Greenopoli, il rivoluzionario progetto del professore Giovanni De Feo - Le Cronache
Attualità

Greenopoli, il rivoluzionario progetto del professore Giovanni De Feo

Greenopoli, il rivoluzionario progetto del professore Giovanni De Feo

di Arturo Calabrese

Parla ai giovani con lo scopo di dare loro la consapevolezza di dover rispettare ed amare l’ambiente. Giovanni De Feo, docente di Ecologia Industriale presso i corsi di laurea magistrale in Ingegneria Chimica, Ingegneria Gestionale e Ingegneria Meccanica dell’Università degli Studi di Salerno, presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale (DIIn), si definisce un “Professore universitario per caso, divulgatore ed educatore ambientale per passione e vocazione”.

Cosa è e come nasce Greenopoli?

“Greenopoli è un progetto educativo, nato nel 2006, basato su due pilastri fondamentali: condivisione e sostenibilità. La condivisione si riflette nel metodo di insegnamento, dove l’educatore agisce come moderatore, facilitando la discussione e stimolando il pensiero critico degli studenti. La sostenibilità, invece, è il nucleo dei contenuti trattati. L’approccio di Greenopoli si basa sull’idea di condividere preliminarmente le conoscenze, valutando il punto di partenza delle informazioni esistenti e incoraggiando lo scambio continuo di idee tra gli studenti. Questo processo coinvolge sia il pensiero individuale che quello di gruppo, promuovendo lo sviluppo graduale di nuove competenze e un metodo personale di apprendimento critico. L’ambiente di apprendimento è caratterizzato da un’atmosfera amichevole e rispettosa, facilitata dall’entusiasmo e dalla passione dell’educatore. La comunicazione avviene attraverso il coinvolgimento attivo e l’interazione. L’uso innovativo di canzoni rap, chiamato “green rapping”, è emerso spontaneamente in risposta alle richieste degli studenti delle scuole medie inferiori, diventando uno strumento efficace nell’insegnamento ambientale.”

Cosa ha fatto fino ad ora la politica per l’ambiente? E cosa dovrebbe fare?

“Se ci riferiamo all’Italia, la nostra fortuna è far parte dell’Unione Europea che ha una politica ambientale avanzata. Tra i paesi europei, purtroppo, siamo quelli con il maggior numero di infrazioni per mancato, ritardato e errato recepimento delle Direttive Europee per non parlare delle Sentenze della Corte Europea di Giustizia che pendono a nostro carico, una su tutte quella sulla gestione dei rifiuti in Campania per la quale ancora l’Italia paga una sanzione di 80.000 euro al giorno. Il primo Ministero per l’Ambiente in Europa è del 1976, e siamo in Danimarca. Noi ci abbiamo messo dieci anni in più. Oggi abbiamo il Decreto Legislativo 152 del 2006 che voleva essere una sorta di testo unica ambientale ma, di fatto, non lo è perché lascia fuori parecchie cose, tra cui importanti questioni ambientali legati agli abusi edilizi, ai beni culturali, all’inquinamento acustico ed elettromagnetico. Rendere il 152/2006 un vero testo unico ambientale sarebbe un ottimo obiettivo per la politica, a patto che impariamo tutti a rispettare le regole. L’Italia, infatti, è il Paese delle troppe leggi e dei pochi rispetti”.

A livello europeo, il partito dei Verdi è una realtà molto ben radicata ma in Italia non è così, nonostante il movimento ecologista sia nato proprio nel Bel Paese. Come mai secondo Lei?

“Non mi fraintenda, ma io non la vedo una cattiva notizia. L’ambiente e la sostenibilità riguardano tutti noi e, quindi, tutti i partiti. Ogni partito deve avere una sua cultura ecologista che può prendere diverse forme in funzione delle ideologie (se ancora ce ne sono) e dei diversi orientamenti politici. C’è un’ecologia di sinistra, un’ecologia di destra e, ovviamente, un’ecologia di centro. D’altro canto, ci sono associazioni ecologiste che si rifanno a partiti e movimenti politici di sinistra, di destra e di centro”.

Da insegnante e da divulgatore, quale è il messaggio che porta ai giovani?

