Dalla canna fumaria molesta al Tribunale dei minori. Viaggio all’inferno di una famiglia salernitana - Le Cronache
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Dalla canna fumaria molesta al Tribunale dei minori. Viaggio all’inferno di una famiglia salernitana

Dalla canna fumaria molesta al Tribunale dei minori. Viaggio all’inferno di una famiglia salernitana

di Peppe Rinaldi

Cosa potrebbero avere in comune il litigio per una canna fumaria abusiva di un condominio per abitazioni civili e i provvedimenti del tribunale dei minori relativi ad una coppia di coniugi italiani adottanti due bambini stranieri? Già il fatto che si ponga un quesito così strambo ci dà indizi sufficienti a capire il tenore della storia che proviamo a raccontare. La risposta sarebbe: nulla, non possono incrociarsi due fattispecie di natura così distante. La risposta, invece, è: hanno molto in comune, diciamo che la prima circostanza ha generato la seconda azionando una girandola surreale che dura ormai da otto anni.

Al centro della storia una stimata coppia di coniugi italiani, professionisti, contesto medio borghese, come tantissime famiglie italiane. Alcuni anni fa, dinanzi all’impossibilità di generare figli, optano per la nobilissima scelta dell’adozione internazionale. Avviano così le pratiche previste dalle leggi sottoponendosi alla via crucis – spesso dalla ratio condivisibile, al netto del caos burocratico collegato – che segna il percorso di chi decide di farsi carico della vita di bambini orfani o abbandonati in attesa della ineludibile, sacrosanta presenza di una mamma e di un papà.

IL CONTESTO

Siamo in una città dell’agro nocerino-sarnese, è l’anno 2018 e i coniugi, originari di un centro limitrofo, comprano casa e vanno a viverci insieme ai due bambini. Senonché, proprio sotto il loro appartamento c’è un’attività operante nel settore alimentare i cui impianti di lavorazione emettono scarichi che, giocoforza, devono essere smaltiti. Esistono, non a caso, leggi che regolano la materia specifica. Si tratta di fumi e odori molesti, logico che la convivenza diventi complicata. Si inizia con le solite “buone” e si finisce prima negli uffici municipali e poi in tribunale, come miliardi di altre volte è successo e succederà. Ed è proprio da quando la coppia decide di rivolgersi alle istituzioni che inizia la catabasi. Nell’agosto del 2018 marito e moglie decidono di sporgere denuncia visto che il problema non si risolve, ne presentano una alla Finanza di Nocera Inferiore e l’altra ai carabinieri di Mercato San Severino. Il mese successivo partono gli accertamenti dell’Utc del comune interessato e vien fuori che quell’attività è abusiva, cioè non conforme alla destinazione d’uso prevista dalla norma urbanistica, un caso come tantissimi altri e che, come altrettanti altri, nasce dal sistema delle combriccole politico-amministrative del momento che, tra un geometra amico dell’amico, un assessore parente del parente, un dirigente fidanzato della zia della mamma della nonna del cugino del sindaco, un grande elettore qua e un altro meno grande là, una banconota qui e un bonifico sotto sotto lì, devasta territori e convivenza civile da tempo immemore. Se una cosa non è conforme alla legge significa che è contro la legge, quindi va ripristinata la famosa legalità (nella sua accezione comune). Certo, a parole e pure a lettere è così, la realtà, però, va spesso in direzione ostinatamente contraria.

SISTEMARE LE CARTE

Il comune, attraverso le articolazioni funzionali proprie, non può a questo non «mettere a posto le carte» (in Italia tutto si può fare purché “le carte siano a posto”…) e così emana la solita ordinanza di demolizione dell’impianto dei fumi, di chiusura dell’attività intimando il ripristino dello status quo ante, il tutto accompagnato da sanzioni varie. I municipi italiani, soprattutto nel Mezzogiorno, sono zeppi di ordinanze simili, fatte sovente per tentare di scansarsi responsabilità di condotte che, a campione e a valle, colpiscono i furbetti di questi ambienti: la gran parte di esse, come si sa, resta lettera morta in un cassetto perché nessuno vi darà seguito, spesso sapendo che difficilmente un procuratore andrà a ficcare il naso in faccende (apparentemente) minori. Ma non è così, non sempre, diciamo che è come una roulette.

Da quel momento per la coppia comincia a salire la temperatura fino a trasformare tutto in un film horror, incubo dal quale ancora oggi non riesce a svegliarsi, come vedremo.

Piccole e meno piccole minacce, sguardi torvi all’indirizzo delle loro persone come presagio di guai in arrivo, cicche di sigarette nella cassetta postale, scritte ingiuriose sui muri del palazzo, danneggiamento dell’auto nel parcheggio condominiale, perfino la mimica di turarsi il naso quando nelle scale o nel cortile vengono incrociati i due bambini stranieri adottati (prima di blaterare di razzismo, altra nevrosi indotta dall’isteria mediatico-culturale dei nostri tempi, va ribadito che si tratterebbe di gesti compiuti da semplici imbecilli), tutto al fine di rendere loro impossibile la vita. Ci riusciranno. Anche questa è storia nota per tante persone. I protagonisti? Tutto induce a pensare che si tratterebbe di chi aveva interessi nell’attività finita sotto i riflettori, cui si sarebbero aggiunti alcuni amici residenti nello stesso palazzo. Quando i due coniugi decidono di sporgere querela anche per questi fatti, si sarebbero sentiti consigliare dai militari compulsati di non farlo.

IL MURO DI GOMMA

«Ma sono fatti di lieve entità, al massimo fatela contro ignoti, chi ve lo fa fare di imbarcarvi in queste storie?» avrebbero detto ai due coniugi di colpo catapultati dentro un gioco che si rivelerà micidiale. Due, tre visite nelle rispettive caserme e, infatti, l’atteggiamento dei militari muterà di 180 gradi fino a manifestarsi apertamente ostile, sulla falsariga del «abbiamo un sacco di cose più serie da fare, voi con queste continue richieste intralciate il nostro lavoro». Può darsi, le caserme pullulano di vittime immaginarie, di denuncianti in malafede, di soggetti litigiosi e di pignolerie seriali: ma, in questo caso, si tratterebbe di roba che se confermata sarebbe da immediata espulsione dal corpo di appartenenza. Trattandosi delle classiche brave persone, forse non assistite adeguatamente sul piano legale (il vero vulnus di tutta la faccenda), la coppia desiste. Errore fatale che, seppur non avrebbe risolto il problema, avrebbe almeno offerto qualche possibilità in più di invertire una rotta che già stava avviandosi verso il guaio che di lì a poco arriverà.

Nel maggio del 2019 c’è il rinvio a giudizio dei titolari dell’attività produttiva, i due coniugi vengono ammessi dal tribunale come parte civile. D’ora in avanti sarà semplice burocrazia giudiziaria. Il pm titolare del fascicolo, però, nel capo d’imputazione si limiterà ad esercitare l’azione penale solo per l’ipotesi di abuso edilizio e non per le presunte immissioni illegali di odori e fumi, scelta che non muterà il senso di questa storia. Infatti, di lì a pochi giorni, precisamente il 9 maggio 2019, all’ora di pranzo qualcuno suonerà il campanello dell’abitazione dei due coniugi: sono i servizi sociali del Comune, un’assistente e un’educatrice, sventolano un foglio su carta intestata della procura minorile di Salerno. Da questo momento si spalancano le porte dell’inferno. (1_continua)