Di Adriano Falanga
L’inciucio è servito. Aliberti fa tredici grazie a Michele Raviotta e Filippo Quartucci, ma è costretto a votare anche lui, per raggiungere il quorum. I due esponenti dell’opposizione hanno salvato l’amministrazione votando il rendiconto di una gestione amministrativa a cui non hanno partecipato. Una fiducia politica sulla parola, una garanzia che gli alibertiani hanno preferito all’accordo con i tre dissidenti loro colleghi di maggioranza. Tredici a dodici, compreso il voto del primo cittadino. Questo è il nuovo equilibrio consiliare che il voto al bilancio consegna alla città. “Si rompe una maggioranza su baggianate. Avevamo condiviso quasi tutti noi le proposte di identità scafatese, ho provato a compattare una maggioranza ampia, ma non ci sono riuscito. Le proposte erano condivisibili – poi anticipa – io vado avanti, lo faccio nell’interesse della città. Non ci sono tredici voti contrari. Abbiamo delle responsabilità e bisogno di una ripartenza con nuove energie e nuovi stimoli”. E così l’annuncio: “apro a quell’opposizione costruttiva per andare avanti, poi nel 2018 ognuno farà quel che riterrà opportuno. Grazie a voi che avete deciso di votare questo bilancio nell’interesse della città”. Santocchio: “questo è trasformismo politico, lei ha perso il 60℅ della sua maggioranza. Lei non ha più i numeri. Chiuda quest’esperienza politica”. Raviotta “ho sempre votato i provvedimenti a favore della città. Oggi dalla maggioranza qualcuno si accorge stranamente che qualcosa non va. Stasera noi non stiamo salvando Pasquale Aliberti, ma la città dal commissariamento che bloccherebbe la città – spiega il neo consigliere di maggioranza – noi siamo uomini liberi, e votiamo in favore dei cittadini”.
“Abbiamo firmato un documento assieme al sindaco, ma sono mancate le firme degli altri consiglieri di maggioranza. Per questo motivo noi lasciamo l’aula”. E cosi salta l’accordo con Identità Scafatese, dopo quello che è stato il pomeriggio più lungo dell’amministrazione Aliberti. Tutto comincia intorno l’ora di pranzo, quando Giancarlo Fele, vice sindaco facente funzioni, azzera le deleghe agli assessori. È il primo atto dell’accordo, dopo l’azzeramento del CDA Acse e delle deleghe ai consiglieri comunali. Resta da sottoscrivere un accordo, decisamente articolato e variegato. Si punta non solo al contenimento della spesa, ma anche il “potere” in capo al primo cittadino viene ridimensionato. È chiaro che la firma a quell’accordo consegna alla città un Aliberti ridimensionato. Ad ogni modo, il sindaco accetta tutto, rinnegando se stesso e rivendendo molte sue posizioni espresse in passato, come riconoscere alla minoranza un componente nei CDA delle partecipate. Sembrava fatta, poi il netto rifiuto di Brigida Marra e Diego Del Regno fanno saltare il banco. Occorre il piano B, quell’ inciucio che tanto non piace alla città, e che Aliberti ha provato ad evitare. L’alternativa è il commissariamento. “Hanno preferito l’incucio alle nostre proposte – fa sapere Stefano Cirillo – Forse gli altri componenti della maggioranza sono troppo attaccati a vecchie logiche e preferiscono gli inciuci piuttosto che trattare con chi è stato eletto con loro nel 2013”.
Sul bilancio si registra un forte attacco di Aliberti alla minoranza “un consigliere ha ben 19 mila euro di ruoli non pagati, e viene qui a parlare di bilancio, è un delinquente politico”. Sbotta Santocchio “ci sono anche i genitori di un tuo consigliere e alcuni tuoi assessori che non pagano”. La replica “loro hanno un contenzioso, cosa diversa dal non voler pagare”. È palese che entrambi sono a conoscenza di un elenco di morosi inerente politici e amministratori, che viene usato come arma di uno scontro politico, più che denunciare doverosamente e pubblicamente. Assente anche questa volta Pasquale Coppola, presidente del consiglio comunale. Assente anche Angelo Matrone e Cristoforo Salvati, assieme al pidiellino Pasquale Vitiello. “Coppola starà pregando per me, ne sono certo” ironizza il sindaco.
