di Michelangelo Russo
Le notizie recenti su possibili rimpasti in Giunta Comunale a Salerno non meravigliano nessuno. In verità si è capito da tempo che questa Giunta “tecnica” fatica ad avere idee innovatrici, sempre possibili pur in una situazione di sfascio economico delle casse comunali (situazione in verità tendenzialmente endemica). Mancando le risposte visibili sulle emergenze, ci si azzanna in Comune avendo di mira più che la Città, i miseri calcoli clientelari di gruppi e gruppetti, non escluse grandi manovre per le ambizioni eterne di natura dinastica.
Ma possibile che con la pandemia che non si sa se ritorna, con la guerra in corso che fingiamo di ignorare, con la condizione drammatica di chi guadagna (quando guadagna) poco più di mille euro al mese mentre l’inflazione gli uccide i giorni venturi, questi signori che prenderanno l’anno venturo circa seimila euro al mese come assessori (ne prendono adesso qualcosina di meno) non sanno immaginare come far guadagnare qualcosa all’economia cittadina? Non dico l’apertura di centri culturali di attrazione turistica (la cultura purtroppo da anni è oggetto di conversazioni e di proclami, ma non di realizzazioni); non dico una politica di contrasto alla rendita fondiaria (e parassitaria) dei proprietari dei locali commerciali, fatta a favore di chi paga fitti altissimi; dico e pretendo che qualcuno, in questa Giunta sospesa sul baratro, inizi a parlare e a contabilizzare, per il recupero, i guasti quantomeno estetici a una città abbandonata nel degrado. Dalle periferie al centro, un progetto di estetizzazione potrebbe essere avviato con un nulla, e con profitto dell’economia territoriale. Ad esempio, la ceramica vietrese, che sta fuori porta, è stata una delle espressioni culturali, nel passato, più celebri nel mondo. Sfido singolarmente gli assessori a saper riconoscere un pezzo storico degli anni ’30 del Novecento di Riccardo Dolker, Irene Kowaliska, Guido Gambone, Leopold Anzengruber, qualora glieli si mostrasse. Negli anni ’50, la Salerno di Menna utilizzò molto la ceramica vietrese per abbellire spazi pubblici. Non c’era opera pubblica che non recasse una testimonianza almeno del nostro artigianato ceramico, già famoso da decenni. La Salerno delle opere “imperiali e millenarie” della propaganda ducesca di questi anni non ha visto una mattonella o un pannello decorativo se si esclude la bellissima (e abbandonata) Fontana della Felicità di Ugo Marano. Ma perché non istituire un assessorato all’estetica, che, a costo zero per le finanze, utilizzi gli orridi muri di cemento delle tante bruttezze cittadine come spazi pubblicitari in concessione a privati da decorare con opere di ceramica vietrese, nostrana; utilizzate come veicolo pubblicitario, ma creativo, per illuminare la città di luci d’artista diurne e perenni, e non le stanche luci d’artista notturne di Natale? Una città rilucente di cromie vietresi, che sarebbe unica nel Mediterraneo e un biglietto da visita per tutto il territorio. I vietresi hanno, per conto loro, già capito la validità di questo tipo di richiamo cromatico. Il lungomare di Marina di Vietri ha panchine e muretti che sembrano un museo a cielo aperto. Perché non fare in grande lo stesso per Salerno? E perché non delegare a un assessore all’estetica il censimento di quei palazzi che, a partire dal centro, Corso Garibaldi e Corso Emanuele, danno con la decadenza dei loro intonaci cadenti e pericolosi il segno della pidocchieria dei proprietari, e della cafonaggine progressiva di una città immemore del concetto di qualità della vita civile? Una città imbarbarita dalla mediocrità e dalla tristezza della politica dei rimpastucci di giunta, e dei nomi e nomignoli da sistemare per le prebende degli assessorati.
Staremo a vedere! I vecchi pescatori di sciabica, quando ero ragazzino, stavano sempre a sperare che nel “cuoppo di fondo” della rete uscisse, nel mazzame dei pesci di scarto, prima o poi un pesce buono. L’assessore all’estetica potrebbe essere quello.
Michelangelo Russo