Salerno. L’otto volante del Parco del Seminario - Le Cronache Salerno
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Salerno. L’otto volante del Parco del Seminario

Salerno. L’otto volante del Parco del Seminario

di Alfonso Malangone*

Non sorprendono le dichiarazioni di Associazioni e di residenti della parte alta della Città. La loro delusione per lo stato di totale abbandono del Parco del Seminario, nonostante la predisposizione di un progetto di recupero nel piano triennale dei lavori e benché fossero stati acquisiti i relativi fondi, è fortemente condivisa da tutti coloro che hanno a cuore la Città come ‘culla della vita e per la vita’, non come ‘antro infernale’ nel quale sopportare le punizioni del Lucifero di turno. Di fatto, per la usuale presenza di un grande divario tra il dire e il fare nella programmazione degli interventi decisi dall’Ente, dovrebbero essere sempre accolti con opportuna cautela gli impegni espressi in documenti pure se con visto di ufficialità. Perché, a parte il fatto che per le previsioni vale la regola del “se li avessi, e se potessi, ti pagassi”, sono stati fin troppi i cambi di programma intervenuti nel corso del tempo con la destinazione ad altre finalità delle somme acquisite con vincolo di destinazione. In verità, la condizione del tutto disonorevole del Parco fu denunciata fin dal lontano mese di Giugno del 2019 dall’arch. Daniele Magliano, profondo conoscitore della cultura, dell’arte e della storia della Città, che descrisse in un dettagliato commento l’esito di una ‘passeggiata’ lungo i vari terrazzamenti, con la visita dell’area delle giostrine, inutilizzabili, e di quella dedicata alla Madonna di Lourdes, imbrattata, tra panchine distrutte, muri di cemento sfaldati dalle radici degli alberi e zone transennate per evidenti pericoli. A quella data, risultavano agibili sole la piazzola con i portici e i due campetti di calcio assegnati in concessione. Scrisse: “ritorno ai campetti di calcio e mi dirigo verso l’ingresso di via Urbano II: un viale con muri totalmente imbrattati e corpi illuminanti a parete in parte distrutti. Il percorso mi porta verso un’ampia area abbandonata e degradata che converge verso l’ascensore d’ingresso, anch’esso non attivo e mal ridotto e privo di illuminazione (distrutta da atti di vandalismo). L’unico collegamento con via Urbano II è pertanto solo una piccola rampa di scale anch’essa chiusa”. Di fronte a tutto questo, la Salerno Città Europea non è una ‘narrazione’, è una vergognosa presa in giro. Così, una domanda è naturale: “se c’erano progetto e fondi, perché nulla è stato fatto”? Una risposta sarebbe gradita e dovrebbe pure chiarire perché nulla è stato fatto, ad esempio, per altre cose promesse fin dal 2022 quali: la riqualificazione del “Palatulimieri” per 2,1milioni, il parcheggio di San Leo per 1milione, il recupero della Piscina “Vitale” per 2,6milioni, le piste ciclabili. Di altro, è meglio tacere. Talora, qualcuno ha fatto riferimento al ‘maiora premunt’, come dicevano i latini, o alla necessità di non perdere i finanziamenti a causa dei ritardi accumulati. Furono queste le motivazioni del trasferimento al Parco del Mercatello dei fondi destinati alla Chiesa di Santa Maria de Alimundo, della Palazzina Liberty-MCM, della Casa del Combattente e di Palazzo Genovese, nonché dell’utilizzo di 5,9milioni, in parte destinati al Palazzo di Città e al Teatro Verdi, per l’acquisto di 9 autobus elettrici (!?). Se fosse vero che ‘ogni promessa è debito’, la Città sarebbe davvero ricca. In questo contesto, è molto probabile, se non verosimile, che il futuro del Parco sia collegato al futuro della cava del Cernicchiara, a confine, e a quello della viabilità nell’area compresa tra i due opposti versanti. Di quest’ultima, sembra manchi tuttora il progetto esecutivo per il quale neppure sarebbero disponibili le verifiche di compatibilità con i rischi idrogeologici dei luoghi, catalogati di 3° e 4° grado, i livelli più elevati (fonte: Ispra). Qualcosa fu detto, in passato, circa la costruzione di uno svincolo volteggiante, dopo la galleria ‘Seminario’, con andamento trasversale – sbieco – sul corso del fiume e arrivo nel curvone di via Principessa Sichelgaita. A seguire, si è sentito dire di un otto volante sostenuto da pilastri di 30 metri infissi nel fiume sottostante. Epperò, ad oggi, nulla si sa, soprattutto se sia ancora valida l’ipotesi di fare un ponte definitivo, “se piacerà”, ma anche “provvisorio” (cit.) e da demolire, dopo, se non