“È tempo di cambiare. Se continuiamo a fare le cose che abbiamo fatto fino a ora, non potremo che ottenere gli stessi risultati. I bambini e i giovani sono maggiormente vocati al cambiamento poiché sono meno infarciti di pregiudizi di noi adulti e non hanno preso ancora radicate abitudini difficili da scardinare. A loro propongo un cambio di linguaggio e un patto intergenerazionale. Come ci insegna Umberto Galimberti, i pensieri vengono dopo le parole per cui occorre ridefinire il significato che abbiamo dato a molte parole e inventarne di nuove. E questo provo a farlo in rima, per cui: “Buttare, gettare, li voglio cancellare, rimettiamoci a pensare, è tempo di cambiare. Rifiuti, immondizia, pattume e spazzatura, che brutte parole, a me fanno paura”.

Cosa insegna alle nuove generazioni? E cosa impara da loro?

“Provo a farli innamorare dello studio, della lettura e del rispetto delle regole, mettendoci tanto entusiasmo e tanta passione. Anche questo provo a far a suon di rap con le rime de “Il piccolo rap della conoscenza”, che dice: “Tempo, pazienza, passione e competenza. Pensa e ripensa, crea la conoscenza. Pensa, agisci, controlla, correggi. Impara dagli errori, è così che ti migliori”. Provo a fargli capire che è importante leggere libri poiché loro vivono il tempo del pensiero veloce, della visione bulimica e compulsiva di video casuali, mentre è importante esercitare il pensiero lento e questo si può fare solo leggendo. Da loro apprendo le novità. Loro, ad esempio, mi hanno introdotto all’uso di ChatGPT e, in generale, dell’Intelligenza Artificiale”.

Un Suo pensiero sulla transizione ecologica…

“La transizione ecologica deve essere innanzitutto una transizione energetica, partendo dal risparmio e dall’adozione consapevole dell’energia, nonché da una graduale decarbonizzazione che si realizza attraverso un aumento progressivo delle installazioni fotovoltaiche ed eoliche, anche in modalità off-shore. È imperativo concedere spazio alle comunità energetiche rinnovabili. La mobilità deve orientarsi sempre di più verso la sostenibilità, iniziando con il rinnovamento e l’elettrificazione progressiva del parco mezzi pubblici. L’agricoltura deve perseguire una via sempre più sostenibile, caratterizzata da un utilizzo controllato e responsabile dei fertilizzanti, favorendo, quando possibile, pratiche di agricoltura biologica e biodinamica. La gestione dei rifiuti deve essere guidata da un approccio di economia circolare, conferendo priorità alle iniziative finalizzate a ridurre la produzione di rifiuti e promuovendo il riuso, prima di pasare al riciclo dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata”.

Come vede il domani?

“Personalmente, lo vedo pieno di opportunità per provare a mettere in pratica le tante idee che mi frullano in mente. In generale, sono un po’ preoccupato per i problemi globali che ci affliggono come i cambiamenti climatici, e proprio per questo cerco di impegnarmi sempre di più per sensibilizzare quante più persone possibili sui temi ambientali e della sostenibilità”.

In ultimo: spopolamento, dissesti idrogeologico, emergenza cinghiali, aumento dei costi di frutta e ortaggi, calo di produzioni sono tutti elementi di un grande circolo vizioso…

“Eh sì, purtroppo, ci troviamo di fronte a problemi strettamente connessi con l’inesorabile fenomeno dell’urbanizzazione delle popolazioni, che comporta inevitabilmente lo spopolamento delle aree interne. I giovani laureati si dirigono verso le zone industrializzate del mondo, portando con sé l’intero bagaglio umano, culturale ed economico costruito dalle loro famiglie di origine con tanto impegno, anno dopo anno. Pier Paolo Pasolini aveva ragione nel sostenere che l’Italia ha abbandonato prematuramente la sua essenza rurale in favore di un’industrializzazione selvaggia. Io insegno Ecologia Industriale e credo fermamente che esista una terza via, che si sviluppa attraverso un approccio etico ed ecologico alle dinamiche territoriali. Questo approccio dovrebbe concentrarsi sul mondo della scuola e della formazione, in sinergia con le istituzioni e le attività imprenditoriali del territorio: dobbiamo impegnarci come squadra!”