Abbiamo intervistato Stefano Cosi , in rappresentanza del mondo dell’arte completamente congelato e forse dimenticato in questo periodo, che ci ha raccontato come sta vivendo le sue giornate e quanto gli manchi la sua vita caotica tra i rumori e la preparazione del set cinematografico.
Di Giulia Iannone
In cosa consiste il lavoro dell’attrezzista del cinema e teatro?
“In realtà sono due attività molte diverse tra loro: sono un attrezzista di cinema (che si divide poi in quello di “scena” e quello di “preparazione”); lavoro in preparazione e metto in pratica le esigenze “scenografiche” previste dal copione. Lavoro a stretto contatto con scenografi e arredatori; ma soprattutto, chiodi, martelli, sega, legno, carta, ferro, pennelli sono i miei veri compagni di lavoro, senza i quali non potrei soddisfare le richieste, spesso davvero bizzarre!”
Come stai vivendo questo periodo di emergenza covid 19 e cosa ti manca del tuo lavoro?
“Sono abituato a lavorare molto spesso all’aperto, moltissime ore al giorno e con tanta gente intorno, quindi mi sto riposando tanto e, annoiando ancora di più. Onestamente, non vedo l’ora di ricominciare. Mi manca il caos della preparazione di un set, il rumore degli attrezzi, la confusione tra le mille cose da fare, il rapporto con i colleghi del reparto, i continui cambi di programma. Il cinema è un mondo stressante, ma che ti coinvolge totalmente. La cosa che mi manca di più? la consegna del set e, la soddisfazione, di chi non immaginava che saresti riuscito a realizzare, esattamente, quello che si aspettava e forse anche meglio!”
Come hai deciso di intraprendere un lavoro così particolare ed inusuale: come si diventa attrezzista?
“Direi che è un caso, o meglio un insieme di casualità. Vengo da una famiglia in cui la creatività è sempre stata presente: mia madre, che ha sempre dipinto, ha fatto la costumista al Teatro dell’Opera e mio padre amava l’architettura d’interni e l’arredamento.
Quanto a me, ho cominciato facendo l’autista per gli attori, non sapevo bene cosa avrei fatto da grande e avevo una gran voglia di divertirmi. Poi, vivendo quel mondo e conscio delle mie doti, il caso ha voluto che mi ritrovassi, un po’ per gioco, a fare l’attrezzista”.
Citiamo un ricordo speciale: un set difficile, o speciale o inatteso?
“Il set più difficile, forse, il grande lavoro che è stato fatto per il film “Il primo Re” o forse “The Passion”: Mel Gibson è un regista davvero particolare”.
Quale la soddisfazione più bella in ambito lavorativo?
“Fare il mio lavoro, intendo con questa frase sottolineare, avere la soddisfazione di essere apprezzato”.
Gli incontri speciali o indelebili: a chi sei legato in maniera particolare e perché?
“Al cinema!”
So che sei molto affezionato a Franco Zeffirelli: Puoi raccontarci di lui, del suo genio ed estro creativo. In che occasione lo hai incontrato? Hai un episodio od un momento legato a questo grandissimo Maestro?
“Certo! Mi ha commissionato – lui personalmente, che ho conosciuto tramite altri contatti di lavoro – alcuni “pezzi” dell’opera Turandot, comprata poi dagli arabi. Per quest’opera ho fatto delle maschere e altro, un lavoro da vero Artista. Figurati che Lui chiamava Maestro me. Ho avuto anche la fortuna e l’onore di restaurare, alcuni pezzi della sua collezione personale, che oggi è esposta al Museo Zeffirelli di Firenze.”
Stefano, cosa stai facendo in questi giorni , per mantenerti occupato e motivato anche mentalmente , in attesa di tornare alla tua vita?
“Mi riposo, mangio tanto, guardo la televisione e aspetto. Poi ci sono i soliti lavoretti domestici che ovviamente mi riescono molto bene”.
C’è qualcosa che vorresti dire o raccontare o segnalare in favore di tutti coloro che lavorano nel mondo dell’arte musica e spettacolo?
“Che è un settore meraviglioso e spero tanto, per tutti noi di questo mondo, che si possa ricominciare al più presto”.