IL DOCUMENTO RESPINTO
IL RETROSCENA DELL’INCIUCIO
Pasquale Aliberti ci avrebbe provato fino alla fine a mettere su una nuova maggioranza, pur di non cedere alle condizioni di Identità Scafatese. L’azzeramento della giunta è avvenuto solo nel pomeriggio, e solo quando Angelo Matrone ha posto definitivamente il no all’inciucio. Il consigliere di Fdi è stato a lungo “corteggiato” non solo dagli alibertiani, ma avrebbe diverse volte avuto anche incontri con Aliberti e il gruppo Cotucit di Michele Raviotta e Filippo Quartucci. Sostituire i tre dissidenti con tre di “opposizione costruttiva”, era l’obiettivo del primo cittadino, sostenuto da gran parte di coloro che ancora gli erano vicini a prescindere. Del resto, sia Brigida Marra che Teresa Formisano lo avevano più volte serenamente ammesso, aprendo le porte e allargando le braccia. Un nuovo gruppo a tre, dove magari Matrone sarebbe stato l’espressione in Giunta, o addirittura lo avrebbero sponsorizzato per la candidatura a sindaco. Il consigliere di Fdi però, pur non negando mai il confronto, non è riuscito a trovare margini per il grande salto. Come avrebbe potuto votare un Rendiconto di Gestione, lui che non aveva affatto gestito? E come avrebbe mai potuto accettare di entrare in una maggioranza messa a ferro e fuoco dai suoi stessi componenti? “Una cosa è l’entrata in una squadra coesa e numericamente stabile, ma così non me la sento” avrebbe sostanzialmente spiegato Matrone, alla fine delle trattative. E dal quadro emerge un attento e puntuale Raviotta, regista della strategia concordata, ovviamente, con il primo cittadino. Il rifiuto del consigliere vicino ad Edmondo Cirielli (che pure è da tempo in rottura con i colleghi Santocchio e Salvati) avrebbe creato i presupposti per la corsa al “tredicesimo” uomo tra i consiglieri di maggioranza. Un numero pesante e importante, che ha portato il sindaco sotto pressione del fuoco amico. Ecco quindi spiegato il perché alla fine Aliberti ha scelto il “male minore”, e cioè di accordarsi con Bruno Pagano, Stefano Cirillo, Daniela Ugliano e attraverso loro, ricucire con il dimissionario assessore al Bilancio Raffaele Sicignano. Una mossa astuta che gli avrebbe permesso di evitare la pressione del cosiddetto tredicesimo, evitando di consegnare alla città una squadra di maggioranza diversa per quasi la metà, da quella uscita dalle urne nel 2013. Alla resa dei conti però, è saltato tutto.
SALVATI: “MI RITIRO SULL’AVENTINO”
“Sono stanco di vedere farse in consigli comunali dove l’interesse collettivo viene stralciato per arrivismi personali e dove è lesa l’immagine stessa della politica della nostra Città, sottoposta da tempo al vaglio della Commissione D’accesso e della Magistratura Inquirente Antimafia”. Parole pesanti, pronunciate nel pomeriggio da Cristoforo Salvati, capogruppo Fdi, preannunciando la sua assenza volontaria dalla seduta consiliare. “Le notizie sempre più inquietanti della stampa della Commistione tra politica e camorra, dove aleggia l’ipotesi del voto di scambio, insieme a continui consigli comunali deserti per mancanza di maggioranza per l’approvazione del consuntivo e del bilancio previsionale, insieme alla recente farsa della decadenza e alla luce dei tanti fallimenti politici collezionati da Aliberti e Co.(PUC, PIP, POLO SCOLASTICO etc.) mi spingono a ritirarmi sull’Aventino non partecipando all’ennesimo spettacolo indecoroso, per evitare di assistere a finali scontati dove nasce o “l’inciucio” con l’opposizione o “governi balneari” pronti ad assumersi responsabilità più grandi di loro solo per la bramosia della poltrona – continua l’ex candidato sindaco – La nostra Città non si sente più rappresentata da questa classe politica ed ha bisogno di un cambio di passo con la nascita di una nuova classe dirigente, che ritorni ai valori di una politica di passione civile ed impegno morale, nella consapevolezza che non tutto è perduto, insieme ad una nuova coscienza civile della nostra società, che funga da stimolo per la crescita dei nostri territori e che combatta insieme alla politica la Camorra non solo con facili slogan, ma con impegni concreti”.