di Andrea Pellegrino
Ogni qualvolta un evento tragico investe il nostro Paese, si discute, anche animosamente, sulla necessità di evitare che per il futuro simili tragedie possano continuare a verificarsi o quantomeno a mitigarne i danni. Oggi, come per il passato, il terremoto continua a colpire i nostri territori lasciando dietro di sé morti e macerie. Sono così tanti gli eventi calamitosi che ogni anno funestano le nostre regioni che siamo, per davvero, diventati bravi a gestire le diverse fasi dell’emergenza. Anche stavolta, nel caso degli ultimi tristi accadimenti che hanno interessato, in particolar modo, l’Umbria e le Marche, la macchina dei soccorsi si è attivata alacremente, sostenuta dalla bontà e lo spirito di abnegazione dei tantissimi volontari che, in simili disgraziate occasioni, non fanno mai mancare il proprio, determinante, supporto. Ma uno Stato non può vivere perennemente in attesa di accadimenti che, sebbene in alcuni casi la scienza non sia in grado di prevederli, certamente si rivelerebbero meno drammatici in termini di perdita di vite umane e di danni al patrimonio storico ed edilizio del territorio colpito se solo venissero attuati taluni accorgimenti. In Campania, per restare nella nostra Regione, che pure conta diverse tragedie, da anni si parla del fascicolo del fabbricato che, almeno in teoria, dovrebbe rappresentare la storia di ogni singolo palazzo, con l’indicazione di tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria eseguiti nel corso degli anni per arrivare poi ad un giudizio sulle reali condizioni di staticità dello stesso ed eventualmente degli interventi necessari per renderlo sicuro. Ad onor del vero, i legislatori campani, nel 2002 e poi nel 2009, hanno approvato, seppur timidamente, delle leggi che andavano a prevedere l’istituzione del “fascicolo del fabbricato” che nulla o poco hanno sortito per essere state impugnate dal Governo e perché censurate, almeno in parte dalla Corte Costituzionale. Dopo: il nulla, almeno fino a quando, la notizia è di pochi giorni fa, il presidente De Luca è ritornato sull’argomento impegnandosi ad approvare il testo in pochi mesi. Ma questo non basta, lo Stato non è il quartier generale della Protezione Civile; al Governo e al Parlamento spetta il diritto dovere di programmare ogni intervento utile e necessario per migliorare le condizioni socio-economiche-ambientali dei propri cittadini ma garantendone, innanzitutto, l’incolumità fisica. Ebbene, è di questi giorni una proposta del senatore Renzo Piano, che il mondo ci invidia per le sue indubbie elevate qualità professionali. L’illustre urbanista, partendo dal concetto che i terremoti ci sono stati e ci saranno, ritiene che non possiamo fare altro che mettere a sicuro le nostre case con un piano di interventi atti a consolidare i fabbricati, utilizzando le tecniche più recenti che consentono di poter operare con cantieri leggeri e senza spostamento delle persone, prevedendo, a tal proposito, l’istituzione della figura dell’architetto condotto, una sorta di medico – secondo il senatore Piano – preposto non Certificazioni antisismiche nelle scuole, Feneal-Uil: «Bisogna agire, basta chiacchiere» alla cura delle persone ma degli edifici malandati e a rischio di crollo in caso di sisma. Un piano di salvaguardia e di tutela del patrimonio edilizio di durata cinquantennale, ipotizza l’architetto Piano, che coinvolge due generazioni ma che va programmato sin da subito. Auguriamoci allora che l’emergenza passi presto ma anche che il Governo Nazionale e quello delle Regioni intervengano efficacemente svolgendo il ruolo loro affidato che, fondamentalmente, consiste nell’attuare interventi di programmazione. La terra ha tremato e tremerà ancora, è il momento di agire; la natura fa il suo corso, spetta all’uomo intervenire per fissarne gli argini. Non è possibile vivere in uno stato di perenne precarietà, com’ è da sciocchi o da irresponsabili addebitare tutto alla fatalità, gli effetti del terremoto come pure dei nubifragi si possono mitigare, ponendo magari finalmente rimedio ai tanti errori del passato con una cementificazione selvaggia e con condoni edilizi non sempre giusti che hanno indebolito in diversi casi la staticità degli immobili sottoposti ad ampliamenti e modifiche che ne hanno che ne hanno appesantito oltre misura la struttura, incidendo, peraltro, negativamente su una situazione di dissesto idrogeologico già compromessa e che vede l’Italia notevolmente a rischio.