Sanità obsoleta e politicizzata - Le Cronache
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Sanità obsoleta e politicizzata

Sanità obsoleta e politicizzata

di Salvatore Memoli
Non voglio parlare di sanità parteggiando per chi accusa e chi tenta di evitare le responsabilità di gestioni molto difficili. Voglio parlare di pazienti, cioè di cittadini, che diventano numeri inseriti in protocolli o percorsi che perdono qualsiasi controllo sulla opportunità e l’utilità di stare dalla parte delle persone. Da una recente ricerca risulta che quando un cittadino si avvicina ad una struttura sanitaria ed in particolare ad un pronto soccorso, aumenta la sua ansia e la sua inquietudine ancor prima di essere avviato ai primi controlli. Questi fattori si stanno allargando a macchia d’olio. La gente ha paura di arrivare in ospedale, teme per l’incertezza e la vaghezza dei contatti con il personale, sanitario e parasanitario. Il pronto soccorso è un luogo di depressione psicologica, il posto dove si verifica una separazione tra il prima e il dopo, tra quello che eri e quello che diventi, il più delle volte circondato da indifferenza e spersonalizzazione. Se esistesse un modo per evitare un pronto soccorso credo che le persone sarebbero disposte a tutto. Le difficoltà negli ultimi anni si sono ulteriormente complicate dopo la pandemia che ha definitivamente impresso nella mente di tutti l’idea della drammaticità della sanità. Ora siamo in una condizione di collasso operativo, una situazione che ha posto in evidenza tutti i limiti di un settore impreparato alle emergenze. La pandemia ha creato nei pazienti il terrore di entrare in ospedali, con l’evidente separazione da tutti, l’isolamento forzato che ha accentuato la crisi di una sanità malata. Le strutture sanitarie sono diventate isole inaccessibili a giusto motivo ma con eccessivo atteggiamento indulgente per tutto ciò che separa medici, infermieri, pazienti e familiari. I lati umani sono stati completamente posposti alle organizzazioni operative. Se sia stato giusto o sbagliato non credo che si possa tagliare la verità secondo convenienza. È certo che un muro è stato elevato nella comunicazione, nel rapporto con il mondo del paziente fino a negare qualsiasi relazione. Il post pandemia non ha cambiato le cose, conservando comportamenti di separazione e di diffidenza verso chi all’esterno delle strutture attende un cenno di bollettino sulla salute dei suoi cari. La sanità ne esce decisamente indebolita da questi ultimi anni, con l’aggravante di una popolazione invecchiata, di personale sanitario stressato e al limite del pensionamento e i ricambi che si rendono difficili a ragione della mancanza di giovani laureati. Intanto nella fase che dovrebbe tornare ad essere ordinaria, si allungano le liste di attesa, si registrano disparità tra persone, ricorso alla sanità privata. In più si assiste in alcune Regioni ad una forte migrazione sanitaria con conseguenza crescita della spesa oppure a gente che rinuncia a farsi curare e che diffida delle cure dei medici. Il Consiglio dei ministri tenta di correre ai ripari ma i dati nonostante un positivo rapporto tra la spesa sanitaria e il Pil che si sono contratti passando dal 6,9 per cento del 2022 soltanto al 6,7 per cento. Le verifiche ci dicono che in termini assoluti la spesa prevista per il settore è cresciuta di 4,3 miliardi di euro. Un incremento apparente (+3,8 per cento) fagocitato da un’inflazione ancora troppo alta. Purtroppo le soluzioni politiche continuano ad ignorare un modello di organizzazione sanitario che mette al centro il paziente con tutto ciò che implica, i suoi bisogni primari, le sue sicurezze che sono scomparse da tutti i protocolli praticati. La sanità pubblica può ancora recuperare se non vuole abdicare il suo scettro ad un privato moderno, aggiornato, competitivo e disposto alle sfide. A noi interessa che al centro di ogni riforma venga riportata la persona, con i suoi diritti umani prima del paziente, che al momento è stata annullata.