di Fabio Setta
TORINO – La scelta di consegnarsi agli avversari ancora una volta non ha pagato. Se con la Roma il gap tecnico evidente poteva consigliare una gara di attesa, a Torino, contro un Torino, privo della sua stella Belotti, non si è capito perché la Salernitana abbia scelto di giocare ancora una volta ferma in attesa davanti alla propria area di rigore. Eppure, la sensazione che si è avuta è che quando ci ha provato la squadra di Castori ha dimostrato di poter mettere in difficoltà il Torino. Tralasciando l’illusorio minuto iniziale con una partenza a sorpresa, il pressing di Bonazzoli, il palo di Di Tacchio, di testa su corner sul risultato di parità, il colpo di testa di Djuric appena entrato, sono stati dei segnali di quanto questa squadra con un atteggiamento diverso potrebbe fare contro avversari non trascendentali. Invece, ancora una volta, Castori ha scelto la difesa a cinque, ad oltranza, schiacciandosi all’indietro. Lanci lunghi, esterni che si propongono poco e mezzali che non si inseriscono, attaccanti lasciati a sé stessi: questa è stata la Salernitana che con un baricentro troppo basso non è mai riuscita a risalire il campo con rapidità. Atteggiamento troppo passivo che puntualmente in A è punito, vista la qualità maggiore media rispetto al campionato di B. Il gol che ha sbloccato il match è arrivato al 45’: ennesima azione di Ansaldi che contro Kechrida ha fatto quello che voleva e Sanabria di testa anticipando Gagliolo mette dentro il gol del vantaggio del Torino. Perso Ruggeri per infortunio, Castori a inizio ripresa non ha cambiato modulo e ha inserito Ranieri. C’è da dire che giocando così anche un giocatore di qualità come Simy non riesce ad essere efficace. L’ex Crotone andrebbe servito con cross dal fondo non certo con lanci lunghi, su cui è costretto a saltare Bonazzoli. Tanto vale, giocando così, mettere Djuric che fisicamente rispetto a Simy si fa sentire. Così Castori al 56’ ha deciso di inserire il bosniaco ma la situazione è cambiata solo apparentemente. Al 65’ ancora su cross di Ansaldi, Bremer ha messo dentro il 2-0. A quel punto Castori ha giocato la carta Ribery. Con il francese in campo, la Salernitana ha cambiato registro anche perché il Toro ha scelto di abbassarsi a difesa del vantaggio, diminuendo la pressione. Ma è stato un attimo, una fiammata, una flebile speranza ma nulla più. Anche FR7 si è poi reso conto che i suoi compagni avevano smesso di provarci e anche di crederci. Così il Torino passeggiando nel finale ha realizzato altri due gol con Pobega e Lukic, quest’ultimo con una facilità irrisoria. Secondo poker al passivo consecutivo e Salernitana ancora ferma a zero punti. Al di là del gioco, della paura di osare e altro, va cambiato anche l’atteggiamento. Alla prima difficoltà la squadra molla, al primo gol subito scompare, quasi consapevole dei propri limiti e delle scarse capacità offensive. È successo con la Roma e ci poteva stare, meno con il Torino: la Salernitana non solo si è consegnata ma ha alzato bandiera bianca ben prima del novantesimo. Per la salvezza serve anche una rabbia diversa. A Castori il compito di prendere provvedimenti e alla società, o a chi la amministra, il dovere di completare l’organico occupando il posto libero in lista con un centrocampista che abbia dimestichezza con quell’attrezzo fondamentale in questo gioco che è il pallone.