Voci dal Serraglio: Fulvio Di Clemente rubrica a cura di Olga Chieffi - Le Cronache
Salerno

Voci dal Serraglio: Fulvio Di Clemente rubrica a cura di Olga Chieffi

Voci dal Serraglio: Fulvio Di Clemente rubrica a cura di Olga Chieffi

Voci dal Serraglio

 

La comparsa del cestino del pane

L’emozione che più mi ha toccò il futuro timpanista dell’Orchestra del Teatro Carlo Felice di Genova,  fu il giorno che in tavola, al posto della solita fetta di pane, gli ospiti del serraglio, trovarono su ogni tavolo tre cestini pieni di profumati panini

Di Fulvio Di Clemente

Scrivere del Serraglio fa riaprire scenari, specie quelli che vanno dal ’48, un primo Dopoguerra fatto di fame e povertà per tutti, sino all’avvento di Alfonso Menna, molto tristi. Alcune cose, come il sistema punitivo, sono già state ben analizzate in diversi articoli. L’emozione che più mi ha toccato, negli anni lì trascorsi, ovvero dalla fine del 1947 all’estate del 1956, fu il giorno che in tavola, al posto della solita fetta di pane trovammo in ogni tavolo tre cestini pieni di pane, che furono saccheggiati in pochi attimi, andando a riempire le tasche dei nostri giubbetti, la calma ritornò quando ci fu comunicato che da quel giorno il pane sarebbe stato distribuito a volontà! Tempo dopo entrai in banda (ero iscritto alla classe di violino) ma feci domanda per imparare  il tamburo perché si sapeva che andando a suonare si era ospitati dalle famiglie che ci riempivano di cibarie che portavamo ai ragazzi che di notte aspettavano il nostro arrivo per letteralmente assalirci. Alla venuta di Ralph York (lui aveva dato tanto all’istituto riconoscente per tutto quello che aveva ricevuto quando era anche lui un umbertino ) la banda si schierò sotto la villetta con una divisa di panno invernale (era d’ estate) alle 10, l’ospite arrivò dopo mezzogiorno e fu accolto con le camicie ormai zuppe. Concludo con un episodio per me triste: mi giunse la proposta di entrare in segreteria appena conseguito il diploma di ragioneria, dal commentatore Menna in persona, rifiutai, dicendo che dopo quasi dieci anni desideravo provare la libertà. La risposta di Alfonso Menna fu pesante: “Sono sicuro – affermò – che ti perderai”. Così non è stato: correva l’anno 1980 in occasione della festa proprio per il centenario di Alfonso Menna, e in quella occasione la costituenda associazione ex allievi riunì tutti i musicisti usciti da quella istituzione, sparsi in tutta Italia. Solo per quel giorno fu ricostruita la banda dell’orfanotrofio, rividi la villetta, i posti dove ho vissuto per tanto tempo, con le lacrime negli occhi  l’emozione grande ritornando ad essere piccolo, correre, ripercorrere la mia vita, la nostra vita, nel corso di una lunga intervista.  Ho rivisto Imparato, Schiavone, Ribetti, Sebastiano, Moscariello e tanti altri ex-allievi anche se non della stessa mia età e di diverso periodo trascorso in istituto, l’uscita dalla porta del Serraglio, ho ripercorso le strade del centro storico, tra la gente che  festosa  ci salutava, in  un’ emozione indescrivibile, che ancora oggi mi riempie di gioia e di soddisfazione, il gran finale a piazza Cavour in un concerto alla presenza del grande presidente Alfonso Menna. Emozione, gioia, piacere, felicità, rivedere e rinverdire i fasti della grande Banda dell’orfanotrofio Umberto I.  Concludo riconoscendo che il cammino della mia vita ricca di soddisfazioni, percussionista, timpanista al Carlo Felice di Genova, deriva dalla esperienza acquisita nel Serraglio prima e nell’istituto dopo, e oggi mi vedete con gli ottoni in mano che continuo a suonare.