Strata, Armellini e Lupo interpreti del pianismo danzante di Chopin - Le Cronache
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Strata, Armellini e Lupo interpreti del pianismo danzante di Chopin

Strata, Armellini e Lupo interpreti del pianismo danzante di Chopin

Seconda giornata della Maratona chopiniana per la LXXI edizione del Ravello Festival, tra le bellezze architettoniche della Città della Musica

Di Olga Chieffi

Dopo Elia Cecino, sarà ancora un giovane pianista ad inaugurare la seconda delle giornate dedicate alla Maratona Chopin, Gabriele Strata, del magistero di Riccardo Zadra e Roberto Prosseda, studente della Yale University con Boris Berman, al quale Alessio Vlad ha affidato il matinèe in Santa Maria a Gradillo. Gabriele ha scelto quale brano d’apertura il Notturno in do diesis minore op. postuma contrassegnato da  raffinata eleganza melodica, sorretta da un gioco armonico di piacevole e carezzevole inventiva. A seguire, la celeberrima Berceuse op.57, caratterizzata dal clima cullante e avvolgente lirismo, propri della Ninna Nanna e dal principio compositivo della Variazione. L’opera è costituita da una serie di quattordici variazioni su un tema originale composto dallo stesso Chopin: la mano destra presenta una melodia arabescata e dal carattere improvvisativo, alla quale si contrappone un basso ostinato fisso, quasi immobile. Si continuerà con le due Polacche dell’op.26, probabilmente concepite come un dittico, in cui Chopin impiega un vocabolario armonico straordinariamente ricco e personale, restituendo la propria idea in uno stile epico: l’Allegro appassionato della prima in Do diesis minore penetra fin dalla vigorosa iniziale affermazione , la seconda definita la Siberiana, si conclude drammaticamente con un “a solo” fortissimo seguito da due accordi in pianissimo. Si passerà, poi, ai tre Valzer op. 34, conosciuti come “Valzer brillanti”, composti in un arco di tempo ampio, tra il 1831 e il 1838. Mentre il primo in la bemolle maggiore ha forma di rondò, il secondo, in la minore, è un brano espressivo che potrebbe essere definito una dumka in ritmo di valzer. Il più interessante sotto il profilo ritmico è tuttavia il terzo, in fa maggiore, il cui tema in ritmo binario contrasta con quello ternario dell’accompagnamento. Strata, poi, eseguirà i tre Notturni op.15, con il primo influenzato dal bel canto belliniano, il secondo che a Cortot sembrava “nato dagli incanti del crepuscolo”, uno dei più celebri e dei più tipicamente romantici, mentre il terzo segna un ritorno senza domani verso una grande semplicità armonica: fantasticheria alla Field, che sfocia in un modo di corale religioso sul quale tutto si spegne. Finale con il Bolero op.19 in Do maggiore, una composizione forse nata dopo aver ascoltato quello della “Muette de Portici” di Auber. Il Bolero, preceduto da una lunga introduzione, si evolve sopra un ritmo di polacca vagamente spagnoleggiante, che si dissolve nella parte centrale prima della ripresa variata e brillante. Nel pomeriggio l’appuntamento è con Leonora Armellini, giovanissima vincitrice del “Premio Janina Nawrocka” per la “straordinaria musicalità e la bellezza del suono” al Concorso Pianistico Internazionale “F. Chopin” di Varsavia. L’esito è stato brillantemente confermato nell’edizione del 2021, con un Quinto Premio che ne fa la prima donna italiana ad aver scalato le vette della competizione considerata come il vertice del pianismo mondiale.  La pianista inaugurerà, nella Sala dei Cavalieri, il concerto con le due Polacche dell’opera 40, pagine fra loro molto diverse: la prima in La maggiore ha carattere eroico e trionfale, mentre la seconda è cupa e sconsolata, cionondimeno, è opinione comune che anche queste due Polacche , al pari con le precedenti, siano state concepite come un dittico: con la prima Chopin avrebbe inteso rappresentare il glorioso passato della Polonia ancora indipendente, con la seconda, invece, il suo triste presente di terra occupata e oppressa dal giogo zarista. Si passerà, quindi, alla Polacca-Fantasia in La bemolle op.61 datata 1846, che presenta interamente, e non solo più episodicamente, il carattere di una visione. La forma è così minutamente articolata e così sfuggente da aver suscitato forti perplessità nei primi critici musicali, ivi compreso Franz Liszt, che solo