Ravello: Convergenze e divergenze tra tango e barocco - Le Cronache Spettacolo e Cultura
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Ravello: Convergenze e divergenze tra tango e barocco

Ravello: Convergenze e divergenze tra tango e barocco
Di Enrico Cavaliere
 Sold out annunciato, lo scorso sabato, per Sonig Tchakerian e l’Orchestra da Camera dell’Accademia di Santa Sofia nella splendida cornice di Villa Rufolo in occasione del quinto appuntamento della LXXII edizione del RavelloFestival. La violinista di origini armene, solista di assoluto valore e docente del corso di violino presso l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, ha eseguito un programma che ha entusiasmato il pubblico eterogeneo ed esigente di uno dei più antichi e prestigiosi festival italiani che gode quest’anno della direzione artistica di Maurizio Pietrantonio. Le Otto stagioni: le Quattro di Vivaldi, che vedono la prima pubblicazione nel 1725, e Le Cuatro Estaciones Porteñas di Piazzolla composte tra il 1965 e il 1970, quest’ultime, pensate originariamente per un piccolo ensemble costituito da violino, pianoforte, chitarra elettrica, basso e bandoneón, sono state proposte nella versione che Luis Bacalov dedicò proprio a Sonig Tchakerian. Il concerto è stato inaugurate dalla Primavera, in cui i primi incisi solistici vedono coinvolti i tre violini che Vivaldi associa al canto degli uccelli. I concerti del Prete Rosso sono passati alla storia come uno dei primi esempi di “musica a programma”, ossia di composizioni a carattere prettamente descrittivo, caratterizzate in questo caso da trucchi onomatopeici. Nell’edizione originale, infatti, la musica è accompagnata da quattro sonetti dimostrativi in chiara funzione didascalica, come nell’Allegro e ” Gl’augei con lieto canto”, nel Largo con il motto “Il capraro che dorme” e la “Danza pastorale” finale.
Interessante e riuscita la scelta di alternare le stagioni dei due compositori: dopo la Primavera è stata eseguita l’Estate di Buenos Aires (Verano Porteño), per poi continuare con l’Estate di Vivaldi e l’Autunno (Outuno), Autunno e Inverno Porteño, Inverno e infine si è terminato in modo ciclico – come la periodicità delle stagioni –  con la Primavera di Piazzolla.
La Tchakerian ha tracciato una linea che congiunge Italia e Argentina in due epoche lontane, il barocco oggettivo e descrittivista di Vivaldi con il nuevo tango di Piazzolla, soggettivo ed eclettico. Anche nel primo tango il virtuosismo viene messo al servizio di una ricerca fraseologica, mai finalizzato a un mero impatto scenico bensì nato come logica conseguenza di un pensiero musicale estremamente raffinato. L’orchestra di Santa Sofia si esalta in un ampio ventaglio di varietà timbriche e dinamiche, saldamente guidata dalle prime parti Marlene Prodigo, Federica Tranzillo, Francesco Solombrino, Danilo Squitieri e Gianluigi Pennino. Arriva l’Estate, forse il concerto più complesso del genio Veneziano, senza distinzione nei vari movimenti e dove l’ascoltatore viene condotto in un climax ascendente che riguarda sia gli stadi metereologici che emozionali sulla tonalità unificante del sol minore, dalla “Languidezza per il caldo” al “Timore dei lampi e dei tuoni” fino al “Tempo impetuoso d’estate”. Verso la metà del concerto l’atmosfera diventa ancora più suggestiva: la luna dialoga con le donne sul palco, ne omaggia gli abiti tingendosi di rosso anch’essa. Le melodie di Piazzolla diventano un vero e proprio ponte tra razionalità e spirito dionisiaco, lo spirito che per antonomasia cede più facilmente alla seduttività della musica. La Tchakerian interpreta perfettamente questo binomio: graffiante e passionale, ma allo stesso tempo rigorosa e controllata. La platea rimane stregata dall’Otono Porteno, dove ancor di più la tradizione colta si intreccia con i linguaggi del Jazz e del Tango. Se il ciclo di concerti barocchi è improntato sulla messa in scena del rapporto uomo-natura, che Vivaldi ritiene pacifico nelle stagioni di mezzo, Piazzolla ha invece un pensiero diverso: l’Otono è infatti lontanamente malinconico, si apre con un suono rauco che imita le cicale. Segue l’Autunno vivaldiano, dove la musica invece si distende e l’uomo “Celebra il vilanel con balli e canti”. Si potrebbero riscontrare delle analogie tra i due inverni, dove il picchiettio della pioggia imitata dai violini e la calda melodia del solista rimanda a un paesaggio che non è poi così lontano dei “porteños”, Buenos Aires, città umida tanto quanto Venezia. Piazzolla però non ha intenti descrittivi, la sua musica è astratta, nuova, un tango da ascoltare e non da ballare, che rimanda più ai paesaggi interiori dell’animo umano. Gran finale con l’ultima Primavera che presenta un tema dal ritmo sincopato, un vero e proprio tango al chiaro di luna. Proprio quella luna che esattamente 55 anni prima del concerto, il 20 luglio del 1969, venne solcata per la prima nella storia dagli astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin. Una serata dunque di grande fascino, come testimoniano le numerose ovazioni per Sonig Tchakerian e l’Orchestra, che hanno risposto al caldo abbraccio del pubblico con la infuocata tempesta d’estate di Antonio Vivaldi.