di Salvatore Memoli
La Salernitana è patrimonio dei salernitani ed in particolare della tifoseria. Di chi la segue, di chi la ama, di chi ci mette la faccia, di chi l’accompagna nelle trasferte, di chi soffre e di chi ne paga le conseguenze anche fisiche per difenderla ed onorare la memoria di chi ci ha preceduto. Se c’è chi crede che il patrimonio della Salernitana è il suo valore societario, di investimenti, di calciatori, di beni materiali, commette un errore grave. La Salernitana ha un patrimonio immateriale di legami sportivi, soprattutto dei suoi tifosi, che ne fanno una realtà impareggiabile per consistenza reale dimostrata in tutte le serie attraversate, risultando un vanto calcistico italiano. Sono i numeri, in primo luogo, a dimostrare quanto vale la Salernitana dei tifosi. Che dire delle coreografie epiche che hanno colorato lo stadio di intelligenza, di buon gusto, di arte, di fede calcistica e di bravura? E poi i canti, gli incoraggiamenti, la compattezza dei club, l’onore reso alla squadra in tutti i momenti di tutte le competizioni! Tutto questo, è realtà consolidata, non ha bisogno di elogi, è verità, patrimonio che basterebbe a portare in alto qualsiasi squadra, di tutte le serie e gironi, che non hanno un seguito così consistente e qualificato. Ci sono, poi, quelli che credono che la Salernitana sia il bilancio societario, senza buchi e senza perdite. È evidente che qualsiasi squadra debba fare i conti con bilanci sani, in regola e spendibili. Chi vuole guidare la Salernitana è chiaro che debba avere la forza finanziaria per aspirare alla sua proprietà ed alla sua storia. Misure rabberciate, alla bisogna, a tappabuchi, non sono utili e non servono alla squadra, sono il vero dramma. Aggiunge allo squallore tanta deprecabile disapprovazione chi vuole vestire le penne del pavone e crede di usare la Salernitana come trampolino di lancio sociale o politico. In tanti anni abbiamo visto diversi imprenditori passare alla guida della società granata. Tutti avevano obiettivi anche personali ma sapevano di avere a che fare con una realtà complessa, con una cosa seria, di stare sotto gli occhi di tutti e di dover conservare un equilibrio sottilissimo con tutta la città. Con la città dei tifosi, la città dell’informazione, la città dell’economia, la città della politica. E poi, saper rappresentare la squadra e la città, nelle trasferte, nelle organizzazioni sportive e con gli ambienti del mondo del calcio. Avevano uno status symbol qualificato e lavoravano per conservare ed affermare i loro ruoli. Nessuno mai si è sorpreso o scandalizzato se gli azionisti della Salernitana avevano interessi lavorativi con la città. Sembra piuttosto normale che certi cerchi si chiudano sul posto e che, nella trasparenza, chi retrocede alla città benessere, armonia, sostegno alla collettività, abbia le giuste attenzioni anche degli ambienti politici. Non è ammissibile che la guida della Salernitana non sia in sintonia con la guida politica della città. La sintonia è moral suasion reciproca, collaborazione, intesa e programmazione coordinata. Non è sfida, sberleffo, sgambetto o sopraffazione di chi guida la squadra e di chi guida la città ed ovviamente degli apparati, sostenitori ed amici, che spesso fanno parlare per bocca loro i protagonisti, creando dissidi e sospetti. Non basta livellare le perdite economiche, bisogna recuperare dialogo e collaborazione, intesa profonda con la città, sentire come sentono i salernitani, vivere le speranze di nuovi ed ambiti traguardi, rispettare questa storica tifoseria che è l’anima del calcio. Fa bene alla Salernitana e a Salerno.