di Michele Capone
“Ottimismo della volontà e pessimismo della ragione.” La notissima citazione gramsciana, potrebbe sintetizzare l’attuale situazione della Salernitana, o meglio, come potrebbe essere esaminata. Le vicende granata possono essere viste da diverse prospettive: dai tifosi, dalla società, dagli osservatori. I tifosi- Sulle scalee dell’Arechi, nei ritrovi della tifoseria, la questione “Salernitana” viene sezionata in ogni aspetto: squadra, tecnico, società. I tifosi sono mossi dalla passione, è il cuore a guidare le loro analisi. È il richiamo all’appartenenza, l’attaccamento alla maglia che fa dire:” oltre ogni categoria”. Così anche la retrocessione diviene un semplice passo del lungo percorso che l’ippocampo ha sostenuto da Piazza d’Armi all’ Arechi e pronto per raggiungere il Volpe bis. Questa immedesimazione spiega la richiesta alla squadra di chiudere con dignità questo campionato. Si può uscire sconfitti senza essere perdenti, avversari inferiori ma non sparring partner. In questo modo i tifosi cercano di digerire una retrocessione che appare inevitabile, tranne che alla matematica. C’è però un approccio peggiore che purtroppo alcune frange della tifoseria esprimono: il giudizio di pancia. Quello che si esprime sui social, quelli che punto il dito contro i calciatori o i dirigenti, e lo fanno in modo rozzo, volgare, nei modi e nel linguaggio. È un atteggiamento minoritario, ma pericoloso, perché suggerisce una sorta di caccia all’untore. La società – La dirigenza granata non ha dato, nel corso di questo campionato, dei segnali univoci, anzi, l’ambiguità in certi momenti, ha contribuito a disorientare sia i tifosi che la stessa squadra. Per usare un antico proverbio:” Non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire”. Proprio così. Non aver ascoltato quanto veniva detto già dal ritiro, è stato il peccato originale di questa tormentata stagione. Troppi silenzi quando occorreva parlare, troppe chiacchiere quando bisogna agire. Ed ora? Il presidente ha indicato una scadenza: dopo Pasqua si comincia a programmare. Già, ma cosa programmare? Aspettiamo le prime risposte. Osservatori: Responsabilità anche dei vari osservatori che tra social, televisioni, giornali hanno esaminato, scandagliato, la stagione granata. Troppo spesso hanno rinunciato alla loro principale prerogativa. Esaminare, come direbbero i latini – frigido pacatoque animo- ossia con distacco quanto accadeva. Invece troppo spesso si sono adeguati agli umori della piazza o, peggio, alla linea societaria. È mancato, nella maggior parte degli osservatori, quella capacità di essere distaccati, di guardare senza coinvolgimento umorale cosa accadeva, in campo e fuori. Si è finiti per diventare partigiani di questa o quella idea, perdendo di vista quali erano i problemi tecnici e non solo, che hanno portato a questa stagione deludente. In conclusione ritorniamo al motto iniziale: ottimismo della volontà: è quello che Colantuono deve trasferire ad una squadra intristita. Mancano 9 partite alla fine, e puntare a superare l’ostacolo è un impegno che la squadra deve assumere. Vincere tutte le partite è impresa impossibile, ma vincerne quanto serve per cercare di allontanare la matematica retrocessione è, invece, possibile. È questo “ottimismo” che deve motivare la formazione granata in questo rush finale. Pessimismo della ragione: dev’essere esercitato dalla società. Pronta a decidere in tempo cosa s’intende fare nel prossimo futuro e con chi realizzare quanto s’intende fare. È la razionalità fredda e cruda a dover guidare le prossime scelte della società granata, al di là del campionato che affronterà il prossimo anno. Si torna in campo il 1° aprile. Se la ragione ci dice che il Bologna è troppo forte, la volontà ci dice che è il tempo per preparare un bel “pesce d’aprile”.