Vincenzo Scarlato, la ragione politica prestata alla passione - Le Cronache
Ultimora

Vincenzo Scarlato, la ragione politica prestata alla passione

Vincenzo Scarlato, la ragione politica prestata alla passione

di Antonio Manzo

<Noi, ciascuno di noi, non può vivere sulle spoglie del suo passato; i partiti, come i popoli, che vegetano sui cimiteri della loro storia finiscono alla lunga, per diventarne le croci più dolorose e doloranti>.

La drammatica premonizione politica di Vincenzo Scarlato, è stata pronunciata ben diciannove prima della scomparsa della Democrazia Cristiana. È l’unico grido di allarme che risuona nel consiglio nazionale della Dc convocato a Roma dal 31 gennaio al 3 febbraio ‘75. È l’ultimo consiglio nazionale presieduto dall’allora segretario nazionale Amintore Fanfani che cederà il testimone a Benigno Zaccagnini nel luglio del ’76.

A quel tempo, ci si crogiola molto nella verbosità inutile del rinnovamento della politica che non coglie però la crisi della “Repubblica dei partiti”. Così come la definisce lo storico poi senatore Pietro Scoppola.

Eppure le parole di Vincenzo Scarlato sono lì, immobili nella solitaria ma efficace previsione politica, pronunciata nella selva oratoria di ben 61 interventi “a braccio” dei maggiori leader nazionali del partito e di 15 consegnati scritti alla segreteria dei lavori per una meditata lettura. Le parole nuove di una inesplorata ma ancora indecifrata grammatica politica si rintracciano solo nelle parole di Scarlato, poi in quelle del leader della sinistra di base Nino Galloni, caute ma decise sulla necessità per il partito di cambiare rotta. A rileggere tutti gli interventi, solo quelli di Scarlato e Galloni mostrano, degnamente ma inesorabilmente, le preoccupazioni politiche per il futuro della Dc e non si ritrovano neppure nell’analisi di Oscar Luigi Scalfaro, spesso protagonista di interventi conditi dal ricorrente “tono moralistico” interno alla Dc. Le parole di Scarlato, inascoltate, lasciano il segno mentre tutti sono ripiegati a discutere sul futuro compromesso con il Pci, sui rapporti con il Psi e le necessarie conseguenti delle scelte della Dc.

Tra gli interventi scritti (e siamo nel febbraio 1975) c’è anche quello del parlamentare Vincenzo Scarlato all’epoca leader Democristiano che nella provincia salernitana guiderà la pattuglia dc della “terza generazione” con Bernardo D’Arezzo, Mario Valiante, Nicola Lettieri. Tutti insieme segneranno la politica salernitana per circa quarant’anni, al tempo della modernizzazione dell’Italia e dello sviluppo del territorio salernitano.

Vincenzo Scarlato fu deputato per sei legislature, dal 1958 al 1983 ricoprendo, come sottosegretario di Stato numerosi incarichi di governo. Prima sindaco di Scafati, poi deputato dc, firmò l’impegno politico con un attivismo concreto sul territorio salernitano dando soluzioni e non solo declamando i temi nevralgici dell’industrializzazione (siamo negli anni del boom economico anni Sessanta) delle opere pubbliche e dei progetti speciali dell’intervento straordinario. Il consiglio nazionale della Dc del 1975 è anche il primo che si tiene dopo il contrasto politico di Scarlato con il collega parlamentare irpino Ciriaco De Mita leader della corrente della Sinistra di Base. La miccia che fece esplodere il dissenso sociale nelle “giornate di Eboli” quando le barricate dei cittadini (5-9 maggio 1975) tagliarono in due l’Italia per protestare contro il dirottamento del previsto impianto Fiat nella Piana del Sele, già deliberato per Eboli, alle zone interne dell’Avellinese. La rottura di Scarlato con De Mita avviene sulla Fiat. Ad Eboli arriva la notizia del dirottamento in Irpinia con una grossa mobilitazione sociale che Pietro Ingrao in un suo articolo definisce l’ultimo movimento popolare per il lavoro registrato per il Mezzogiorno nel Novecento: Eboli è l’ultima esplosione di popolo nel Sud dopo Avola, Reggio Calabria, Battipaglia.

 <Il rammarico più forte ce l’ho con De Mita perché quel che ha tolto a Salerno non è stato in grado di trasferirlo da un’altra parte. Egli ha dato un colpo mortale alla provincia di Salerno perché Grottaminarda con la Fiat non è stata irradiante> dice Vincenzo Scarlato nel corso di una intervista rilasciata anni dopo allo storico Carmine Pinto autore alla fine degli anni novanta di uno studio analitico sul Potere e i partiti in provincia di Salerno.

Scarlato sarà ricordato ad Eboli domani, lunedì 8 gennaio, all’Hotel Grazia, ore 17. Sarà il ricordo sulla storia e il tempo vissuto da Vincenzo Scarlato anche a 50 anni dalle giornate di Eboli (maggio 1975).

Con i saluti di Pasquale Sessa, e gli interventi di Vito Pompeo Pindozzi di chi scrive e le conclusione affidate a Guglielmo Scarlato che fu parlamentare Dc dal  ‘92 al ’94.  Sarà una irruzione del ricordo storico-politico ma anche un contributo critico, senza tratti apologetici e nostalgici ripensando ad una grande storia di libertà sul territorio salernitano (una storia, sia pure con distinzioni dei parlamentari della “terza generazione” della Dc Bernardo D’Arezzo, Mario Valiante, Nicola Lettieri e lo stesso Scarlato).

Vincenzo Scarlato è anche nella storia della Democrazia Cristiana che è stata la storia delle sue correnti. Entrate nella retorica anti-partitica, le correnti democristiane sono state anche uno dei contributi più originali del pensiero e dell’organizzazione della Dc dal secondo dopoguerra fino alla sua eclissi.

Ecco, discutere di un uomo e la politica del suo tempo senza alcun desiderio di restaurazione e senza rincorrere i fantasmi delle utopie al tempo attuale di una crisi cronica della democrazia che produce l’afonia politica di cittadini arbitri senza destino e guide.