piacerà. E’ stato già proposto di realizzarlo con milioni di “mattoncini Lego” per consentirne la distribuzione ai bimbi negli Asili dopo l’eventuale abbattimento. Si sa, evitare di buttare soldi è sempre opportuno. In verità, il collegamento tra il destino del Parco e la mobilità trova conferma in alcuni disegni, forse ‘sfuggiti’, nei quali è stato ipotizzato di elevare di qualche metro il piano stradale di via Domenico Moscato al fine di ridurre il dislivello con le uscite delle gallerie e, quindi, di attenuare le pendenze da affrontare con i tir. Non solo. Potrebbero ‘saltare’ addirittura i campetti di calcio, con parte dell’area del Parco al confine con la cava, per dare più spazio alle ‘volute’ del girotondo e agevolare l’ingresso nella stessa cava dei tir per il deposito dei container e delle merci del porto. In un sistema democratico, incentrato sul rispetto dei diritti dei cittadini, a partire da quello di vivere in un ambiente sano e pulito, si parlerebbe di tutto questo in modo chiaro e trasparente, invece di discuterne nel chiuso delle stanze per fare ‘una sorpresa’. Anche qui, una domanda è naturale: “forse c’è la consapevolezza di gestire progetti potenzialmente disastrosi per il territorio e l’ambiente”? Il diritto di vita e di morte non fa parte dei compiti assegnati con la delega elettorale! A causa di tutto questo, per evitare ansie e aritmie, è consigliabile mettere l’anima in pace perché non sarà certo breve il tempo necessario alla riqualificazione del Parco. Però, una novità c’è. Nel Documento di Orientamento Strategico deliberato dal Consiglio Comunale quale premessa per l’accesso ai fondi Europei 2021/2027 del PRIUS-Programma di Rigenerazione Integrata Urbana Sostenibile, quell’intervento risulta presente nella Linea 4, Cultura e Turismo, anche se le tante opere previste e, tra esse, i recuperi di Palazzo di Città, del Casino Sociale, di Palazzo San Massimo, della Casa del Combattente, della Villa Comunale, dell’ex Tipografia Volpe, insieme ai progetti delle Linee 1, 2 e 3, fanno ritenere inadeguata l’entità delle risorse disponibili per tutto, pari a 22.848.936,97. A meno che non si voglia poi decidere quali fare, perpetuando una consolidata abitudine. Ovviamente, per quanto riferito, si fa salvo ogni errore. Il punto vero è che il recupero del Parco meriterebbe di essere accompagnato da una diversa e più propositiva ipotesi di utilizzo dell’intero complesso con la finalità di ripristinare in Città le condizioni culturali che, oltre 30 anni fa, consentirono le prime espressioni artistiche di ‘menti davvero fantastiche’. Tra esse, quelle del ‘Teatrogruppo’, oggi ‘Patrimonio Culturale’ della Città per volontà della Soprintendenza BAAP, di attori di grande talento, di tanti artisti, musicisti e maestri del sapere e saper fare. Con questa prospettiva, tutta la struttura dovrebbe essere trasformata in una esclusiva ‘Cittadella delle Arti Umane’ e destinata a sede di scuole di recitazione, di danza, di canto, di musica, a laboratori artistici, a sale di registrazione con l’aggiunta, magari, di un Centro Sperimentale per la Cinematografia in collegamento con i corsi di laurea di UNISA in Arte Visiva e dello Spettacolo. Basta solo trasferire gli Uffici residui, riprendere i padiglioni centrali, in parte devastati, e chiudere i cancelli. Così, il Parco diverrebbe un’area verde attrezzata a disposizione del pubblico e anche un palcoscenico aperto per manifestazioni e spettacoli artistici di qualità davvero europea. Quanto alla mobilità nel Cernicchiara, indispensabile per dare un senso agli oltre 200milioni spesi, come si dice, per le gallerie-camere a gas, ci sono progetti in grado di evitare ai tir di fare gli equilibristi sul vallone senza neppure la rete di protezione. Costerebbero anche meno, se il risparmio è un obiettivo. Se la Città vuole richiamare il vero turismo, quello culturale, che non è da ‘frittata, pizza e fichi’, deve iniziare a sfruttare gli spazi di grande richiamo colpevolmente dimenticati e lasciati alla disgregazione. Ce ne sono tante di memorie in grado di spingere frotte di viaggiatori a meravigliarsi facendo ‘ohhh’ in fila indiana, piuttosto che andare a zonzo su marciapiedi sconnessi, alberi rinsecchiti, verde sbrindellato, bisogni dei cani e luci pendenti senz’anima. La cultura è un dono della nostra storia che merita di essere offerta a maggior gloria, non è un fritto misto da vendere nei ‘cuoppi’. Questa Città ha bisogno dell’amore vero dei cittadini di cuore.

*Ali per la Città