di Alberto Cuomo
Il Museo del Falso fondato e diretto da Salvatore Casillo, già professore dell’Università di Salerno, fu del tutto chiuso nel 2005. Il museo aveva trovato posto, onde ospitare i diversi esempi di produzione dei falsi, messi in luce dalle ricerche del professore e della sua equipe iniziate negli anni Ottanta, nei locali dell’ex deposito della nettezza urbana di via San Benedetto, offerti nel 1991 dall’amministrazione comunale in comodato all’Università. Già nel giugno del 1993, però, al sorgere dell’oscura era deluchiana, mentre era in corso un’esposizione che denunciava lo scandalo della falsa industrializzazione delle aree colpite dal terremoto del 1980, la Procura della Repubblica, ravvisando nell’atto di concessione dei locali all’Ateneo un possibile abuso di ufficio, dal momento non era previsto un canone di affitto per l’università, costringeva il museo a chiudere i battenti. Il Museo del Falso rimase in vita spostandosi in altri luoghi, tra cui la Sala delle Presidenze della sede dell’università di Fisciano, pur sopravvivendo nella scarsità dei fondi, che non venivano concessi persino dell’accademia. Basti pensare che il rettore Pasquino preferiva finanziare la scuola di tango e l’orchestra jazz dell’università e non le ricerche sul falso che pure avevano dato riconoscimenti internazionali all’Ateneo e al comune di Salerno, offrendo ai due enti una visibilità che nessun canone avrebbe mai potuto pagare. Oggi il fenomeno della falsificazione è tanto diffuso da coinvolgere ogni settore produttivo sì che non solo le attività artistiche, quanto anche quelle culturali e scientifiche sono oggetto dell’azione dei falsari, spesso forti di conoscenze e mezzi tecnici di raffinato livello. E infatti si falsifica di tutto, non solo in Cina e nei paesi orientali, dai falsi dell’arte ai falsi archeologici, a quelli alimentari, dell’abbigliamento o sinanche dei prodotti farmaceutici tali da mettere a rischio la nostra salute. Per non dire del dilagare delle fake news che mettono in pericolo l’individuo e la democrazia e, nelle guerre, le operazioni di intelligence. Se si potesse applicare alla collettività, quasi sia un individuo, il dispositivo analitico per comprendere la negazione del nostro Museo del Falso, e con esso di ogni ricerca sulle attività producenti il falso, si potrebbe dire che il loro accantonamento rivela la cattiva coscienza della città, dei cittadini e dell’amministrazione, nel sapersi avviata a divenire una falsa Salerno, una fake-Salerno.
Salerno non può non essere quella della sua storia millenaria, e invece la città storica non viene valorizzata ed anzi lasciata decadere mentre si sono vantati restauri non realizzati o male eseguiti, ovvero falsi concorsi per presunti edifici-mondo. Anche la sua immagine consolidata che vuole il castello Arechi e la collina prolungarsi nel mare, viene oscurata da un enorme edificio, un ecomostro che si occulta dietro false colonne doriche prospiciente una falsa piazza, solo un solaio (non sarà un caso che negli USA le piazze si chiamano squares e i solai sopraelevati che fungono da slarghi pedonali si dicono plazas) che non invoglia il passeggio e la sosta, quello stare insieme fermi nella chiacchiera proprio alle piazze.
E falsi sono i proclami riguardanti la costruzione di servizi. Falso, ad esempio, il palazzetto dello sport inaugurato e mai realizzato, falso il motivo che ha indotto il parcheggio interruptus sotto piazza Cavour che, se mai si concluderà, sarà ad uso di ricchi acquirenti i posti-auto senza essere utile a snellire il traffico; falsa la piazzetta retrostante la Casa del Combattente; falsa la città nuova, falsamente europea, fatta di falsi grattacieli, solo edifici più alti buoni per una realtà suburbana che non è appunto “città”. E falsa la migliorata funzionalità del nuovo ospedale rivestito di falsi brise-soleil utili a schermare vetrate ed invece posti a fare ombra a normali muri con finestre, falsa ancora nell’assenza della differenza dei percorsi sporco-pulito, o nelle relazioni tra i reparti peggiorative di quelle attuali del Ruggi. Falso il ripascimento delle spiagge operato con i detriti delle cave e tanto più falso quello del progetto di riqualificazione per un fantomatico nuovo lungomare che in tal modo diventerà falso lungomare e piuttosto un lungo-falso-arenile dove non potranno farsi i bagni nell’acqua inquinata dai torrenti utilizzati come cloache e non depurata da un falso, o almeno inadeguato, depuratore. Falsa la stazione marittima usata per fiere e convegni ma non per accogliere i viaggiatori essendo altresì falso il golfo con il nastro trasportatore dei bagagli, falso il nuovo tribunale inadatto funzionalmente e presto insufficiente. False tutte le riqualificazioni che, invece di migliorare gli standard di vita dei cittadini, utilizzano le riconversioni degli spazi liberi per gettare altro cemento per nuovi edifici residenziali che non saranno mai abitati del tutto.
E ancora false le rimostranze di De Luca che finge di ergersi a paladino del Sud chiedendo i miliardi del programma riguardante il fondo per lo sviluppo e la coesione mentre Giorgia Meloni gli rinfaccia l’incapacità di spesa o la spesa con fondi europei per la sagra del caciocavallo spacciata forse per attività culturale, senza che nessun magistrato voglia veder chiaro nei finanziamenti dopo una denuncia tanto autorevole False le rimostranze perché rivolte essenzialmente a fare ammuina onde ottenere dal partito e dal parlamento il pass per il terzo mandato, una misura falsamente democratica dal momento i troppi anni per un vertice amministrativo quasi assoluto, qualunque esso sia, quello del sindaco, del governatore o del presidente del consiglio, determinano concrezioni politico-burocratiche nelle quali si rischia il possibile annidarsi del malaffare, questo no, sicuramente, mai falso.
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De luca falsario
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