trent’anni più tardi si accorse di aver mal compreso la genialità costruttiva di una delle ultime grandi creazioni di Chopin. L’introduzione è malinconica e sognante e la nostalgia sembra essere la cifra dell’intero lavoro, ma associata, come spesso avviene nelle opere di Chopin che richiamano la patria, a momenti di eroica determinazione. La pianista proporrà, quindi, i due notturni op. 48: il primo è una sintesi delle nuove caratteristiche stilistiche acquisite da Chopin in questo periodo: la marcia (Lento), il corale (Poco più lento) e la scrittura sinfonica (doppie ottave nella seconda parte del Poco più lento e del successivo Doppio movimento), nel secondo Notturno, invece, si trova la inserzione di una nuova forma il recitativo, disteso e pacato, quasi violoncellistico. La melodia rinuncia a qualsiasi fioritura e sembra scavare all’interno di un soliloquio grave e pensoso. Seguiranno quattro Mazurche dell’op. 41: la prima, in cui la malinconica melodia insiste, quasi supplichevole, su note ribattute; più serena la seconda mazurca, che alterna un breve richiamo a un “coro di chitarre” (così lo stesso Chopin) e una rustica danza; la terza, dal clima leggero e tranquillo; ampia la quarta, in Do diesis minore, con vari episodi che si susseguono fino all’espressivo finale in cui la musica sfuma evanescente. Finale brillante con il Souvenir de Paganini, quattro delicate variazioni e una coda sul tema de’ Il Carnevale di Venezia e  l’Allegro de Concert op.46, un brano concepito come primo movimento di un concerto per due pianoforti, dalla scrittura raffinata e dall’insieme piacevole e vivo. La seconda giornata chopiniana  verrà conclusa nella Sala dei Cavalieri da Benedetto Lupo uno dei talenti più interessanti e completi della sua generazione, primo italiano a vincere il Concorso Internazionale Van Cliburn. Lupo ha scelto di principiare la sua performance con le quattro mazurche op.30. In quest’opera sono raccolte tre composizioni molto brevi prive di coda e una di maggiori dimensioni, che Chopin considerava come un tutto unico. I quattro brani hanno profonde radici nella musica popolare e sembrano manifestare un’acuta nostalgia per la Polonia, piuttosto che un vero interesse per la ricerca di nuove soluzioni formali. Seguirà la Sonata n° 2 in Si bemolle minore op.35, Quando Schumann ebbe modo di esaminare quest’opera, ne rimase letteralmente sconvolto; benché una volta di più affascinato dalla musica di Chopin, non poté nascondere l’imbarazzo che quest’opera rivoluzionaria aveva suscitato in lui: “Un capriccio o un’audacia sotto la denominazione di Sonata fa contrabbando dei quattro più folli figli del suo spirito”; la Marcia funebre “ha persino qualcosa di repulsivo”: Arthur Rubinstein usò termini molto moderati quando assegnò a questa fremente Sonata il nome di “Poema della morte”. Finale di giornata con la Sonata successiva la Terza, che appartiene all’ultimo periodo della creatività di Chopin, con il suo Allegro maestoso iniziale che porta il personalissimo trattamento della forma-sonata anche più in là di quel che Chopin aveva fatto nel corrispondente movimento della Seconda Sonata e il lirico tema, dal carattere quasi di Notturno. Lo Scherzo (Molto vivace) è un moto perpetuo a velocità mozzafiato. Il Largo conduce l’ascoltatore in un mondo completamente diverso. È un pezzo in forma ternaria: la melodia profonda e spirituale delle due sezioni esterne cede il passo nella sezione centrale ad un’ampia meditazione su un tema formato da sequenze di crome ondeggianti. Come sempre in Chopin, una speciale attenzione va prestata all’armonia: si noti in particolare l’iridescenza cromatica dei due passaggi in cui il tema principale si avvia verso la tonalità di si maggiore. In contrasto col Largo, il Finale (Presto non tanto) è vigoroso e atletico. La forma ricorda un rondò, ma si allontana in più punti dallo schema classico: otto battute di turgidi accordi introducono a un maestoso e spavaldo tema da ballata, che costituisce il materiale melodico principale di questo movimento e s’alterna con un brillante motivo di carattere non tematico. La coda porta alla tonalità di si maggiore, per una conclusione positiva e trionfante, così lontana da quel romanticismo “passivo” che nella mente di molti si accompagna indissolubilmente alla musica di Chopin.