolto da Don Luigi Ciotti – che ne è presidente – e dai suoi militanti, i quali conducono una battaglia volta alla diffusione di valori di legalità. Grazie a Libera e anche alle tante altre associazioni che sono state istituite e che costantemente lavorano sui territori, l’Italia ha avuto un grande miglioramento in termini di lotte volte al perseguimento di valori di legalità; si pensi alla legge sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, l’educazione alla legalità democratica, l’impegno contro la corruzione, i campi di formazione antimafia, i progetti sul lavoro e lo sviluppo, le attività antiusura.
L’istituzione di questa giornata ebbe, all’epoca, un impatto di grande rilevanza sociale; non solo utile a celebrare uomini e donne che hanno dato la loro vita per lo Stato, ma utili per sensibilizzare le giovani generazioni su un tema fondamentale. Quando si pensa alle vittime delle mafie la mente va subito al giudice Falcone, al giudice Borsellino, a Rocco Chinnici, al Presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, ma a tanti altri personaggi che, in funzione del loro impegno sociale contro il malaffare e le mafie, hanno sacrificato le loro vite. Ma oggi, 19 Marzo, si celebra la festività di San Giuseppe. Questo nome, associato alla lotta alla criminalità, non può non rievocare in noi il ricordo di un altro personaggio che proprio della lotta alla malavita ha fatto un proprio modello di vita: Don Giuseppe Diana. Già parroco di Casal di Principe, nel corso della sua vita si è battuto contro la camorra, denunciando i traffici illeciti di sostanze stupefacenti, le tangenti sui lavori edili, gli scontri violenti tra le fazioni della criminalità organizzata del suo paese. Egli ha pagato con la vita la propria coraggiosa attività finendo assassinato a soli trentacinque anni nella sacrestia della sua Chiesa. Celebre è il suo scritto intitolato “Per amore del mio popolo”, diffuso nel giorno di Natale del 1991 in tutte le chiese della sua diocesi. Lo scritto nient’altro è che un manifesto a sostegno dell’impegno contro la camorra, definita in esso come una forma di terrorismo, che attraverso la paura impone le proprie inaccettabili leggi ed anche un forte clima di inaudita violenza. Andando a ritroso nella lettura e nel ricordo dei tanti che persero la vita per mano mafiosa, è capitato di imbattermi nel ricordo del magistrato Nicola Giacumbi, facente funzioni del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno.
Il 16 di marzo del 1980 fu barbaramente assassinato dalle Brigate Rosse. Giacumbi è stato un uomo dello Stato che, nel corso della sua breve ma significativa carriera nella procura salernitana, era arrivato persino a rifiutare la scorta al fine di non rischiare che un attentato contro di lui potesse provocare altre vittime. Purtroppo per lui, come per tanti altri magistrati e uomini di legge, la vita si è spezzata troppo presto a causa delle numerose battaglie contro il malaffare e dei nobili fini di giustizia perseguiti. Ricordare queste persone che hanno dato la loro vita per lo Stato è un dovere per tutti, ma occorre anche che la politica e la società nel suo insieme diffondano, sempre di più, valori di legalità. Oggi fare questo è fondamentale ma, allo stesso tempo, una grande responsabilità. Le mafie attualmente lavorano sotto traccia, hanno smesso di mietere vittime ma operano silenti tra le istituzioni, negli appalti. Oggi le mafie sono i colletti bianchi. Ecco perché l’istituzionalizzazione di una giornata quale il 21 Marzo è un pilastro su cui costruire una quotidiana lotta verso il perseguimento di un obiettivo che tutti noi dobbiamo prefiggerci che è l’educare alla legalità. È fondamentale non abbassare mai la guardia su questa tematica, va tramandato alle nuove generazioni di studenti la testimonianza che persone come Don Peppe Diana, come Nicola Giacumbi sono esistite, raccontando le loro battaglie condotte contro il malaffare per far sì che i sacrifici fatti abbiano avuto un senso e soprattutto lasciato una traccia.