Truffe, l'ombra di un poliziotto salernitano - Le Cronache Ultimora
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Truffe, l’ombra di un poliziotto salernitano

Truffe, l’ombra di un poliziotto salernitano

La vicenda dell’appalto per la Manutenzione del Patrimonio Lavori (MPL), portata alla ribalta nazionale dal servizio di ieri sera, continua a gettare un’ombra pesante su Salerno. Al centro dell’indagine giornalistica e, con ogni probabilità, ora anche di quella giudiziaria, non c’è solo l’ingegnere Giuseppe Vicinanza, il dirigente salernitano in posizione apicale nell’ente gestore del maxi-contratto, ma anche il suo parente, Alfonso Vicinanza, la cui figura aggiunge un elemento di estrema delicatezza istituzionale: quella di un appartenente alle Forze dell’Ordine. Il fatto che il funzionario salernitano di primo piano, Giuseppe Vicinanza, sia chiamato a rispondere della gestione di un appalto multimilionario in un contesto di presunte irregolarità è già motivo di grande preoccupazione locale. La circostanza che un suo congiunto, Alfonso, sia stato menzionato da un testimone come persona favorita in incarichi di consulenza o comunque beneficiaria dell’indotto generato dal contratto, e che sia anche un poliziotto, trasforma il caso in un potenziale scandalo che unisce burocrazia e forze dell’ordine, innescando una crisi di fiducia che va oltre la singola accusa di abuso. Giuseppe Vicinanza ha costruito la sua carriera lontano da Salerno, ma mantenendo un forte legame con le sue origini. La sua ascesa nei ranghi amministrativi di enti gestori di grandi opere lo ha reso un tecnico stimato, ma è proprio da questa posizione di potere che l’inchiesta de “Le Iene” ha fatto partire il suo j’accuse. I riflettori si sono accesi sulle procedure con cui il contratto MPL sarebbe stato pilotato, con criteri di gara che, secondo i detrattori, avrebbero escluso la concorrenza più ampia in favore di un ristretto team di aziende. L’elemento di rottura, che ora impone un cambio di passo nell’analisi del caso, è l’identità di Alfonso Vicinanza. Secondo quanto raccolto dal team investigativo, l’uomo non solo è legato da vincoli familiari al dirigente Giuseppe, ma eserciterebbe la professione di poliziotto. Questa rivelazione getta un sospetto ancora più serio sul potenziale conflitto di interessi, ponendo interrogativi non solo sulla correttezza amministrativa della gara d’appalto, ma anche sull’etica e l’imparzialità di chi indossa una divisa e dovrebbe essere custode della legalità. L’ipotetica posizione di Alfonso Vicinanza, come poliziotto che ottiene benefici economici indiretti o diretti da un appalto gestito da un parente alto dirigente, rappresenta un’intersezione tra potere tecnico-amministrativo e istituzioni di sicurezza che è difficile da ignorare. Le accuse non riguardano un semplice favore tra privati, ma toccano la sfera della pubblica amministrazione e di un corpo dello Stato preposto al controllo e alla vigilanza. Il testimone sentito in anonimato ha fornito dettagli che sembrano puntare a una rete di favori e scambi ben oliata. La sua deposizione, incentrata sui vantaggi ottenuti da Alfonso Vicinanza nell’ambito del maxi-appalto, suggerisce che il nome del parente sarebbe stato speso per ottenere consulenze o agevolazioni. È essenziale sottolineare che, in un sistema complesso come quello degli appalti pubblici, anche le consulenze minori o gli incarichi di supporto possono generare un flusso di denaro significativo. La difesa di Giuseppe Vicinanza, che si è trincerato dietro la regolarità delle procedure tecniche di fronte alle telecamere, ora è resa ancora più ardua. Deve non solo dimostrare la trasparenza del suo operato, ma anche l’assoluta estraneità di suo parente, il poliziotto, a ogni forma di guadagno indebito o illegittimo legato al suo ruolo dirigenziale. L’interrogativo che si pone ora è se l’appartenenza di Alfonso Vicinanza alle Forze dell’Ordine abbia facilitato in qualche modo l’ottenimento di incarichi, sfruttando la sua posizione istituzionale, sebbene in un ambito diverso da quello di competenza diretta. A Salerno, la doppia implicazione ha moltiplicato lo sconcerto. La città si sente doppiamente colpita: da un lato, un suo “figlio” eccellente è al centro di uno scandalo nazionale sugli appalti; dall’altro, l’accusa lambisce il mondo della sicurezza pubblica, aggiungendo un elemento di profondo imbarazzo istituzionale. La politica locale è chiamata a un difficile esercizio di equilibrio. Sebbene la vicenda sia di competenza della Procura, l’opinione pubblica esige risposte e una chiara presa di distanza da ogni forma di opacità o favoritismo che coinvolga il nome della città e i suoi professionisti. La magistratura, sollecitata dall’ampiezza dell’inchiesta mediatica, ha tutti gli elementi per procedere con l’accertamento di potenziali reati. L’ipotesi di turbativa d’asta, abuso d’ufficio, e di un potenziale concorso in corruzione si fa più concreta, specialmente se i legami familiari tra il dirigente e l’uomo delle forze dell’ordine dovessero tradursi in prove di vantaggi illeciti. Il caso Vicinanza non è più solo una storia di appalti e burocrazia, ma un monito severo sulla necessità di separazione e trasparenza tra le diverse funzioni dello Stato. L’ombra della divisa sull’affare MPL impone una vigilanza ancora maggiore e richiede un’azione rapida e incisiva delle autorità per ristabilire la piena fiducia nella correttezza dei processi pubblici e nell’integrità di chi è chiamato a servirli, a tutti i livelli, da Salerno a Roma.