di Arturo Calabrese
Con l’avanzare della tecnologia e con un sempre più largo utilizzo di internet per svariati scopi, il tema della sicurezza su internet diventa di estrema attualità. La provincia di Salerno ha in questo settore una eccellenza nella persona di Alessandro Rubino, giovane di Battipaglia che si occupa proprio della sicurezza su internet sia per il consumatore che per gli imprenditori. Internet è un mare magnum di opportunità ma anche di insidie: “Quando parliamo di cybersicurezza – dice Rubino – ci riferiamo a computer, reti di telecomunicazioni, smartphone, dispositivi connessi e a tutte le informazioni che vi transitano, con la necessità di difenderli sia da attacchi esterni che da minacce interne”. Altro aspetto importante della recente società è quello del fenomeno del “revenge porn” e cioè della vendetta via social di ex fidanzati che pubblicano o condividono scatti privati dei propri già compagni. “La cybersicurezza in questo assume un ruolo fondamentale – spiega l’esperto – i ragazzi vivono online gran parte delle loro relazioni e sono più esposti a rischi specifici, che non sono solo tecnici ma soprattutto psicologici”.
Partiamo dalle basi: che cos’è la cybersicurezza?
“Il termine “cybersecurity” è relativamente recente: si è diffuso soprattutto grazie al lavoro del NIST, il National Institute for Standards and Technology degli Stati Uniti. In realtà, prima si parlava di sicurezza informatica, IT security o sicurezza delle informazioni. Tutti concetti che, al di là delle etichette, hanno un obiettivo comune: proteggere sistemi e dati digitali. Quando parliamo di cybersicurezza, ci riferiamo a computer, reti di telecomunicazioni, smartphone, dispositivi connessi e a tutte le informazioni che vi transitano, con la necessità di difenderli sia da attacchi esterni che da minacce interne. In altre parole, significa garantire riservatezza, integrità e disponibilità delle infrastrutture digitali”.
Dalla provincia di Salerno parte un nuovo progetto dedicato proprio alla cybersecurity. Di cosa si tratta?
“È un’iniziativa promossa da AT Agency con l’obiettivo di offrire soluzioni avanzate di difesa digitale e consulenza sul rischio. Nasce per aiutare imprese, enti pubblici e organizzazioni a rafforzare la propria sicurezza, in un momento storico in cui gli attacchi informatici si fanno sempre più frequenti e sofisticati. Basti pensare al caso “MyDocs”, che ha colpito diverse realtà aziendali attraverso ransomware e compromissioni dei dati. Il progetto propone un approccio multidisciplinare: dalla valutazione dei rischi al “vulnerability assessment”, dai “penetration test” fino alla stesura di policy aziendali su privacy, “incident response” e business continuity.
Tutto questo con un team giovane ma altamente qualificato, capace di coniugare competenze tecniche e legali. La filosofia è chiara: non solo reagire agli incidenti, ma costruire prevenzione e resilienza digitale”.
Parliamo di intelligenza artificiale: è davvero un pericolo?
“L’intelligenza artificiale può diventare un rischio, ma non è pericolosa in sé. Dipende da come viene sviluppata, utilizzata e regolamentata. I rischi esistono: può essere usata per cyberattacchi, manipolazione delle informazioni, sorveglianza invasiva o perfino in armi autonome. Se i dati da cui apprende sono distorti, le decisioni possono diventare discriminatorie, con ricadute pesanti in settori come giustizia, credito o sanità. Ci sono poi problemi di controllo: sistemi troppo autonomi possono agire in modo imprevedibile, e quelli mal progettati rischiano di essere manipolati o attaccati. Senza dimenticare l’impatto sociale: l’automazione potrebbe ridurre i posti di lavoro, accentuare le disuguaglianze e concentrare potere in poche grandi aziende o Stati. Allo stesso tempo, però, l’IA è una risorsa straordinaria: può migliorare diagnosi mediche, ottimizzare i processi industriali, ridurre i consumi energetici e persino rafforzare la sicurezza informatica. Il punto è che va governata con regole chiare, trasparenza e responsabilità. Il vero pericolo non è la tecnologia, ma il suo uso irresponsabile”.
L’uso di internet tra giovani e giovanissimi solleva molte preoccupazioni. Quale ruolo gioca la cybersecurity, ad esempio nei casi di revenge porn?
“Un ruolo centrale. I ragazzi vivono online gran parte delle loro relazioni e sono più esposti a rischi specifici, che non sono solo tecnici ma soprattutto psicologici. La “cyberpsychology” ci dice chiaramente che fenomeni come il revenge porn – la diffusione non consensuale di immagini o video intimi – hanno conseguenze devastanti: ansia, depressione, isolamento sociale, traumi profondi. Qui la cybersicurezza deve agire non solo con strumenti tecnici di prevenzione e rilevamento, ma anche con interventi rapidi per proteggere la privacy e sostenere le vittime. Tuttavia, non basta la tecnologia: serve educazione digitale nelle scuole e nelle famiglie, per rendere i giovani più consapevoli e responsabili. La difesa quindi deve essere multidisciplinare: sicurezza informatica, supporto psicologico e strumenti legali. Solo così si può costruire un ambiente digitale davvero sicuro, capace di prevenire abusi come il revenge porn e di mitigarne gli effetti”.





