La Nanà di Enzo Moscato al Ghirelli - Le Cronache
teatro Spettacolo e Cultura

La Nanà di Enzo Moscato al Ghirelli

La Nanà di Enzo Moscato al Ghirelli

di Monica De Santis

Sarà Enzo Moscato regista, attore ed esponente di spicco della nuova drammaturgia partenopea, con oltre quarant’anni di attività, il protagonista sabato e domenica del primo appuntamento della stagione teatrale del Ghirelli. In un ventennio di teatro Moscato ha scritto e interpretato spettacoli di grandi invenzioni stilistiche e sceniche. Notevole il suo palmares artistico. Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti il Premio Riccione/Ater per il Teatro 1985, il Premio Ubu per il Teatro 1988 e 1994, il Biglietto d’Oro AGIS 1991, il Premio Franco Carmelo Greco 2004. Ora sarà in scena nel teatro salernotano con “Luparella” ovvero Foto di Bordello con Nanà è il titolo della rappresentazione scritta e diretta proprio da lui. Si tratta di una sequenza teatrale per voce sola che evoca una dolorosa polifonia emotiva ambientata sul finire della seconda guerra mondiale. Un monologo che Enzo Moscato ha voluto collocare in un bordello (o lupanare) dei quartieri spagnoli di Napoli, e riporta un episodio immaginario che potrebbe essere accaduto nel 1943. Protagonista della vicenda (o della Storia, o della Natura, che, come Leopardi avvertiva, sono spesso, a Napoli, la stessa, crudelissima cosa) è Nanà, l’anima candida e reietta, giovane-vecchissima creatura al servizio “minuto” delle donne di un bordello arroccato sui “Quartieri Spagnoli”, è lei a raccontare un episodio accaduto nella Napoli, desolata e avvilita, dell’occupazione nazista, sul finire dell’estate del 1943. Uno “sciacquino” riporta nella ricchezza del suo dialetto napoletano e nell’informalità del parlato una vicenda che parla di amore, morte e di dignità. “È Nanà, simbolo di una Napoli-risentimento e non da folclorica cartolina, – dice Enzo Moscato – voce e volto d’azione di riscatto, a fronte delle infinite bugie e menzogne su un popolo, consegnatoci da chi ce lo tramanda come inerte e infingardo, pagnottista e voltagabbana, a farsi, nella vicenda, l’artefice violenta d’un delitto, una specie di catarsi, improvvisa e sanguinaria, attuata a difesa di una vittima, di qualcuno più soggetto e più debole di lei: di Luparella, appunto: l’altro corpo-non corpo in scena, puro fantasma, evocazione di memoria, ombra fedele di Nanà nell’osceno e sboccato rosario dei martirii. – prosegue ancora l’autore partenopeo nelle sue note di regia- Luparella, vecchia puttana dei casini, consumata dalle malattie e le paure. Soglia, pietosa e disumana, in bilico continuo tra essere e non essere, speranza e perdizione, che muore nel dare alla luce, nel bordello spopolato perfino dalle sue “signorine”, un’anonima creatura, fatta venire al mondo dalla stessa incompetenza e passione di Nanà, mentre che, sul letto, “in articulo mortis”, la vecchia prostituta viene ancora oltraggiata dalla foga sessuale di un giovane nazista, salito alle stanze del casino, perché in cerca occasionale d’amore, o forse, d’ulteriore, occasionale sopraffazione a danno d’indifesi. – conclude Moscato – La messa in scena tende a sottolineare gli aspetti evocativi e metaforici della pièce nonché a marcare fortemente le valenze squisitamente linguistico-fantastiche del testo, che sulla scena, diventa quasi un canto continuo, una sorta d’appassionato “lied” tedesco-partenopeo, veicolante l’essenza d’universo, cosmo, della realtà di Napoli, qualcosa di non provincialistico o locale, pur usando fino in fondo l’arcinoto e teatralissimo suo idioma”.