Di Antonio Manzo
Per lunghi pesanti 41 anni ha testimoniato con dignità un dolore immenso, mai finito, senza accettare il pietismo occasionale.Lucia De Palma, la vedova di Marcello Torre da ieri non c’è più. Lascia una testimonianza di vita segnata dal ricordo del marito Marcello assassinato dalla camorra in quell’11 dicembre del 1980 appena fuori di casa in Via Perani a Pagani.
Quell’avvenimento dividerà per sempre la sua vita in momenti, attimi con e senza il marito Marcello.
Quarantuno anni segnati non solo dal dolore ma anche dalla rabbia di aver ripensato spesso al sacrificio del marito che “voleva salvare Pagani con una battaglia politica assai difficile” testimoniata da una intervista di Marcello Torre al quotidiano “Il Roma” nel maggio di quel tragico anno.
Fu difficile da quel tragico giorno portare avanti la vita seppur con un supplemento di sofferenza per la disgrazia di aver perso il primogenito Peppino. Disgrazia che si somma a dolore.
Lucia De Palma combatté la vita con la dignità del dolore sfidando con encomiabile volontà anche malevoli sufficienze di giudizio a buon mercato sulle inchieste nei giorni e negli anni che vennero dopo la tragedia dell’omicidio del marito.
E’ difficile ricordare Lucia separandola dall’assassinio di Marcello e soprattutto ricordare se “quanti lo avevano esposto al sacrificio”- come aveva profeticamente scritto Marcello a fine Maggio del 1980- siano sempre stati vicini alla famiglia.
Non sarà facile annullare o dimenticare Lucia sola in compagnia della figlia Annamaria quando percorrevano i corridoi dell’ex Palazzo di Giustizia alla ricerca di magistrati di buona volontà che tenessero in piedi prima l’inchiesta e poi i processi contro i mandanti dell’omicidio del marito.
Lucia Torre porta nella tomba anche il ricordo di quando agli inizi del 1982 sembravano aprirsi spiragli nelle ombre che avvolgevano la vicenda dell’assassinio di Marcello. Fu quando ricevette all’improvviso una lettera di tale Valentino Sessa pregiudicato e recluso dall’ospedale psichiatrico di Reggio Emilia: aveva promesso di parlare con un magistrato, nel caso concreto l’allora giudice Domenico Santacroce, dei risvolti segreti intorno all’assassinio di camorra politica.
Anche in quella circostanza Lucia dovette subire il doloroso sconforto di un nulla di fatto. Fino ad arrivare nel biennio 2001-2002 a sentenze definitive in Corte di Appello ed in Cassazione con l’individuazione del mandante in Raffaele Cutolo e l’assoluzione dei presunti esecutori materiali. Per Lucia De Palma non fu la chiusura del cerchio ma solo la conferma di inchieste a suo parere “troppo timide e poco centrate sulla camorra-politica di Pagani”.
Non porterà nella tomba chissà quali segreti avendo sperimentato in vita spesso l’intolleranza che il ricordo di Marcello suscitava perfino nella comunità alla quale aveva dato la propria vita.
Subì anche l’oltraggio alla memoria del marito quando Pagani dovette difendere una piazza ed una memoria. Lucia non si arrese mai, nella dignità del dolore, ben sapendo che la storia era dalla sua parte nella ragionevole certezza di un sacrificio purtroppo esposto ad ondivaghe considerazioni che inficiavano la stessa grandezza della memoria.
Lucia non è mai stata una “vedova dell’antimafia” ma una donna consapevole di poter gridare anche all’interno delle mura cittadine dove era stato ucciso il marito la verità di un ricordo spesso messo a dura prova da “sciatterie localiste” alimentate dagli stessi che avevano assecondato il sacrificio di un uomo per una “Pagani civile e libera”.
Di qui a pochi giorni ricorrerà anche l’anniversario dell’omicidio di Marcello Torre. Lei non ci sarà. Lascia alla comunità un testamento morale. Lascia alla figlia Annamaria il compito di combattere contro l’indifferenza perfino della stessa Pagani.